Il santo del mese – Sant’Orso di Aosta
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Il santo del mese - Sant'Orso di Aosta
Sacerdote - (1° Febbraio)
di Dorino Tuniz, testo tratto dalla collana I Santi nella Storia
I capitelli del chiostro della collegiata di Sant’Orso presentano in modo splendido la figura del santo a cui è dedicato uno dei più noti edifici religiosi di Aosta. Orso, un personaggio particolarmente caro alla tradizione popolare valdostana, è rappresentato negli aspetti della carità e del servizio a pellegrini, poveri e bisognosi, ma anche dello sdegno nei confronti dei soprusi dei potenti; un altro capitello lo raffigura poi nel ruolo di istitutore e patrono di una comunità religiosa di canonici.
I tratti originari della figura dcl santo ci sono noti attraverso due redazioni medievali della sua vita (la più antica delle quali risale al IX-X secolo). Orso era un umile sacerdote, incaricato di custodire la chiesa dedicata a San Pietro, che sorgeva fuori le mura di Aosta, probabilmente nell’area cimiteriale della città. La chiesa, che si suppone del V secolo, è con ogni probabilità la stessa che, trasformata successivamente, divenne la collegiata dei Santi Pietro e Orso, nella quale sono conservate ancor oggi le reliquie del santo.
Nessuna delle due redazioni della Vita ci fornisce dati precisi sul santo, del quale si ignorano pertanto sia le origini sia l’esatto periodo storico in cui sarebbe vissuto. Sono state avanzate varie ipotesi, che oscillano tra il secolo V, epoca dell'istituzione della diocesi di Aosta, e quello successivo, come proposto da alcuni studiosi, che pongono la morte del santo all’anno 529. Sicuro è invece il giorno della morte (il dies natalis, il giorno cioè della nascita alla vita del cielo), fissato al 1° febbraio. A partire dalla metà del XVI secolo, in molte biografie del santo viene attribuita a Orso un’origine irlandese: la notizia, non citata in alcuna fonte anteriore a quel secolo, è stata riconosciuta non vera dalla storiografia più recente.
Orso non si distinse per azioni o avvenimenti particolari: caratteristiche della sua santità furono la carità verso i poveri, la semplicità e l’umiltà, la pace interiore. Orso rappresenta così un modello di santità che tutti possono sperare di imitare. Non è nobile, non possiede ricchezze, esercita con costanza e scrupolo il suo compito di custode della chiesa e si mantiene con il lavoro delle proprie mani, coltivando la terra e piantando un vigneto attorno alla propria abitazione. Trascorre la sua vita al servizio di malati e di poveri, ai quali dona una parte del suo raccolto, ed è in pace con se stesso e con la natura, tanto che gli uccelli del cielo non hanno timore di venire a posarsi sul suo capo e sulle sue spalle. Uomo mite, mette in pratica le opere della misericordia e compie miracoli semplici: ferma l’inondazione del torrente Buthier che minaccia Aosta, e fa ritrovare a un palafreniere il cavallo perduto.
Anche se la Vita non ne parla, un’antica e diffusa tradizione popolare gli attribuisce il prodigio di aver fatto scaturire, in tempo di siccità, con il solo tocco del suo bastone, la sorgente di Busseyaz, nei pressi di Aosta. Non riesce invece a smuovere il cuore indurito del vescovo Ploziano, descritto come un ariano o comunque un eretico dominato dai peggiori vizi, di fronte al quale risaltano le doti morali dell’umile prete. Un giovane servo del vescovo, colpevole di un grave reato, si rifugia presso la chiesa di Orso e, dichiarandosi pentito, supplica il santo di intercedere per lui presso il padrone. Orso si reca dal vescovo per chiedere indulgenza, ma Ploziano, dopo aver finto di concedere il perdono, fa crudelmente torturare il ragazzo. Sopravvissuto a stento, questi ritorna da Orso che, sdegnato, predice allora la morte del vescovo, quella del suo servo, ma anche la propria, necessaria per poter testimoniare contro lo scellerato presule davanti al tribunale di Dio. L'epilogo della vicenda è scolpito su uno dei capitelli della collegiata: in quella notte stessa il vescovo viene afferrato da due diavoli che lo strappano dal suo letto per trascinarlo via con loro.
L'episodio del contrasto con il vescovo Ploziano esercitò notevole influenza sullo sviluppo del culto di Orso, contribuendo a trasformare l’iniziale figura di un santo soprattutto amico dei poveri in quella di difensore dell’ortodossia e fondatore di una comunità religiosa. Su un capitello della collegiata, nella scena dell’incontro con Ploziano, al vescovo che impegna il pastorale si contrappone Orso con in mano il "tau", cioè il bastone portato dal priore; su un altro Orso presenta a Sant’Agostino il priore della nuova comunità, Arnolfo.
Assai diffuso nella Valle d’Aosta già attorno al Mille, dal XII secolo il culto di Sant'Orso raggiunse anche le vicine diocesi di Ivrea (dove più tardi, alle porte della città, sarebbe sotto l’ospizio che porta il suo nome), di Torino, Vercelli e Novara. Oltre le Alpi, il suo culto è registrato ad Annecy e nel Vallese.
La devozione popolare si è sempre ricollegata alle caratteristiche della santità di Orso presentate nelle antiche Vite. Considerato un santo del mondo rurale, Orso fu invocato come protettore delle campagne contro il pericolo delle inondazioni o della siccità e contro le malattie del bestiame. Gli si attribuiva anche il potere di far tornare in vita per un breve momento - il tempo necessario per le loro il sacramento - i bambini morti senza battesimo.
Alcuni episodi miracolosi attribuiti a Orso da tradizioni diverse da quelle presentate dalle antiche Vite (da cui la "fontana di sant'Orso" o la "pietra di sant’Orso" nella località di Saraillon, ritenute dotate di poteri taumaturgici) possono probabilmente costituire un’eco della prima cristianizzazione delle campagne, accompagnata dalla necessità di dare un senso nuovo agli antichi culti pagani degli elementi della natura.
Altre forme devozionali sono sorte e si sono progressivamente consolidate nel corso dei secoli. Ad esempio la credenza di poter ottenere la protezione di Sant’Orso contro i reumatismi e il mal di schiena camminando carponi nel musset, un breve cunicolo aperto nel basamento dell’alta della cripta della collegiata: un rito sicuramente reso possibile solo dopo il trasporto delle reliquie del santo dall’altare della cripta a quello maggiore della chiesa, avvenuto forse a metà del XIV secolo, in occasione della costruzione della grande cassa reliquiario in argento sbalzato voluta dal priore Guglielmo di Liddes. Forse riferibile al vino taumaturgico che il santo ricavava dalla sua vigna può essere il rito del vinagium, consistente nell’immergere una reliquia di Sant’Orso (ma anche di altri santi) in una cappa di vino che poi passava di mano in mano perché tutti i devoti potessero berne un sorso e ricavarne così benefici spirituali.
Il nome del santo, infine, è noto per essere legato all’antichissima fiera degli oggetti in legno detta appunto Fiera di Sant’Orso, che alla vigilia della festa del 1° febbraio affolla e trasforma Aosta. Secondo una diffusa tradizione, l’origine del mercato va collegata a una delle forme di carità praticate da Sant’Orso, consistente nel distribuire ai poveri zoccoli di legno.
Il santo è abitualmente rappresentato in abiti presbiterali, con un uccello sulla spalla sinistra e sul capo: si tratta di attributi iconografici desunti dalla Vita. La successiva evoluzione del racconto della sua vita (Orso fondatore dei canonici della collegiata) ha aggiunto nelle rappresentazioni del santo il bastone da priore e il libro della Regola canonicale. Oltre alle già citate immagini dei capitelli del chiostro della collegiata, va ricordata, sempre nella stessa chiesa, l’urna d’argento che custodisce le sue reliquie, sulla quale Orso, rivestito della casula, è raffigurato mentre con il bastone fa scaturire l’acqua dalla roccia.