Nella vicenda di Margherita da Cortona ci sono tutti gli ingredienti per una fiaba o per una fiction televisiva: una bella ragazza, un castello principesco, una matrigna che la odia e non le risparmia umiliazioni, un amante che poi muore in circostanze misteriose, e infine una conversione che la porta alle vette della santità. Ma qui di fiabesco non c’è proprio nulla, si tratta di una storia vera.
Siamo a Laviano, una decina di chilometri a est del Lago Trasimeno: qui nel 1247 nasce Margherita. Il padre, Tancredi di Bartolomeo, coltiva terreni presi in affitto dal comune di Perugia. A otto anni, Margherita si trova orfana di madre e il padre si risposa: disgraziatamente, la matrigna gelosissima non sopporta la bambina e la tormenta in mille modi. Sono anni di tremendi contrasti e maltrattamenti per la ragazza e più il tempo passa, più cresce in lei il desiderio di libertà. A diciotto anni, ecco l’occasione buona: si innamora di un giovane di Montepulciano, Arsenio, con il quale una notte decide di fuggire, attratta anche dalla promessa di un matrimonio che però non avverrà mai, nonostante la nascita di un figlio, per l’opposizione della famiglia di lui. Nel castello di Montepulciano Margherita partecipa alla vita della nobiltà locale senza esservi ufficialmente accolta e vive questa situazione di concubinato con forte sofferenza interiore, anche se cerca in qualche modo di rimediarvi soccorrendo generosamente i poveri.
La svolta inattesa e decisiva per il suo futuro avviene dopo nove anni di convivenza: Arsenio viene ucciso a pugnalate ed è proprio Margherita , guidata dal proprio cane, a scoprirne il corpo insanguinato sotto il fogliame ai piedi di una quercia. Affranta dal dolore, cerca di rientrare in famiglia, perché gli eredi di Arsenio non le riconoscono alcun diritto a restare nel castello. Ma il padre, su istigazione della matrigna, si rifiuta di accoglierla. Disperata, pensa di trovarsi un altro uomo, poi però per ispirazione divina si reca a Cortona mettendosi sotto la direzione dei frati Minori, dai quali viene accolta come una figlia. Dopo una breve permanenza presso alcune caritatevoli signore, i francescani le preparano sotto il vecchio convento una cella appartata dove, per gradi, comincia il suo itinerario di conversione sotto la guida di fra Giovanni da Castiglion Fiorentino e di fra Giunta Bevegnati: sarà quest’ultimo, suo confessore per sedici anni, a riferire per iscritto le rivelazioni e le estasi di cui la santa veniva gratificata nella Legenda de vita et miraculis beate Margarite de Cortona, approvata il 15 febbraio 1308 dal cardinale e legato pontificio Napoleone Orsini. Questo scritto, compilato per ordine del superiore, costituisce la fonte principale per la conoscenza della vicenda umana e soprattutto spirituale della santa.
In espiazione del suo passato, Margherita si era tagliata i capelli, si copriva il capo con un velo, portava il cilicio e aveva deciso di astenersi per sempre dalla carne, dalle uova e dal formaggio. Desiderosa di umiliarsi proprio nei luoghi dove la sua condotta era stata motivo di scandalo, una domenica si recò a Laviano e, durante la messa cantata, si gettò, con una corda al collo, ai piedi di una certa Manentessa che aveva offeso, chiedendole perdono. Nonostante questo, per circa tre anni non le fu concesso di far parte del Terz’Ordine francescano perché “era troppo bella e giovane” e i frati non erano sicuri della sua perseveranza. Vi fu accolta comunque nel 1277 (secondo altre fonti nel 1275) e da allora crebbe in lei il desiderio di solitudine. Una nobile di nome Diabella le offrì una stanzetta nel recinto del proprio palazzo e la santa vi si installò dedicandosi alla preghiera e alle più svariate penitenze, trattando il proprio corpo come un “traditore occulto”. Prima di ritirarsi nella sua nuova cella, si preoccupò di affidare il figlio a un precettore di Arezzo, ma nonostante la relativa lontananza continuò a seguirne con affettuosi consigli gli studi finché, più tardi, egli decise di entrare nell’Ordine dei Minori. Contemporaneamente, intensificava l’impegno di carità, dedicandosi in modo speciale al servizio dei malati per i quali, grazie all’aiuto di Diabella, fondò nel 1278 un ospedale chiamato Casa Santa Maria della Misericordia, tuttora esistente. Per quest’opera si associò alcune pie donne, chiamate le “Poverelle”. Particolarmente apprezzata era l’assistenza da lei prestata alle gestanti, grazie alla quale procurava cibo per sé e per i suoi poveri.
Confortata da grandi favori celesti, passava intere notti contemplando il suo tema preferito, la Passione di Cristo. Una volta chiese anche a Gesù di farle sentire gli spasimi sperimentati prima della sua morte. Fu esaudita durante una lunga estasi di cui fu testimone una gran folla che gremiva la chiesa: “Non aver timore”, le disse il Signore per rassicurarla, “di tutto ciò che è avvenuto oggi intorno a te e in te, poiché ho fatto di te lo specchio dei peccatori più ostinati, affinché essi vedano, col tuo esempio, quanto volentieri faccio a loro misericordia, e possano così salvarsi”. Gesù appariva a Margherita ora nelle sembianze di un bambino, ora di un sofferente oppure nella gloria, spesso in compagnia dell’arcangelo Michele e della Vergine. Dei suoi straordinari carismi il Signore si serviva anche per ammonire i francescani, quando erano negligenti nel predicare il Vangelo, o per riconciliare i suoi concittadini, dilaniati dalle lotte tra guelfi e ghibellini.
Compiuta la sua missione pacificatrice, nel 1288 la santa ottenne di ritirarsi a vivere da reclusa sotto la rocca di Cortona, presso le rovine della chiesa di San Basilio, che poi fece restaurare. L’allontanamento da quella di San Francesco era legato alle nuove disposizioni del capitolo provinciale dei minori, riunitosi a Siena, che limitavano le visite del confessore, e anche al fatto che alcuni frati cominciavano a nutrire dei dubbi sui suoi fenomeni mistici, spargendo diffidenza anche tra la popolazione. Ma ancora una volta il Signore la tranquillizzò dicendole: “Io considererò come preghiere che vengono da te tutte le mormorazioni e le accuse di leggerezza che ti si faranno. Lassù io sarò con te, ti darò la mia luce, ma senza parlarti come avevo l’abitudine di fare”. Intanto da tutta Italia accorreva gente di ogni condizione (tra cui un “grande e dotto fiorentino”, probabilmente il ventiquattrenne Dante Alighieri, già famoso nonostante la giovane età) per chiederle aiuto e consiglio, e molti furono da lei convertiti grazie al dono della scrutazione dei cuori.
Nel 1290 fra Giunta fu esiliato dai diffidenti superiori a Siena: sarebbe rientrato a Cortona solo nel 1297, pochi giorni prima della morte della sua penitente, che comunque, pur soffrendone assai, continuò la sua vita tra preghiere, penitenze e assalti violenti del demonio che le appariva sotto forme terribili, rinfacciandole i peccati della vita passata. Per la confessione si affidò al rettore di San Basilio, ser Badia Venturi. Intanto la sua salute peggiorava irrimediabilmente. Il 22 febbraio 1297, dopo diciassette giorni trascorsi nel digiuno più assoluto e nell’intima unione con Dio, Margherita spirò. Alla notizia della sua morte, i cortonesi si ravvidero: il corpo della santa, imbalsamato e ricoperto con una veste di porpora, fu tumulato nella chiesa di San Basilio; successivamente i consoli della città fecero edificare un nuovo tempio sulla cella in cui Margherita era morta.
La venerazione per lei si accrebbe dopo la morte, grazie soprattutto ai numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione. Leone X ne autorizzò il culto a Cortona nel 1515, Urbano VIII lo estese, nel 1623, a tutto l’Ordine francescano, e Innocenzo X lo riconobbe nel 1653. Clemente XI, nel 1715, inserì il nome di Margherita nel Martirologio romano. Ma la canonizzazione avvenne solo il 16 maggio 1728 ad opera di Benedetto XIII.