La lettura in chiesa, una riflessione e qualche consiglio
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
La lettura in chiesa, una riflessione e qualche consiglio
La lettura in pubblico è il risultato di due operazioni che tutti fanno correntemente: leggere e parlare. In pubblico non si legge come per proprio conto e non si parla come in una conversazione fra due o tre persone. Nella lettura dei testi biblici durante una celebrazione, come si afferma nella Costituzione sulla sacra liturgia del Concilio Vaticano II: «Il Signore è presente nella sua Parola, è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura» (n. 7). Che il Signore parli e che sia presente nell’assemblea, dipende dunque, almeno in parte, dal modo con cui il lettore adempie alla sua funzione.
Quando si sceglie una persona per fare una lettura a una determinata messa, è consigliabile avvertirla in anticipo e dirle quale lettura (la prima, il salmo, la seconda, o la preghiera dei fedeli) dovrà fare, affinché abbia il tempo di prepararsi. Il lettore deve in primo luogo leggere il testo e capirne il significato, così sarà facilitato a comunicarne il senso. Attraverso la Bibbia, Dio infatti ci parla; ma ha diversi modi di parlarci. Bisogna rendersi conto che non si legge una pagina del Manzoni o una poesia di Montale, sarebbe bene perciò rispettare alcune importanti e indispensabili tecniche di lettura, quali: pause, ritmo, volume, intonazione, "colore", articolazione, comportamento.
Grande importanza nella lettura hanno le pause (segni di punteggiatura): pause brevi di un secondo e pause lunghe che corrispondono alla fine di ogni frase. Queste determinano da parte di coloro che ascoltano la comprensione del testo. È appunto grazie a queste pause che l’ascoltatore comprende, perché i suoni che giungono alle sue orecchie hanno il tempo di arrivare al cervello e di assumere il significato. I silenzi nel corso di una lettura permettono a chi non legge di comprendere ciò che ascolta. Il lettore deve sempre tener presente che se lui ha il testo sotto gli occhi, chi ascolta invece non lo ha. Possono sembrare abbondanti le pause, ma sono necessarie specialmente se il lettore non è uno specialista del parlare in pubblico.
Così come la frase musicale, anche la frase di un testo ha un ritmo (successione di sillabe e parole) che il lettore deve saper rendere. Molto spesso, la maggior parte dei lettori legge troppo in fretta. La giusta velocità da parte di chi legge deve dargli l’impressione di sembrare quasi ridicolo per la lentezza. La velocità deve variare leggermente secondo la dimensione dell’edificio in cui si legge, più l’edificio è grande più la lettura dev’essere lenta, a causa della distanza e del volume. Altrettanto lenta la lettura deve essere quando in un edificio vi è una forte eco.
La lettura in pubblico richiede anche che si parli con un volume (altezza della voce) più alto di quello che si userebbe nella comune conversazione, spingendo la voce “in avanti”, ossia proiettandola lontano, perché bisogna sempre parlare come se si fosse rivolti alle persone dell’uditorio che sono più lontane. L’intonazione (tono della voce) è indispensabile affinché si evitino cantilene ed anche sbalzi eccessivi dei toni, da alti a bassi e viceversa. Importante è pure che le vocali o sillabe siano lette chiaramente soprattutto se sono al termine di una frase. Il lettore che legge la Parola di Dio deve dare il giusto "colore" (interpretazione) alla lettura. Deve leggere in modo non piatto, come se non gli interessasse ciò che legge; né eccedere nel colore per paura di essere monotono o di voler dare una interpretazione troppo personale: non bisogna dimenticare che la Parola che si legge è di Dio, non nostra. Un lettore deve essere compreso perfettamente, curando la pronuncia corretta delle articolazioni (consonanti, articoli, vocali) e i diversi accenti in modo molto chiaro.
Il comportamento del lettore incomincia nel momento in cui si sposta verso il luogo da cui leggerà. Vederlo spostarsi con calma, al termine di una orazione o di un canto, prepara l’assemblea ad ascoltarlo con attenzione. Il primo gesto del lettore è riservato al microfono: quando è necessario, lo regoli alla propria altezza. Deve poi guardare con calma l’assemblea per accertarsi che tutti siano seduti e pronti all’ascolto e leggere l’annuncio alla lettura. Da questo momento non deve più rivolgere lo sguardo all’uditorio, perché le parole che pronuncia non sono sue. Non è poi necessario dire: “Prima lettura”, “Salmo responsoriale”, “Seconda lettura”, ma alla fine della lettura, quando si dice: “Parola di Dio", è consigliabile fare un piccolo stacco, in modo da suscitare la risposta dei fedeli. Per il numero dei lettori non c’è una regola fissa, serve però in caso di più letture variare le voci: è impensabile infatti farle fare tutte ad una persona sola.
Questi elencati sopra desiderano essere soltanto alcuni piccoli (e si spera utili) consigli volti a rendere più partecipe l'assemblea alla celebrazione eucaristica, valorizzando così la diversità dei carismi che il Signore ha donato a ciascuno.
Annarita
Quando leggoi la lettera, dopo che dico ” parola di Dio” ,guardo l’assemblea e mentre loro dicono” rendiamo geazie a Dio”, io metto la mano sul petto e faccio l’inchino ( per me e come un segno di ringraziamento a Dio) sbaglio?
Carissima Antonia, ti ringrazio per aver letto il ns articolo: sulla lettura in Chiesa.
Rispondo con molta simpatia al tuo intervento del 17/04/2023, nel quale mi chiedi se è giusto fare l’inchino dopo aver letto la parola di Dio.
Sono convinta che hai compreso bene, che ciò che leggi non è una tua parola e se il fare un leggero inchinare della testa, ti fa sentire una semplice fedele, che ha messo a disposizione la sua voce per far ascoltare all’assemblea ciò che è stato scritto; e questo mettere la mano sul cuore è il tuo ringraziamento per ciò che hai letto, fallo pure, senza esagerazione da apparire una forma teatrale.
Liturgicamente non è previsto, ma perché togliere questa tua piccola emozione, mi sembrerebbe un atto forzato. Buona vita sorella in Cristo.
Anna Rita