La Pieve di Pontenure e la Via Romea: un rapporto privilegiato
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
La Pieve di Pontenure e la Via Romea: un rapporto privilegiato
Il millenario e privilegiato rapporto che intercorre tra il nostro paese e la via Emilia è testimoniato da un singolare primato: l’appellativo di Via Romea, cioè via diretta a Roma, cuore della Cristianità, affibbiato a partire dal Medioevo all'importante arteria consolare romana, si affaccia per la prima volta nella storia proprio a Pontenure, in un atto notarile risalente al lontano 990. Suggestiva e significativa è peraltro la continuità di dedicazione che scandisce in pianura il percorso del pellegrinaggio romeo: sono infatti ben cinque le chiese poste lungo la Via Emilia tra Piacenza e Fiorenzuola dedicate a San Pietro (oltre a quella di Pontenure, la chiesa cittadina di San Pietro in foro di Piacenza e le chiese parrocchiali di Montale, Cadeo e Saliceto). Per esse è stata ipotizzata da numerosi studiosi una funzione segnalatoria, pratica e simbolica, a favore dei numerosi pellegrini diretti a Roma, a rendere omaggio ai sepolcri dei «santi apostoli» Pietro e Paolo.
Le origini della Parrocchia di Pontenure sono avvolte nelle nebbie del mistero: anche il grande storico ecclesiastico piacentino Pietro Maria Campi, autore della monumentale Historia Ecclesiastica, ammette cautamente di non avere a riguardo «cosa sicura da dire». È comunque probabile che la nascita della Pieve di Pontenure si debba far risalire alla fine del periodo longobardo, quando il progressivo intensificarsi del processo di ruralizzazione delle strutture dell'amministrazione civile si accompagnò ad un analogo processo di ruralizzazione di quelle ecclesiastiche. All'interno dell'organizzazione ecclesiastica sorsero sempre più numerose le pievi (dal latino plebs, ossia "popolo") che acquisirono una certa autonomia nei confronti del Vescovo locale e spesso si contrapposero agli enti ecclesiastici della città: col tempo le pievi acquisirono il diritto di battezzare e di seppellire morti, d'indire processioni e di riscuotere le decime.
Alla pieve facevano spesso riferimento villaggi (o "ville") circonvicini, dotati anche di propria chiesa (cappella) e cappellano curato, comunque soggetto all'autorità del suo superiore, l’arciprete pievano. In queste cappelle si svolgevano tutte le normali funzioni liturgiche, tranne il battesimo. I sacerdoti vicari vivevano in comunità sottoposti a regole comuni, in una casa detta canonica ed erano perciò chiamati "canonici" (dal greco kanonikós, derivato da kànon, ossia "regola") e raggiungevano le chiese soggette per la messa festiva e l'insegnamento della dottrina cristiana. In seguito i canonici si stabilirono presso le chiese succursali delle varie ville, che in molti casi si erano nel frattempo dotate di un proprio fonte battesimale e di un cimitero ("curazie"), in qualità di curati, dando così inizio al processo di formazione delle singole parrocchie.
È impossibile ricostruire quali chiese dipendevano dalla Pieve di Pontenure prima del XVI secolo. Non ne viene fatta una precisa menzione neppure nel Codice 28 della Cattedrale di Piacenza, risalente all’anno 1235 circa, dove sono elencate le decime che dovevano versare alla diocesi tutte le pievi, le chiese e gli ospedali della nostra provincia. Grazie a questo estimo apprendiamo però che dipendevano dalla nostra Pieve «omnium ecclesiarum que sunt ultra Nuriam et Ardam». È infatti tra questi due torrenti e la Via Romea che si estende territorialmente la Pieve di Pontenure, chiesa battesimale al vertice di una vasta giurisdizione in grado di fornire, secondo i computi duecenteschi, ben cinquecento libbre di decima, una delle rendite ecclesiastiche più ricche dell’intera diocesi. Grazie agli studi ottocenteschi di Alessandro Wolf, possiamo affermare che nel Cinquecento dipendevano da Pontenure almeno nove chiese minori suffraganee: Santa Maria di Albiano, San Giacomo di Borghetto, San Giorgio di Buzalino, Santa Maria di Chiavenna Sottana, Santa Maria di Fossadello, Santa Maria di Monteguccio, San Colombano di Muradello, San Bartolomeo di Roncaglia e San Prospero di Zena. Per molte di esse, secondo documenti trecenteschi e quattrocenteschi conservati presso il nostro Archivio parrocchiale, spettava all'Arciprete di Pontenure la nomina del rettore «per antiqua e approbata consuetudine». A quel tempo le chiese oppure oratori di Paderna, Valconasso e Montanaro dipendevano dalla Pieve di San Giorgio: solo a partire dalla fine del XVI secolo la giurisdizione sull'oratorio di Valconasso passò alla Pieve di Pontenure. A partire dalla fine del Seicento, come si apprende dai registri parrocchiali, il diritto di economato sulla Pieve di Pontenure fu assegnato – non senza una classica disputa tra ecclesiastici – al rettore della chiesa di San Colombano di Muradello, che da allora lo rivendicò «per sé e per i suoi successori».