Santi di Casa nostra: San Raimondo Zanfogni, detto Palmerio
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Santi di Casa nostra: San Raimondo Zanfogni, detto Palmerio, pellegrino
Un viaggio straordinario alla riscoperta dei Santi e Beati della Chiesa Piacentina e Bobbiese
Raimondo Zanfogni, detto Palmerio, è un santo che potremmo definire quasi piasintein del sass. Nato a Piacenza nel 1140, Raimondo fin da giovanissimo fu avviato dai genitori al mestiere di ciabattino. A quindici anni, insieme alla madre già vedova, si recò in pellegrinaggio a Gerusalemme, portando con sé al ritorno un ramo di palma come era usanza dei pellegrini che tornavano dalla Terra Santa (da cui deriva per l’appunto il soprannome di Palmerio, portatore di palma).
Purtroppo, sulla strada del ritorno, la madre si ammalò e morì; il figlio ancora adolescente (forse quindicenne) ritornò da solo a Piacenza, dove fu in qualche modo assistito dai parenti. Riprese il suo mestiere di ciabattino, ma la sua profonda tensione religiosa, per quanto fosse analfabeta, lo rese esperto delle cose di Dio al punto che fu ben presto conosciuto e apprezzato dai suoi concittadini, presso i quali esercitava un apostolato diretto, semplice ed efficace: nei giorni di festa si recava nelle botteghe e impartiva agli artigiani gli insegnamenti morali e religiosi adatti alla loro condizione.
Dopo essersi spostato, gli nacquero via via cinque figli che nel giro di un anno morirono tutti, forse a causa di un'epidemia. Nacque poi un sesto figlio, Gerardo, che per volontà del padre sarà poi consacrato a Dio, dopo la nascita del quale morì anche la moglie di Raimondo. Alla morte della moglie, dopo aver lasciato la casa al figlioletto, che sarà cresciuto da parenti, Raimondo decise di dedicarsi nuovamente ai pellegrinaggi: dapprima al celebre santuario di Compostela, dove riposano le spoglia dell'apostolo Giacomo, poi a Pavia, alla tomba di Sant’Agostino e infine a Roma, il cuore della cristianità.
Stava progettando di recarsi di nuovo a Gerusalemme quando, probabilmente in una visione, il Signore gli ordinò di ritornare a Piacenza per dedicarsi ai poveri e ai bisognosi della sua città. È tempo di crescita e di prestigio per Piacenza, che nel 1095 ha ospitato un Concilio con papa Urbano II. Nel 1154 e 1158 le sue campagne hanno visto due Diete imperiali con Federico I Barbarossa. C’è sviluppo, c’è ricchezza. Ma ci sono anche i poveri. E Raimondo ha capito che pensare a loro è più importante del pellegrinaggio.
Gli fu assegnato un grande edificio, che trasformò in un ospizio per i poveri e gli ammalati, ma non aveva i mezzi per mantenerli. Per sostenere le sue iniziative che richiedevano continui ampliamenti, cominciò a insistere, a pregare, a chiedere a chi poteva dare, predicando contro l’avidità dei ricchi per le strade di Piacenza e affrontando con toni risoluti chi può e non fa, chi possiede e non dà: "Aiutateci voi cristiani, duri di cuore e crudeli!". Divenne ben presto il portavoce dei poveri nella città e il loro protettore ufficiale di fronte ai giudici iniqui e ai potenti.
Parlava alle prostitute, convincendone alcune a ravvedersi; si interessava anche dei bambini abbandonati e dei carcerati. L’interesse principale di Raimondo era però discutere con la gente di argomenti religiosi e nonostante fosse analfabeta diventò un buon conoscitore di questioni spirituali tanto che gli fu chiesto di predicare in pubblico, cosa che egli rifiutò decisamente, convinto che ciò era riservato ai sacerdoti.
Disturbò anche i governanti della città, che alla fine lo capirono e lo aiutarono in molti modi nella sua opera, consultandolo sempre per tutti gli affari che riguardavano i poveri. Ammonì anche il Vescovo "che non va giù abbastanza deciso contro le lotte di fazioni della città". Si adoperò tra l'altro in ogni modo per impedire un conflitto armato tra Piacenza e Cremona, ma i Cremonesi lo rinchiusero in carcere. Ben presto fu liberato dalla prigionia, mentre il popolo li rimproverava dicendo: "Avete imprigionato un santo!".
E come tale si comportò per tutta la vita. Fondò altri istituti per donne nullatenenti, per prostitute pentite, si occupò, instancabile e operoso, di bambini abbandonati, di orfani e di carcerati. Morì in pace tra i poveri del suo ospizio il 27 luglio 1200, all'età di 60 anni. Venne sepolto in una cappella presso la chiesa dei Dodici Apostoli e si affidò la custodia della tomba (offerta dal Comune) a suo figlio Gerardo.
Presto si sparsero le voci di miracoli ottenuti dal Signore per sua intercessione e il culto per San Raimondo si propagò nella zona. Gli elenchi di questi miracoli sono conservati a Piacenza, una Vita di questo Raimondo fu scritta a dodici anni dalla sua morte da un canonico della Cattedrale di Piacenza che lo aveva conosciuto personalmente. Già nel 1212 l’ospizio da lui fondato prese il nome di Ospedale di San Raimondo. È dalla voce del popolo dunque che Raimondo fu proclamato santo.
Le richieste di canonizzazione si succedono di secolo in secolo, di papa in papa, ottenendo varie risposte che equivalgono già a un riconoscimento del culto, ma soltanto nel 1602, sotto papa Clemente VIII, si approva l’ufficio liturgico per la sua festa. Nel Cinquecento, intanto, i resti di San Raimondo sono stati trasferiti nella chiesa a lui dedicata, dove si trovano tuttora, con il capo separato dal corpo e custodito in un prezioso reliquiario. A San Raimondo va riconosciuto il merito di essere stato un esempio vivente di Vangelo sociale, mirato agli ultimi, ispirato da adesione autentica agli insegnamenti di nostro Signore.