Avvento 2020, Plasmati cuore a cuore nell’abbraccio che libera saremo casa
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Avvento 2020, Plasmati cuore a cuore nell'abbraccio che libera saremo casa
Il testo che proponiamo di seguito è tratto dal Fascicolo di presentazione del percorso di Avvento realizzato dalla nostra Diocesi.
"… provocare esperienze di consolazione
anche quando
sembrano esserci sottratte le carezze, le mani.
Focalizzare l’esperienza del «tatto»
come prima espressione della consolazione.
Cogliere la relazione di affetto
come una esperienza pre-tattile.
Giungere al cuore dei nostri gesti."
In questo modo siamo invitati a vivere il percorso di Avvento quest’anno: la parola consolazione desidera infatti condurci al delicato e intimo luogo della relazione, ad ascoltarci nei nostri affetti, a commuoverci innanzi a questo legame così singolare che ci lega a Dio.
Decisamente una sfida è quella che in tal modo si apre ai nostri occhi. Com’è possibile, infatti, osare tanto, proporre un’esperienza del «tatto/tattile» proprio in questo tempo in cui le mani, gli abbracci, le carezze, l’avvicinarsi ci vengono sottratti? Il nostro corpo da mesi è costretto a «limitarsi», a viversi come limite: tutto è misurato, calcolato, precisato, distanziato. Ma la sfida è proprio qui: non abbracciarsi, non darsi la mano, non avvicinarsi non significa che la relazione non c’è, tutt’altro!
Questa situazione di «limite», infatti, paradossalmente non vuole condurci oltre la nostra storia o a estraniarci da essa. L’attesa di cui si nutre il tempo dell’Avvento non vuole relegarsi al solo momento in cui «l’abbraccio» tra noi tornerà ad esserci, bensì giungere all’incandescenza che vive in questo abbraccio, alla relazione, all’incontro, all’intimità dell’amore da cui quell’abbraccio parte, a quel volto che mi toglie dalla solitudine, a quella storia che io posso solo narrare con qualcuno.
E allora la fragilità del momento, l’incertezza e il limite del è nostro corpo «distanziato» per assurdo non vuole vivere questo tempo come tempo dell’Assenza o della sola «nostalgia» (intesa proprio come dolore del ritorno), ma cogliere ed evocare con forza qui e adesso la Presenza dell’Altro vicino a me.
La «mascherina» con cui ci stiamo convivendo, ha oscurato forse le espressioni del nostro viso, ma non ci ha tolto lo sguardo anzi, paradossalmente, ci ha permesso inaspettatamente di tornare a guardarci negli occhi, di non fuggire dallo sguardo dell’altro ma a saperne cogliere la luce e la sua trasparenza.
La «mascherina» non ci ha tolto la parola, fortunatamente possiamo ancora parlarci, ma ci ha resi più sensibili al tono della voce, a come le parole ci vengono dette, a saperle accogliere e a fare risuonare dentro di noi. Le parole di Isaia e di Samuele si muovono esattamente così:
"in modo energico e intenso ci riconsegnano all’origine di tutto, alla profondità della relazione tra Dio e l’uomo, alla sua bellezza, al gioco della sua verità e della sua libertà.
Io attendo qualcuno perché questo Qualcuno con sorpresa e grazia si è lasciato riconoscere e incontrare nel mio cuore, si è preso cura di me facendomi abitare in un abbraccio profondo e intenso."