Italiani, gente di poca fede? La fotografia in un sondaggio
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Italiani, gente di poca fede? La fotografia in un sondaggio
Proprio in questi giorni la rivista "Il Timone" è in edicola con la copertina nella quale campeggia la scritta "Italiani di poca fede", sullo sfondo del nostro tricolore. Questo titolo è il sunto dell'ultimo sondaggio, effettuato da Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, sulla religiosità dei cittadini del Bel Paese.
I numeri dei sondaggi vanno sempre interprentati e non si può trarre da essi un quadro troppo preciso, ma sono comunque un indicatore di fenomeni e processi. Pur non rappresentando nulla di sconvolgente rispetto a quanto non si sapesse di già, i dati diffusi da "il Timone" non lasciano spazio a interpretazioni, ma rivelano, impietosamente, che ormai solo il 13% dei nostri connazionali partecipa alla messa domenicale, ancora meno sono coloro che si accostano al sacramento della riconciliazione o conoscono il significato del sacramento dell'Euacrestia.
Per non parlare poi della conoscenza delle verità di fede enunciate nel Credo, per le quali, tra gli intervistati, c'è grande confusione e interpretazioni varie e anche lontane dalle verità di fede. Insomma, stando ai numeri, una popolazione che va sempre più laicizzandosi, con circa il 37% della popolazione che si dichiara non credente e sempre meno giovani attratti dalla partecipazione attiva alla vita comunitaria e parrocchiale.
Una situazione certamente acuita dalla crisi provocata dalla pandemia, ma le cui cause risalgono a parecchio tempo prima. Già nel 1998 il cardinale Carlo Maria Martini distingueva i cristiani in quattro gruppi: della linfa, del tronco, della corteccia, del muschio. I primi, convinti e attivi, rappresentano il 22%; i secondi, non sempre attivi, il 30%; i terzi, attaccati all’albero per tradizione e cultura, sono la maggioranza, il 44%. Infine vi è un 4% di critici che si riconoscono soltanto in alcune idee del cattolicesimo.
Una tendenza quella in atto che spinge molti individui a costruirsi una fede personale, con un taglia e cuci di ciò che ritiene più consono ai propri principi personali, ma che fatica, e spesso contraddice, ad accettare il Magistero della Chiesa Cattolica sui grandi temi della morale, dell'etica, delle verità a fondamento della Buona Novella.
Credenti che vanno in ordine sparso sulle tematiche dell'accoglienza, della solidarietà, del rispetto e della promozione della dignità umana dal concepimento all'ultimo respiro, sui grandi temi del lavoro, della giustizia sociale, della pace e della condivisione con chi vive nel bisogno. Si è passati dalla situazione post anni Settanta di una religiosità di Cristo ma senza la Chiesa, a quella di oggi, con una Chiesa considerata sempre più alla stregua di una mera erogatrice dei più disparati servizi sociali, che spesso lo Stato e la società civile non riesce a garantire, ma al prezzo di escludere e lasciare fuori Cristo.
Si direbbe che le persone scelgono più facilmente e preferiscano la strada comoda della secolarizzazione, del pratico, del soddisfacimento dei propri bisogni immediati, del fine che giustifica i mezzi, all'impegno e alla conoscenza dell'annuncio della Buona Novella, che poi altro non è che l'incontro con Gesù Cristo.
Una crisi, a dire il vero, che coinvolge anche le ideologie, i movimenti culturali e di opinione a vantaggio dei populismi, degli egoismi personali e dei nazionalismi esasperati. Un'ignoranza e un disimpegno religioso che sembrerebbero avviarsi verso una situazione di non ritorno, laddove sempre più persone non si riconoscono nella Chiesa come corpo mistico di Cristo.
Una Chiesa, pertanto, che sta per incamminarsi verso una china pericolosa o verso la realtà di fedeli meno numerosi ma più consapevoli? Sicuramente restano a darci conforto le parole del Vangelo: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Matteo 18,20). Questa promessa, fatta dal Signore ai suoi discepoli prima dell'Ascensione, è anche la nostra più sicura speranza.
Luciano Casolini