Santo Natale, il Signore di tutti i secoli fa il suo ingresso nella storia
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Santo Natale, il Signore di tutti i secoli fa il suo ingresso nella storia
Che mirabile prodigio! In una notte di più di duemila anni fa il Signore ha fatto il suo ingresso nella storia umana assumendo la nostra stessa natura, quella fragile e delicata di un bambino. Quest'evento epocale, anche se forse calcolato in modo erroneo, segna una spaccatura, uno spartiacque nella storia umana: ci sarà un prima e un dopo Cristo, ma nulla sarà più come prima. Perché Gesù, nascendo nella storia, ha presa la storia su di sé, l’ha accettata, l’ha amata, l’ha redenta. Perché si può redimere solo ciò che si ama davvero.
Ma questo suo ingresso il Signore lo ha fatto in modo dimesso e umile, senza prodigi o eventi straordinari, e la sua venuta non è stata registrata negli annali dagli storici e dai sapienti del tempo. Ad accoglierlo non la porpora e gli agi di un palazzo, ma un praesepium ossia una «greppia, mangiatoia», a rendergli omaggio non i re della terra e i signori delle nazioni, ma gli umili, i negletti, gli scartati, quei pastori che vegliavano nella notte alla luce incerta di un fuoco tremolante, ma che avvertiti dal messo celeste sono i primi ad accorrere a quella povera grotta e i primi a lodare a gran voce la gloria di Dio, unendosi agli inni di lode degli angeli. Arriveranno poi i magi con i loro splendidi doni per onorare quel Bambino, arriverà ben presto anche la crudeltà degli uomini, prima fra tutte quella del feroce Erode, che costringerà il fanciullo e la sua famiglia a rifugiarsi in Egitto.
Come ci ricorda il meraviglioso e purtroppo ormai dimenticato canto della Kalenda, erano ormai trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo, quando in principio Dio aveva creato il cielo e la terra e aveva fatto l’uomo a sua immagine, e ancora molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace fra Dio e l'umanità. Ventuno secoli erano trascorsi dalla partenza di Abramo, nostro padre nella fede, da Ur dei Caldei, al quale il Signore aveva promesso una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Ben milletrecento anni poi erano ormai trascorsi dall’uscita di Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè; circa mille anni erano passati dall’unzione di Davide quale re di Israele. Il mondo antico si trovava nell’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade, ben 752 erano passati dalla fondazione di Roma, era già il quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto e tutto il mondo era composto in pace.
Si fondono, come possiamo notare, in questo antico e poetico inno accadimenti della storia sacra ma anche di quella profana: Gesù Cristo è il Signore del tempo e della storia, «a lui appartengono il tempo e i secoli». Una storia fatta di prodigi e cadute, di fedeltà e scelleratezza, di saviezza e viltà, che passa attraverso le fatiche e i sì di persone umili e potenti, uomini e donne, re e profeti, che si fidano di Dio aprendosi alla sua Parola e facendo la sua volontà, ma anche tramite le vicende di innumerevoli uomini che inconsapevolmente collaborano al progetto divino, come l’imperatore romano che indice il censimento di tutta la terra e i suoi funzionari incaricati di eseguirlo. Tutto concorre, anche contro la sua volontà e la sua intenzione, al mirabile disegno disposto dalla Provvidenza per la salvezza dell'uomo caduto, per la salvezza di tutti.
In quei giorni, «nel tempo della pienezza» come afferma San Paolo (Galati 4,4), in tutto il mondo, almeno quello mediterraneo, regnava la pace, assicurata dalle armi di Roma sotto la guida dell'imperatore Augusto, che aveva posto fine a una lunga serie di guerre sanguinose e lotte civili. Giunge così finalmente a compimento il disegno di Dio sulla storia, si avverano gli annunci dei profeti, si compie la promessa fatta ad Abramo: tutte le opere della creazione, incluso l'uomo, trovano il loro senso e la loro coesione profonda solo in rapporto a Cristo, definito nuovo Adamo da San Paolo, costituito da Dio «alfa e omega, principio e fine». Come proclama la Chiesa nella colletta della messa della notte è proprio Cristo la «vera luce del mondo», è l'uomo nuovo, dunque, chiunque segue lo segue, diventa anch’egli più uomo.
La decisione di Dio è del tutto libera, slegata dai calcoli e dalle attese degli uomini. È lui che vuole disporre tutti i tempi perché tocchino la pienezza in quel punto, non c'è nulla che lo obbliga a incarnarsi, non c'è nulla di magico e nulla di casuale in quella decisione. Al contrario, possiamo contemplare il mistero della misericordia di Dio che non si ritira mai dalla storia, ma sa accompagnare con pazienza e sollecitudine il cammino dell'uomo, guidandolo con amore infinito e provvidenziale. La santificazione del mondo è la ragione profonda dell’incarnazione, cioè Gesù che da gloria a Dio e compiendo la nostra redenzione: può esistere forse atto d'amore più grande?