Il santo del mese – Santa Chiara d’Assisi
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Il santo del mese - Santa Chiara d'Assisi
Vergine - (11 Agosto)
di Franco Cardini, testo tratto dalla collana I Santi nella Storia
Chiara nacque nel 1193 o nel 1194 (alcuni ne forniscono una data precisa, il 16 luglio 1194) da Favarone di Offreduccio di Bernardino (altre fonti la propongono come la figlia maggiore di Favorino Scifi, conte di Sassorosso) e da Ortolana, appartenenti a una famiglia aristocratica assisana. Secondo la leggenda la madre, recatasi a pregare alla vigilia del parto nella cattedrale di San Rufino, sentì una voce che le prediceva: «Donna, non temere, perché felicemente partorirai una chiara luce che illuminerà il mondo». Per questo motivo fu chiamata Chiara e battezzata in quella chiesa.
La famiglia di Favarone di Offreduccio, in quanto aristocratica, fu coinvolta nel movimento cittadino del 1198-1199 contro le grandi famiglie: e, per un certo tempo, la piccola Chiara, con tutte le donne del suo casato, fu costretta a vivere nella vicina Perugia. Poco sappiamo per il resto della sua vita di fanciulla e di adolescente, che dovette trascorrere appartata e immersa nel clima di rigorosa pietas religiosa che caratterizzava i suoi stessi genitori. Ma in quell’ombra dovette germogliare la sua vocazione, cresciuta nell’ammirazione per quel Francesco, di dodici o tredici anni più anziano di lei, che andava turbando ed entusiasmando l’intera città. Chiara lo sentì predicare la prima volta nella chiesa di San Giorgio, durante la quaresima del 1210, e ne restò profondamente turbata: da allora, essa si sentì guadagnata alla sequela Christi così come Francesco la proponeva (era inevitabile che questa fermissima convinzione, concepita con l’ardore e l’entusiasmo dei giovani, in un tempo in cui circolavano tra i laici colti le idee, provenienti dalla Francia, relative all’"amore cortese", determinasse l’avvio della leggenda dell’innamoramento di Chiara per Francesco).
La notte della domenica delle Palme, il 27 marzo 1211 – o secondo altri la notte successiva a tale festa di un anno dopo, il 18 marzo 1212 – Chiara fuggì per una porta secondaria della casa paterna situata presso la cattedrale di San Rufino e, accompagnata dalla zia Bianca e da Pacifica di Guelfuccio, si recò di nascosto alla chiesetta di Santa Maria degli Angeli detta la "Porziuncola", fuori della città, verso la pianura, dov’era attesa da Francesco e dai suoi frati. Qui egli la rivestì d’un semplice saio, le tagliò i capelli consacrandola alla penitenza e l’affidò alle suore benedettine di San Paolo a Bastia Umbra. Il padre e i familiari inutilmente tentarono di persuaderla a rinunziare al suo nuovo progetto di vita e a fare ritorno a casa. Più tardi essa si trasferì in un’altra sede religiosa, a Sant’Angelo di Panzo, sulle pendici del Subasio. In seguito, su consiglio di Francesco, si rifugiò nella chiesetta di San Damiano che, sotto la protezione del vescovo assisano Guido, divenne la casa madre di tutte le sue consorelle, chiamate dapprima "Povere Dame recluse di San Damiano" e, dopo la morte di Chiara, clarisse. Qui visse per quarantadue anni, quasi sempre malata, iniziando alla vita religiosa molte sue amiche e parenti: la madre Ortolana, la zia Bianca e le sorelle Agnese (che l’aveva raggiunta per prima, già a Sant’Angelo di Panzo) e Beatrice (Ortolana e Beatrice si erano aggregate a Chiara e ad Agnese poco tempo dopo l’insediamento a San Damiano).
Il modello delle Povere Dame recluse cominciò per tempo a espandersi: fin dal 1214 una delle prime compagne di Chiara, Balvina, fondò una sede a Spello. Dall’Umbria la comunità s’irradiò nelle altre regioni, parallelamente all’espandersi di quella maschile. Nel 1215 Francesco affidò a Chiara la guida della comunità femminile ispirata alla sua fraternitas e formulò per essa una prima formula vitae per quella che di lì a qualche anno, come Secondo Ordine francescano, si sarebbe diffuso in tutta Europa. La grande personalità di Chiara non passò inosservata agli alti prelati, tanto che il legato pontificio, cardinale Ugolino, formulò la prima Regola per i successivi monasteri; più tardi, le venne concesso il privilegium paupertatis, in forza del quale Chiara poté rinunziare legittimamente a qualunque tipo di proprietà personale. La fermezza di carattere, la dolcezza dell’animo, il modo di governare la sua comunità con carità e avvedutezza, le procurarono la stima dei papi del suo tempo, che vollero persino recarsi a visitarla.
La morte di Francesco e le notizie che alcuni conventi accettavano possessi e rendite amareggiarono e allarmarono Chiara che sempre più malata volle salvare fino all’ultimo il principio di povertà per il suo convento, redigendo una Regola simile a quella dei frati Minori. Chiara trascorse buona parte della vita quasi sempre a letto ammalata, pur partecipando sovente ai divini Uffici. Nel 1234, quando Assisi fu attaccata dall’esercito di Federico II, nel corso delle vicende politiche del tempo, la leggenda vuole che il convento di San Damiano fosse oggetto d’un assalto dei mercenari saraceni dell’imperatore; e che in quel frangente Chiara, alzatasi con fatica dal suo giaciglio, mettesse in fuga gli armigeri musulmani mostrando loro un ostensorio contenente un’ostia consacrata.
L’episodio, storicamente non confermato da prove, s’inquadra nell’impegno che la Chiesa del Duecento pose nella diffusione del culto eucaristico, allora minacciato dalle tendenze ereticali del tempo. Pur privilegiando per se stessa e per le consorelle la vita di clausura, in preghiera e in contemplazione perenne, secondo un modello già consolidato nella tradizione benedettina, Chiara fu inflessibile su un punto: quello della povertà assoluta, centrale nella stessa esperienza della sequela Christi. Solo abbandonando tutti i beni terreni e affidandosi a Dio, Chiara si sentiva libera di percorrere il suo cammino: tale il principale assunto su cui vertono i suoi pochissimi scritti, dai quali emerge il profilo di un carattere deciso e rigoroso (la Regola, il Testamento e quattro lettere ad Agnese di Boemia, figlia del re Ottocaro; altri scritti a lei attribuiti sono d’autenticità incerta).
Il cardinale protettore dell’Ordine dei Minori, Ugolino di Ostia, aveva invano tentato nel 1219, mentre Francesco si trovava in Egitto alla crociata, di attenuare quel fermo proposito, formulando per Chiara e per le consorelle una nuova e più indulgente Regola, subito legittimata da papa Onorio III, ma che essa respinse. Allora Ugolino, divenuto papa col nome di Gregorio IX, le concesse il privilegium paupertatis; esso fu confermato nella nuova Regola approvata dal cardinale Rainaldo (poi papa Alessandro IV) nel 1252 e presentata a Chiara l’anno successivo, alla vigilia della sua morte dallo stesso pontefice Innocenzo IV, recatosi a San Damiano per portarle la benedizione e consegnarle la bolla papale di conferma: la Soletannuere datata 9 agosto 1253. Due giorni dopo, l’11 agosto, Chiara morì, assistita dal papa che volle cantare per lei non l’Ufficio dei morti, ma quello festivo delle vergini. Erano presenti anche la sorella Agnese, giunta da Firenze, e i più fedeli compagni di Francesco, cioè Leone, Angelo e Ginepro.
Il corpo di Chiara venne sepolto a San Giorgio, e in seguito trasferito nella chiesa che porta il suo nome. Nonostante il papa avesse intenzione di canonizzarla subito dopo la morte, si giunse alla bolla di canonizzazione solo il 26 settembre del 1255, sotto il pontificato di Alessandro IV. Soltanto dopo la sua morte, una Legenda redatta nel 1256, e attribuita a Tommaso da Celano, ne narra la vita scandita dal silenzio, dalla preghiera, dalla ricerca continua dell’"altissima povertà". Subito dopo la sua morte si era intrapresa la fondazione d’una grande basilica a lei dedicata, a valle rispetto al sacro convento in cui riposavano le reliquie di Francesco. Il 3 ottobre del 1260 il corpo di Chiara fu traslato dalla chiesa di San Giorgio a quella nuova, e sepolto in profondità sotto l’altare maggiore. Esso fu riscoperto nel 1850: la ricognizione dei resti verificò che lo scheletro era perfettamente conservato. Nel 1872 le reliquie della santa vennero solennemente sistemate nella loro attuale sede, la cripta aperta sotto l’altare, dall’allora arcivescovo Pecci, più tardi papa Leone XIII.