Quaresima 2023: Il Cieco nato – Libera lo sguardo
di Redazione Sito ·
Quaresima 2023: Il Cieco nato - Libera lo sguardo
Testo tratto dalla Lectio per la quarta settimana della Quaresima pubblicato dalla Diocesi
“Questo solo io so: prima ero cieco e ora ci vedo”. Questa è la confessione di fede del cieco guarito, e dovrebbe essere la nostra stessa confessione. Gli occhi della fede ci hanno permesso di vedere la nostra vita, la vita degli altri e tutta quanta la storia con occhi nuovi. Siamo arrivati a scoprire tutto il bene che il Padre ci vuole, tutto il bene che c’è nel mondo e questo ci impone di risollevarci dal pessimismo e dall’inerzia, chiede una risposta pronta, una carità sincera, una fraternità accogliente. Testimoniare con la vita la bellezza che ci ha toccato, il bene che ci ha guarito, la prossimità che ci ha sostenuto.
IL VANGELO - Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 9,1-41)
In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: Va' a Sìloe e làvati!. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane».
MEDITAZIONE - di Donata Horak
“È la mia
questa figura di spalle
che se ne va nella pioggia?”
Il verso di questo haiku giapponese cristallizza un momento esistenziale, uno stato d’animo che, come un brivido, a volte ci attraversa. Una piccola crepa nella nostra esistenza strutturata. Che cosa vedo quando guardo me stessa, me stesso?
Passiamo buona parte della nostra vita a costruirci una identità sociale, professionale, familiare, religiosa. Da persone adulte, sappiamo quasi sempre rispondere a chi ci chiede chi siamo e quali sono i nostri obiettivi, e lo facciamo identificandoci con i ruoli che ci vengono riconosciuti. Ma qualche piccola crepa a volte ci fa esitare. Nella vita attraversiamo crisi importanti, come i lutti, la fine degli amori, le malattie, i licenziamenti… traumi che rendono instabile la nostra costruzione. Ci sono poi delle crepe più sottili, più difficili da ascoltare, non riconosciute all’esterno, neanche dalle persone che abbiamo più vicine. Avvertiamo che non possiamo identificarci totalmente nei ruoli e nelle scelte che facciamo, nelle aspettative degli altri e nei nostri doveri. Abbiamo la percezione di non sapere più se davvero siamo noi quella figura di spalle, e ci chiediamo se forse non abbiamo perduto qualcosa della nostra originale vitalità. È una crisi salutare, quando cominciamo ad accorgerci di essere ciechi, di non vedere tutto chiaro. Intorno a noi le persone continuano a rimandarci la nostra immagine di sempre: “non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?”. Le persone hanno bisogno di vederci stabili nei nostri ruoli, anche le persone che ci vogliono bene, come i genitori di quest’uomo: “Sappiamo che è nostro figlio e che è nato cieco”: c’è una spiegazione per tutto, la cecità deve dipendere da colpe precedenti, secondo uno schema retributivo per cui ciascuno porta il peso del suo passato e dei suoi peccati, e l’azione di Dio è predeterminata. Durante la festa delle Capanne, i sacerdoti accorrono alla piscina di Silo e gettano acqua a terra, per ricordare l’attraversamento del deserto e come Dio avesse dissetato abbondantemente il popolo nel suo percorso di liberazione. Ora attorno alla piscina di Siloe i farisei vorrebbero che Dio rimanesse fisso in quel passato, per poterne prevedere i pensieri e le azioni. Credono di vedere e sapere, ma non riescono a riconoscere che Dio è lì
presente, libero e liberatore.
Gesù agisce in modo nuovo e rigenerativo verso l’unica persona che sa di non vedere, che sta cercando una luce. Gesù agisce con libertà rispetto alla Legge, agisce di sabato, fa qualcosa di impertinente e creativo: “sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva”. Come all’inizio Dio soffia la sua Ruah – il suo Spirito creatore - sulla terra argillosa (adamah) per dare forma a un essere terrestre che partecipa dello stesso alito di Dio, a sua immagine e somiglianza, così Gesù crea la luce per l’uomo nato cieco, uomo fatto di terra e di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Anche l’uomo cieco mette in gioco la sua libertà: deve muoversi, agire, andare alla fonte dell’Inviato e lavarsi. La sua nuova vita è cominciata. Vediamo quest’uomo, inizialmente misero e senza voce, diventare sempre più consapevole e libero. Affronta una discussione che si trasforma ben presto in un processo contro Gesù, e la sostiene con autorevolezza, prende la parola e mette in confusione i farisei con argomentazioni teologiche, proprio lui, quello che se ne stava seduto in silenzio a chiedere l’elemosina: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. … Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Si è sciolta la parola di quell’uomo umiliato che se ne stava immobile ai margini; ora parla e cammina, va verso il suo futuro, è diventato autore della sua vita e testimonia che Dio agisce sempre per liberare, guarire e ricreare.