Il santo del mese – Santa Umiltà da Faenza
di Redazione Sito ·
Il santo del mese - Santa Umiltà da Faenza
Badessa - (22 Maggio)
testo di Andrea Duè tratto dall'Enciclopedia dei Santi
Rosanna Negusanti, nata a Faenza nel 1226, sposò 15enne Ugonotto dei Caccianemici. Ebbero due bimbi, morti entrambi in fasce. I due abbracciarono la vita religiosa. Lei, assunto il nome di Umiltà, entrò nel monastero vallombrosano di Sant'Apollinare. Alcune donne la presero a maestra e la seguirono a Vallombrosa. Ispirò la loro regola a quella di san Giovanni Gualberto. Morì nel 1310 a Firenze, dove fondò il Monastero delle Donne di Faenza. Riposa nel convento dello Spirito Santo a Varlungo (Firenze).
Ricorrenza: 22 Maggio. Emblema: Cappuccio di pelle di pecora.
Martirologio Romano: A Firenze, beata Umiltà (Rosanna), che, con il consenso del marito, visse dodici anni come reclusa; su richiesta del vescovo, poi, costruì un monastero di cui divenne badessa e che associò all’Ordine di Vallombrosa.
Sant'Umiltà, al secolo Rosanese Negusanti, nacque nel 1226 a Faenza in una famiglia agiata. I genitori erano indifferenti all'indole religiosa della bambina e la vollero far sposare appena quindicenne a certo Ugolotto dei Caccianemici. La coppia ebbe due figli, ma ambedue morirono poco dopo la nascita, ponendo fine a una breve felicita coniugale.
Mentre Ugolotto, cedendo allo sconf0rto, tentava di annegare il suo dolore nei divertimenti futili della vita mondana, la disgrazia riaccese nel cuore di Rosanese il desiderio di dedicarsi completamente a Dio. Propose al marito di prendere insieme i voti per ritirarsi dal mondo; egli dapprima rifiutò, ma dopo aver superato una grave malattia, acconsentì a lasciar libera la moglie, e ambedue i coniugi abbracciarono la vita religiosa entrando, nel 1250, nel doppio monastero di Santa Perpetua, dove peraltro non si sarebbero più rivisti (Ugolotto morì sei anni più tardi).
Rosanese passò così da una vita di libertà e ricchezza all'obbedienza incondizionata e alla povertà monastica. E fu proprio la dedizione con cui si sobbarcava i lavori più pesanti e umili che indusse il priore del monastero a darle il nome di Umiltà. Ma presto, Umiltà si convinse, per divina ispirazione, che la disciplina del convento non era sufficiente per la sua salute spirituale. Volle ritirarsi in clausura per vivere da eremita, e a tale scopo si fece costruire una cella addossata al muro della chiesa di Sant'Apollinare, appartenente ai vallombrosani, con solo una piccola apertura dalla quale poteva assistere al servizio divino nella chiesa. Vi rimase murata per dodici anni, cibandosi solo di pane, acqua e un po' di erbe amare, dormendo in ginocchio, la testa appoggiata al muro. Dodici anni trascorsi in preghiera, meditazione, penitenza e in intima comunione con Gesù Cristo.
La cella della santa divenne presto un centro di attrazione per le fanciulle che desideravano seguire il suo esempio e si fecero costruire le loro celle vicine a quella della santa. Umiltà accettò, infine seppur riluttante, di rinunciare al suo isolamento per diventare la guida spirituale di queste giovani donne, che riunì nel vecchio monastero vallombrosano della Malta appena fuori Faenza. E così, a quarant'anni, ritornò a essere una madre piena di saggezza e di energia per queste nuove figlie, mettendo in atto, durante i quindici anni, tutte le virtù delle Regole di san Benedetto e di san Giovanni Gualberto. Nel 1266 divenne badessa di questo primo monastero di suore vallombrosane. Nel 1281 fondò un altro monastero a Firenze, presso il torrente Mugnone, per accogliervi le giovani fiorentine la cui vita era scossa dalle lotte politiche che funestavano la loro città. Ispirata da san Giovanni evangelista, cui il monastero venne dedicato, Umiltà tentò di intervenire per pacificare le fazioni ostili, che si preparavano a un bagno di sangue. In quell'anno, il diciassettenne Dante Alighieri scrisse i suoi primi sonetti.
Nel 1300, anno del primo giubileo, sant'Umiltà aveva settantaquattro anni. Il 13 dicembre dcl 1309, indebolita dai digiuni e logorata dalle penitenze, ebbe un colpo apoplettico che la paralizzò e le tolse la parola. Ciononostante nel suo monastero continuavano ad accadere miracoli di carità e, malgrado la grave carestia che aveva colpito Firenze, non mancavano mai pane c denaro. Dopo mesi di sofferenze, il 22 maggio del 1310 Umiltà si spense, un venerdì, come aveva desiderato.
Fin dall'infanzia, Umiltà aveva aspirato a seguire l'esempio di san Giovanni e della Vergine sotto la croce di Cristo, e per tutta la vita la sua ricca e profonda spiritualità era stara orientata alla meditazione sull'umanità di Gesù e sulla sua Passione, tanto da versare sul crocifisso lacrime di sangue.
Sebbene di famiglia nobile, Umiltà era analfabeta e dovette dettare alle consorelle i suoi Sermoni, che sono altissime meditazioni sull'Incarnazione e sulla Redenzione, ispirate dalle sue numerose esperienze mistiche. Furono le sue monache a insegnarle a leggere c a scrivere, e nel solco della tradizione culturale benedettina c nel ricordo della loro fondatrice, le monache vallombrosane si dedicarono, nei secoli, in modo speciale all'educazione e istruzione delle ragazze.
Una delle visioni mistiche di sant'Umiltà riguarda proprio l'Incarnazione e insieme, forse, la sua maternità frustrata. Una notte di Natale le apparve la Vergine, con il bambino Gesù appena nato avvolto in fasce. Maria lo porse alla santa, affinchè potesse cullare il Dio fatto bambino. A ricordo di questa esperienza, Umiltà fece modellare da un artigiano un bambino come quello che le era apparso. La figurina è oggi conservata al monastero dello Spirito Santo a Bagne a Ripoli, presso Firenze, dove riposa anche il corpo della santa.