Il santo del mese – Santa Monica
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Il santo del mese - Santa Monica
Madre di S. Agostino - (27 Agosto)
di Giuliano Vigini, tratto dalla collana I Santi nella Storia
Madre di Agostino, nata probabilmente nel 331. Sposata a Patrizio, pagano, ma tollerante e aperto all'educazione cristiana dei figli, Agostino riceverà da lei i fondamenti e gli esempi di una vita virtuosa improntata al Vangelo. A Monica il futuro vescovo di Ippona rimarrà sempre straordinariamente legato e, pur nominata una sola volta con il suo nome nelle Confessioni (IX, 13.37), vi emerge come una delle figure-chiave. Cresciuta in una famiglia cristiana ed educata con rigida disciplina da un'anziana serva al servizio di casa da lunghissimi anni (IX, 8.17), è descritta come una donna di grandi virtù, pura e ricca d'amor di Dio (I, 11.17; V, 9.17), serva fedele (III, 11.19; IX, 9.21), madre vigile (III, 11.20), vedova casta e prudente (V, 9.17), femminile nell'aspetto, virile nella fede, serena nell'età avanzata, materna nell'amore, cristiana nella pietà (IX, 4.8): esempio, in tutto, di una vita di santità spesa al servizio di Dio, della famiglia e del prossimo (IX, 9.22).
Da bambina riceve una salutare lezione per imparare a crescere nella discrezione e nella sobrietà (IX, 9.19), quando una serva la apostrofa con il nome di ubriacona per aver attimo vino dalla botte e averne bevuto un po' (IX, 8.18). Si unisce in matrimonio a Patrizio non appena è in età da marito e lo serve come un padrone; sopporta le sue infedeltà coniugali, pur senza mai avere con lui il minimo dissapore; non reagisce subito ai suoi scatti di collera, neppure con le parole, ma si riserva di fargli notare più tardi, al momento propizio, gli eccessi del suo comportamento; gli resta sempre docile e sottomessa, benché migliore di lui (I, 11.17), e riesce in tal modo a creare in famiglia un clima d'intesa e armonia, ammirato da tutti (IX, 9.19). Anche la suocera, istigata in un primo tempo contro di lei dai pettegolezzi di serve malevole, è costretta a ricredersi, conquistata dai suoi modi, dalla sua pazienza e dalla sua dolcezza (IX, 9.20), di cui Monica si serve anche per evitare ogni motivo di discordia, riconciliare tutti e metter pace ovunque (IX, 9.21).
Questo suo carattere la aiuta anche a conquistare a Dio il marito, al termine della sua giornata terrena (IX, 9.22; 13.37). L′esempio di Monica è la prima scuola di Agostino. L′educazione cristiana che segna la sua infanzia (I, 11.17) si sostanzia delle parole e dei precetti della madre, che fa di tutto per generarlo alla grazia e alla salvezza eterna (I, 11.17; V, 9.16), dandogli la testimonianza di una vita di preghiera e carità (V, 9.17). La fede succhiata da Agostino fin con il latte materno (III, 4.8) resta, infatti, profondamente radicata nel suo animo, nonostante l'influsso negativo di Patrizio (I, 11.17). Alla madre Agostino rimprovera soltanto di non averlo fatto battezzare subito, come avrebbe voluto (I, 11.18; V, 9.16), e di non aver arginato le sue passioni con il matrimonio, nel timore che questo potesse intralciargli il cammino negli studi (II, 3.8).
Monica cerca invano di distogliere Agostino dalla sua vita dissoluta, ammonendolo di non fornicare e soprattutto di non commettere adulterio (Il, 3.7). Con il cuore sanguinante per il dolore (V, 7.13), piange (III, Il.19) di giorno e di notte (V, 7.13), versando fiumi di lacrime (V, 8.15; VI, 1.1; VIII, 12.30), pregando fervorosamente per la salvezza del figlio (V, 9.17), invocando continuamente Dio di andargli in soccorso (III, 11.20) e di risuscitarlo dal suo stato di morte (VI, 1.1). Disgustata per i peccati e gli errori di Agostino, vittima delle funeste favole manichee (IV, 4.7), Monica un primo tempo, si rifiuta perfino di riceverlo in casa; solo più tardi lo accoglie, essendo stata rassicurata da una predizione in sogno (III, 11.19) e dalle parole confortatrici di un vescovo (III, 12.21) che il figlio di tante lacrime non si sarebbe perduto: del resto lei non aveva mai dubitato in cuor suo di poterlo, prima di morire, recuperare alla fede (VI, 1.1).
Quando il figlio decide di partire volta di Roma, Monica si dispera e lo segue fino al mare, passando là l’intera notte a pregare e a piangere, pazza dolore, perché strappata dal figlio al suo affetto e alla sua carne, che gemendo cercava ciò che gemendo aveva generato (V, 8.15). Indomita nella fede e sprezzante di ogni pericolo ‒ anche nei momenti più difficili della traversata, quando deve far coraggio perfino ai marinai (VI, 1.1) ‒, salpa più tardi anche lei volta di Roma e lo raggiunge a Milano, dove nel frattempo Agostino si è trasferito ad insegnare retorica (V, 13.23). Al suo arrivo, Monica trova Agostino in uno stato di grave pericolo, una specie di fase critica: non più manicheo, ma neppure cristiano; strappato all'errore, ma non ancora vicino alla verità. Eppure non si scompone, certa ormai della sua conversione vicina (VI, 1,1).
Si mette alla scuola di Ambrogio, assidua alle sue celebrazioni, sempre in prima fila nel servizio e nelle veglie (IX, 7.15), piena di fervore nelle preghiere e nei canti, attenta ai suoi insegnamenti (VI, 1.1) di maestro della parola e della pietà cristiana (VI, 2.2) e ligia alle sue disposizioni, anche quando le costano molto, come nel caso del divieto di portar cibo e bevande sulle tombe dei martiri, secondo l'usanza della Chiesa africana (VI, 2.2). Guarda ad Ambrogio con stima, affetto e riconoscenza, così come Ambrogio tesse ad Agostino l'elogio di Monica, per la sua pratica di vita molto pia e per il suo zelo ardente (VI, 2.2). Si preoccupa di sollecitare continuamente Agostino a prender moglie, ma non viene esaudita (VI, 13.23); esulta quando le viene dato l'annuncio della sua conversione (VIII, 12.30); si associa al progetto di vita contemplativa, lontano dalla gente e dagli affanni del mondo, che comincia a prendere corpo (VI, 14.24), e si ritira a Cassiciaco con Agostino, i famigliari e gli amici (IX, 3.5; 4.7; 4.8).
Al momento di tornare in Africa, dopo la fatica di un lungo viaggio, si ferma nei pressi di Ostia Tiberina, dove assapora con Agostino momenti di alta contemplazione (IX, 10.23-26), pochi giorni prima che, colpita da febbre maligna, sia costretta a letto e, al nono giorno della malattia, la sua anima venga liberata dal corpo (IX, 11.28). Le sue speranze e la sua missione sulla terra si sono esaurite con il ritorno del figlio alla fede (IX, 10.26); perciò la morte non le fa più paura, anzi non si preoccupa nemmeno più di morire in terra straniera (IX, 11.27; 13.36), proprio lei che si era data tanta pena per la propria sepoltura e si era già preparata un posto accanto al marito (IX, 11.27). Non chiede nulla per sé, salvo che di esser sempre ricordata davanti all'altare (IX, 11.27; 13.36). L'immensa tristezza che assale Agostino (IX, 12.29) e la lacerazione profonda che il distacco dalla madre provoca nella sua vita, così intimamente legata alla sua (IX, 12.30; 12.31), accompagnano Monica al sepolcro (IX, 12.32-13.34), dove ‒ riscattata anche lei dal perdono e dalla misericordia di Dio (IX, 13.35; 13.36) ‒ può riposare in pace accanto al marito (IX, 13.37). È il 387, ha cinquantasei anni. Il suo corpo sarà tumulare e venerato per secoli nella chiesa di Sant'Aurea, a Ostia antica, fino all’anno (1430) in cui le sue reliquie saranno traslate a Roma nella chiesa di San Trifone, oggi di Sant'Agostino.