Celebrando l’Assunta pregustiamo il Paradiso, uno scritto di San Massimiliano Kolbe
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Celebrando l'Assunta pregustiamo il Paradiso, uno scritto di San Massimiliano Kolbe
Proprio ieri, alla vigilia della solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, la Chiesa ha celebrato la memoria di San Massimiliano Kolbe, un frate francescano polacco ucciso ad Auschwitz il 14 agosto del 1941. "Ave Maria". Sono queste le ultime parole che padre Kolbe pronuncia ad Auschwitz, appena prima di offrire il braccio al carnefice che avrebbe posto fine alla sua vita con un iniezione di acido fenico. Sono parole semplici ma che vengono dal profondo del cuore e suggellano una vita intera tutta affidata alla materna e benevola protezione delle Vergine Santissima. E proprio il giorno dopo, solennità dell’Assunzione, il suo corpo viene bruciato nel forno crematorio e le sue ceneri si mescolano con quelle di tanti altri condannati a morte.
Ricorderà San Giovanni Paolo II il 10 ottobre 1982, nell’omelia della celebrazione di canonizzazione, che l’ispirazione di tutta la vita di padre Kolbe «fu l’Immacolata, alla quale affidava il suo amore per Cristo e il suo desiderio di martirio. Nel mistero dell’Immacolata Concezione si svelava davanti agli occhi della sua anima quel mondo meraviglioso e soprannaturale della Grazia di Dio offerta all’uomo». È dunque proprio Maria ad ispirare la vita di Padre Kolbe. Nel 1917 fonda la "Milizia di Maria Immacolata": lo scopo è quello di «rinnovare ogni cosa in Cristo attraverso l’Immacolata». Nel 1922, da inizio alla pubblicazione della rivista Il Cavaliere dell’Immacolata, per alimentare lo spirito e la diffusione della Milizia. Cinque anni dopo, nei pressi di Varsavia, nasce Niepokalanów, la "Città dell’Immacolata". Nel 1930, padre Kolbe parte per il Giappone, dove fonda "Mugenzai no Sono" o "Giardino dell'Immacolata", nella periferia di Nagasaki. Qui si rifugeranno gli orfani di questa città dopo l’esplosione della bomba atomica. Allo scoppio della seconda guerra mondiale la città di Niepokalanów viene trasformata in un luogo di accoglienza per feriti, ammalati e profughi. Rifiuta di prendere la cittadinanza tedesca e il 17 febbraio 1941 viene rinchiuso nella prigione Pawiak, Varsavia. Pochi mesi dopo, viene deportato nel campo di sterminio di Auschwitz dove offrì la sua vita per salvare quella di un altro prigioniero, un padre di famiglia.
Riportiamo di seguito uno scritto di San Massimiliano Maria Kolbe, pubblicato una prima volta nel 1924 sulla rivista Rycerz Niepokalanej [(Il Cavaliere dell’Immacolata) SK 1065 "Come sarà in Paradiso", Rycerz Niepokalanej, VIII 1924, p. 146-148 VIII 1931, p. 226-227], che ci offre la possibilità di meditare sul significato profondo e autentico di questa festa mariana tra le più importanti di tutto l'anno liturgico.
a cura Redazione Sito parrocchiale
Il giorno 15 di questo mese la santa Chiesa, festeggiando l’Assunzione della Santissima Vergine Maria, canta con esultanza: «Maria è assunta in cielo, si rallegrano gli angeli, lodano e benedicono il Signore». Spontaneamente in tal giorno noi ci sforziamo di riprodurre nella nostra immaginazione il Paradiso tanto atteso; tuttavia, malgrado ogni nostro sforzo, non siamo ancora soddisfatti. Noi ci diciamo che lassù dovrà essere, in certo modo, diverso da come ci raccontano o da quel che leggiamo nei libri. E giustamente; in realtà in Paradiso le cose non saranno diverse solo “in un certo modo”, ma, si può affermare, in modo del tutto diverso da quello che noi possiamo immaginare. E perché?
Perché noi traiamo tutti i nostri concetti dalle cose che ci circondano, dalle realtà materiali che vediamo qui su questa nostra terra oppure in mezzo agli spazi del firmamento, e solo partendo da tutto ciò noi ci formiamo, mediante i concetti di somiglianza e di causalità, qualche idea a proposito del Paradiso. Si tratta, comunque, di un’idea molto e molto imprecisa. Tutto ciò che ci circonda, fossero anche le cose più belle e più attraenti, è però sempre e da ogni punto di vista limitato. Non esiste qui una bellezza infinita né immutabile. Tutto ciò che vediamo, sentiamo o proviamo non soddisfa appieno i nostri desideri. Noi vogliamo di più, ma questo “di più” non c’è. Vogliamo che duri più a lungo, ma qui inesorabilmente e sempre sopraggiunge la fine. In Paradiso sarà tutto il contrario.
Lì c’è il Bene, la Bellezza infinita: Dio e la felicità senza fine. La differenza, quindi, è assolutamente infinita. Nella sacra Scrittura e nelle opere dei Padri della Chiesa troviamo molte similitudini tratte dalle nostre conoscenze terrene. Così, ad esempio, san Giovanni paragona il Paradiso ad una città felice e scrive: «La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno nella sua luce...» (Apocalisse 21, 23-24). Egli continua immaginando che essa sia costruita con i materiali più preziosi e più belli che si possano immaginare, con l’oro, quindi, e con le più diverse pietre preziose.
Sovente, poi, nelle prediche i sacerdoti si sforzano di abbozzare una raffigurazione del Paradiso. Raccogliamo ciò che di più bello e di più buono vi è attorno a noi per comporre con esso il quadro, ma tutto questo è solamente un’immagine lontana, molto lontana, poiché si tratta di somiglianze infinitamente diverse. In modo ancora migliore descrisse il Paradiso colui che, già in questa vita, fu rapito fino ad esso per breve tempo, cioè san Paolo, il quale afferma: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). È una descrizione ancor più vicina alla verità, poiché mostra l’infinita differenza che passa tra le idee che noi abbiamo circa il Paradiso e la realtà.
Ad ogni modo, possono farsi un’idea di come sarà in Paradiso coloro che già su questa terra hanno avuto la possibilità di pregustare un piccolo anticipo di Paradiso. E ognuno lo può sperimentare. È sufficiente accostarsi alla confessione con sincerità, con diligenza, con un profondo dolore dei peccati e con il fermo proposito di emendarsi. Si sentirà subito una pace e una felicità in confronto alle quali tutti i piaceri fugaci, ma disonesti del mondo sono piuttosto un odioso tormento. Ognuno cerchi di accostarsi a ricevere Gesù nel Santissimo Sacramento con una buona preparazione; non permetta mai alla propria anima di rimanere nel peccato, ma la purifichi immediatamente; compia bene tutti i propri doveri; elevi umili e frequenti preghiere verso il trono di Dio, soprattutto per le mani della Vergine Immacolata; abbracci con cuore caritatevole anche gli altri confratelli, sopportando per amor di Dio sofferenze e difficoltà; faccia del bene a tutti, compresi i propri nemici, unicamente per amore di Dio e non per essere lodato né tanto meno ringraziato dagli uomini, allora si renderà conto di ciò che vuol dire pregustare il Paradiso e potrà trovare la pace e la felicità perfino nella povertà, nella sofferenza, nel disonore, nella malattia.
Questo pregustamento di Paradiso è altresì un sicuro annuncio della beatitudine eterna. In realtà, non è facile dominare sé stessi nel modo descritto sopra, allo scopo di conquistare questa felicità, ma ricordiamo che chi lo chiede con umiltà e perseveranza all’Immacolata, l’otterrà sicuramente, poiché Ella non è capace di rifiutare alcunché a noi, né il Signore Iddio è capace di rifiutare nulla a Lei. Ad ogni modo, tra breve sapremo con esattezza come sarà in Paradiso. Sicuramente fra cent’anni nessuno di noi camminerà più su questa terra. Ma che cosa sono cento anni di fronte a ciò che abbiamo passato?... E poi, chi aspetterà ancora tanti anni?... Fra poco, dunque, purché ci si prepari bene, sotto la protezione dell’Immacolata.