Avvento 2021 – Pose la sua tenda in mezzo a noi
di Redazione Sito ·
Avvento 2021 - Pose la sua tenda in mezzo a noi
Partendo dall’immagine della tenda e lasciandola parlare in tutta la sua performatività, proviamo a definirla a partire dall’agire dell’uomo nei suoi confronti. Chiediamoci: è possibile qualificare la tenda come casa? È possibile abitarla, e se è possibile, riconoscerla come luogo della propria identità, il luogo che rivela chi sono, che dice le mie origini, la mia storia, la mia intimità, in cui riconosco i miei affetti ecc. Se partiamo da qui, l’immagine della tenda diventa qualcosa di profondamente intimo, un mondo che ci fa fermare e che ci chiede di essere ascoltato.
La tenda non ha fondamenta, non ha un numero civico che possa definirne la propria geografia, non ha muri entro cui poter creare spazi di personale intimità. L’interno della tenda, infatti, è un unico spazio che ti invita (o ti costringe) a stare uno di fronte all’altro, a condividere lo stesso tempo, le stesse azioni. La tenda sembra essere quindi diametralmente opposta alla nostra concezione di casa, eppure, nella sua precarietà proprio la tenda sembra condurci alla vera essenza della casa e dall’abitare.
Essa, infatti, non avendo confini si lascia percepire come luogo della condivisione e dell’intimità, come un convergere verso un unico centro attorno al quale potersi sedere e condividere la nostra esistenza: diventa tensione di reciproca ospitalità e di un banchetto che ci vede tutti commensali di un unico cibo. Erranza e ospitalità, sembrano essere le cifre che abitano la tenda: la ricerca di una casa futura, di una terra da abitare e in tutto questo essere in cammino l’uno accanto all’altro condividendo la propria vita.
La tenda, infatti, è per definizione la dimora del nomade, del beduino, fino ad oggi. I pastori sono definiti: "Coloro che abitano sotto le tende" (Genesi 4,20), come Abramo (Genesi 13,3), come l’erranza del popolo biblico nel deserto narrata nell’esperienza dell’Esodo. È un modo di vivere che implica provvisorietà e solidarietà: si fa fronte insieme agli impegni del deserto e si è ospitali (Genesi 18), perché si sa per esperienza che la non accoglienza implicherebbe la morte di chi non venisse accolto.
Il mondo biblico ci introduce in questo singolare percorso. Il termine di "tenda" nella Scrittura richiama non solo la vita nomade, ma anche IHWH, nomade con il suo popolo. Egli si avvicina al popolo in una tenda (2 Samuele 7,6; Levitico 26,11-12), che simboleggia la sua prossimità di "Dio vicino", ma invisibile, trascendente (Deuteronomio 12,5).
Più Dio si approssima al popolo e più questa gloria assume sembianze umane (Ezechiele 1,26). Alcuni profeti ispirati da Dio – soprattutto Amos, Osea e Isaia – iniziarono a profetizzare la venuta di un Re-Messia, attraverso il quale Dio avrebbe continuato la sua presenza tra il popolo. Nella pienezza del temo il Verbo Creatore stabilisce la sua tenda nell’accampamento degli uomini, condividendone la vita, il cibo, le gioie e i dolori (Gaudium et Spes, 22). È il mistero dell’incarnazione.
Il Verbo Creatore, della stessa sostanza col Padre (Giovanni 1,1-3), sbalordisce per la sua kènosis, il suo abbassamento (Filippesi 2,7): quello di Giovanni è un versetto di un cantico che sottolinea il paradosso di un Dio che si annienta, nel farsi servo dell’uomo. "Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14): questa espressione giovannea la possiamo tradurre con l’espressione "pose la sua tenda in mezzo a noi" che ci guida nel cammino d’Avvento.
Il Verbo "eskenosen himas", eskenosen si è attendato (da skenè, tenda in lingua greca). "Si è attendato", chi ascoltava capiva bene il dire di Giovanni avendo negli occhi le immagini bibliche: Dio si è attendato con la sua potenza in mezzo al suo popolo nel deserto e nella città di Gerusalemme nel tempio, adesso si attenda in mezzo a noi addirittura diventando uomo. "Si attenda in mezzo a noi e noi - dice Giovanni - vedemmo la sua gloria": vedere la gloria di Dio significa entrare in quella tenda.
È questo Messia a rappresentare la nuova tenda di Dio sulla terra. Per noi cristiani è Gesù di Nazareth il Messia atteso, è Lui la nuova tenda di Dio. Non più un tempio, ma una persona diventa la dimora di Dio sulla terra. A questo riguardo, scrisse san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: "il Verbo (cioè la Parola di Dio, che è Cristo) si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi".
*Testo tratto dalla Presentazione del Cammino di Avvento rilasciato dalla Diocesi