Quaresima 2021: La parola “Berit”, il patto compiuto
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Quaresima 2021: La parola "Berit", il patto compiuto
La parola ebraica BERIT è disseminata nei testi ed è tutt’altro che raro incontrarla. È una parola divenuta fondamentale e dunque ripetuta tante volte quanto basta a farci comprendere il suo valore. Ma, come se avesse una superficie cangiante, BERIT sembra divertirsi ad assumere sfumature differenti ogni volta che appare. È quel che capita alle parole che volano di bocca in bocca, e in ogni passaggio ciascuno ci mette del suo.
Qui vuol dire alleanza, là significa patto, altrove indica un matrimonio, e perfino l’atto della circoncisione. È una parola dal significato dinamico e a volte sfuggente, come se la sua natura non fosse quella di rimanere scolpita nella pietra bensì quella di mimetizzarsi tra le azioni dell’umanità, qui come vicinanza amichevole tra i popoli (alleanza), là come accordo stretto tra persone (patto), o come segno di amore (matrimonio), o come simbolo di identità e di continuità tra generazioni (circoncisione). Se proviamo a scendere curiosi sotto la sua superficie cangiante, troviamo che il cuore di BERIT fa riferimento al significato di unione. BERIT è una unione, ma non una qualunque. Si tratta di una unione calda, molto umana. È una unione intima.
Potremmo dire che il cuore di BERIT, se lo guardiamo, è fatto a cerchio. La parola BERIT, al centro del suo mistero, ci parla di un cerchio pieno di desiderio e di unità. È un cerchio perché richiama cose e faccende circolari: la sua etimologia rimanda all’anello nuziale, per esempio, che altro non è che un cerchio che unisce. Rimanda, nella sua radice più antica, al pozzo (e da quella radice provengono i nomi di località storiche). E cos’è un pozzo? Altro non è che un cerchio che sprofonda per far salire acqua, vita. Per placare la sete. Ed è un cerchio, il pozzo, attorno al quale si sta per forza in cerchio.
Il patto che BERIT richiama è il desiderio di unione tra persone. Che stiano per sposarsi, per stringere un accordo, per cantare insieme, per cavare acqua dalle profondità della terra, BERIT mette in cerchio le persone, e la chiusura del cerchio è in realtà una specie di paradosso, perché è una chiusura che apre.
BERIT nelle origini è mettersi in circolo, una unione tra persone che trova senso e compimento, che ha una ragione bella in se stessa. È l’unione che annulla le distanze, esattamente come avviene in un cerchio di individui, che non sono più individui ma comunità, o come si realizza nell’unione matrimoniale, dove le distanze tra gli innamorati svaniscono.
Nelle parole dei testi biblici, il patto tra il Creatore e l’uomo lo chiamiamo per consuetudine alleanza, è un patto che annulla le distanze, che porta compimento in un desiderio comune. E lo chiamiamo anche testamento, con una sfumatura che ormai ha perso di significato.
Il desiderio comune nel cuore di BERIT non è solo un desiderio che l’uomo ha di Dio ma un grande desiderio che Dio ha dell’uomo. BERIT è l’unione di reciproche fedeltà, sottintende una fedeltà nell’unione, e porta con sé la bellezza di una fedeltà nel tempo tanto forte da parte di Dio quanto ballerina da parte dell’uomo.
Innumerevoli volte nei racconti biblici l’uomo sfugge dalla fedeltà, crolla, si perde. Rompe il patto. E un altrettanto numero di volte il Signore continua a riconfermare la sua fedeltà, continua a rispettare un patto che per certi versi impegna più lui dell’umanità.
La fedeltà di BERIT è di Dio per l’essere umano, di Dio che lascia sempre aperto il cerchio perché l’umanità da lui creata possa rientrarvi.
È una fedeltà per la quale Dio trasforma le prove della vita in prove della fedeltà, o inventa lui stesso prove: ne sa qualcosa Abramo quando gli viene chiesto il sacrificio più grande, il sacrificio del figlio. Quella di Dio è una fedeltà impegnativa da parte sua, gelosa perché richiede anche da parte nostra un impegno. O perlomeno un desiderio.
Il calore che BERIT emana è dunque stretto a questo genere di unione, là dove non vengono annullati i singoli caratteri e la bellezza originale di ciascuno, ma dove diventa chiaro che la bellezza di ciascuno non può, da sola, essere unione. Il calore della vicinanza annulla le distanze: non ci sono più i cieli e la terra, non c'è più fede intima e azioni, non c’è più io e gli altri. O meglio: c’è ancora tutto ma senza più confini.
La nuova alleanza, la nuova unione che Cristo accende nella Pasqua parte simbolicamente da qualcosa di spezzato, il pane, a ricordare la condivisione ma anche la fedeltà di Dio che tiene unita ogni frattura. Cristo è la fedeltà di Dio che chiude un cerchio aperto da tanto tempo.
Che rinnova il desiderio di Dio per l’uomo con amore, proprio quando tutto crolla, e crolla così tanto che il sacrificio in quel giorno lassù sul Golgota non viene chiesto al figlio di un essere umano ma è sacrificio di Dio stesso.
Tutto crolla, nella Pasqua, tutto si sbriciola, tutto precipita in un turbine di paura, abbandoni, fughe. Finché arriva il giorno dopo il sabato.
Tutto è concluso? Macché. Tutto è compiuto.
* Il testo sopra riportato è tratto dal sussidio "Berit - Un incontro sempre nuova", Cammino di Quaresima - Pasqua 2021 della Diocesi di Piacenza-Bobbio