Quaresima 2023: La trasfigurazione – Libera la bellezza
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Quaresima 2023: La trasfigurazione - Libera la bellezza
Testo tratto dalla Lectio per la seconda settimana della Quaresima pubblicato dalla Diocesi
Abramo deve uscire dalla sua terra, i discepoli devono salire sul monte, noi dobbiamo uscire dal nostro vivere segnato dall’abitudine e dalla noia, da quelle piccole sicurezze che ci siamo creati e che spesso diventano lacci, porte chiuse che lasciano fuori gli altri e la vita. Ma all’improvviso, per un’irruzione dello Spirito, il cielo si apre, l’orizzonte si illumina e noi siamo presi dentro una verità nuova, che stupisce e terrorizza ma lascia intravedere un cammino di vita, che accende colori e suscita musiche nuove. Scendere dal monte con questo desiderio di non perdere la bellezza intuita, per ritrovarla nel cammino di ogni giorno.
IL VANGELO - Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4,1-11)
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
MEDITAZIONE - di don Mario Cappelletti
Il brano del Vangelo secondo Matteo sottolinea – ancora una volta – dell’incomprensione dei discepoli nei confronti di Gesù. Lo amano, lo seguono, lo ascoltano, ma al contempo fanno fatica ad accogliere quelle parole che sembrano spezzare una tradizione che dava loro sicurezza.
Invece, Gesù mina quelle certezze che fanno dell’uomo uno “schiavo” del divino, e propone invece un cammino di “figli” di Dio. E questo non vuol dire cancellare ciò che era ma portarlo a “compimento”.
Per far questo Gesù porta sempre con sé i discepoli più “difficili”, più “ostinati”: Pietro/Simone, che poco prima aveva chiamato satana (Mt 16,23), e Giacomo e Giovanni, i due fratelli ostinati e ambiziosi, che saranno spesso causa di divisioni (Mt 20,20-28). Tre figure che pensano ancora al Messia quale “condottiero” che avrebbe riportato Israele all’antico splendore, con il potere e la forza. Qui sul monte e poi al Getzemani saranno sempre loro tre a impersonare la difficoltà di accettare la condizione per seguire Gesù: la croce, il sacrificio per essere dono-per-l’altro.
Il loro “rifiuto” è denunciato nella stessa affermazione di Pietro (v. 4), che pone Mosè (la Legge) al centro e Gesù e Elia (i Profeti) alla periferia, nella ri-costruzione di una memoria storico-religiosa, la festa delle capanne, col suo richiamo alla liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto (Lv 23,42-43). Mosè ed Elia, che in precedenza avevano “parlato” con Dio, su altro monte, ora parlano con Gesù: non hanno niente da dire ai discepoli: li confonderebbero: non sono ancora pronti.
Infatti, lo si capisce dalla domanda/affermazione di Pietro che viene subito interrotta dalla voce del Padre che li sprona all’ascolto del Figlio… l’amato, dell’“erede unico”, al quale solo devono dare ascolto. Un imperativo: Ascoltatelo! Lui solo: oramai, la Legge e i Profeti sono il passato, l’insegnamento di Gesù/il Figlio è il presente, che, sul monte, offre uno squarcio del futuro che li attende (che ci attende). D’ora in avanti la parola di Gesù non devono più confonderla con altre parole, o con le proprie parole.
Solo in lui troveranno la “Via” che li porterà a essere testimoni della “Verità” e segni di “Vita”. Ma per giungere a questo, dovranno passare attraverso l’umiliazione e la debolezza (Getzemani/Croce): condizione umana, segni di una umanità perennemente in cammino, perennemente nel dubbio, perennemente in conversione. Umanità con il volto a terra (v. 6), sconfitta, che attende qualcuno che la tocchi e la faccia ri-alzare (v. 7).
Eppure, proprio questa paradossalmente è la strada, la Via che conduce alla Gloria, alla condizione divina (alto monte/Trasfigurazione).
«Anche a noi cristiani di oggi fa paura ascoltare solo Gesù. Non osiamo metterlo al centro delle nostre vite e comunità. Non lasciamo che sia l’unica e decisiva Parola. È lo stesso Gesù che può liberarci da tante paure, codardie e ambiguità, se ci lasciamo trasformare da lui».