Papi a Piacenza – Innocenzo II e il suo terzo concilio (1132)
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Papi a Piacenza – Innocenzo II e il suo terzo concilio (1132)
Ripercorriamo in questa rubrica i vari incontri che i Piacentini hanno avuto con “il vicario del Dolce Cristo in Terra”, attraverso un’interessante serie di articoli del prof. Fausto Fiorentini, docente e giornalista, pubblicati a partire dal 4 marzo 1988 sul quotidiano Libertà. Gli articoli sono tratti dall’Archivio storico del quotidiano liberamente consultabile a questo indirizzo Teche digitali Passerini Landi.
Il quarto papa che visita Piacenza è Innocenzo II succeduto ad Onorio II il 14 febbraio del 1130. Erano tempi difficili per la Chiesa logorata al vertice da lotte intestine fomentate anche da pressioni esterne.
Cardinale romano (Gregorio de’ Papareschi), fu nominato al mattino in tutta segretezza, ma già nel pomeriggio un gruppo di cardinali dissidenti diede il proprio appoggio a Pietro di Pierleone che divenne papa col nome di Anacleto II.
Era lo scisma. Innocenzo ripara in Francia mentre il suo avversario resta padrone di Roma. A questo punto la cristianità ricorre ad un giudice, l’uomo che allora godeva di indiscusso prestigio, San Bernardo, abate di Clairvaux (Chiaravalle), promulgatore della riforma cistercense e fondatore di diversi monasteri, tra cui Chiaravalle presso Milano. Sotto questa spinta innovatrice nel 1137 prende il via anche il nostro Chiaravalle della Colomba e a dare il benestare è proprio Innocenzo II che da San Bernardo, in base al mandato a lui attribuito, ottiene la legittimazione come vero pontefice.
Anacleto diveniva così antipapa riuscendo a reggersi ugualmente grazie ad alcuni appoggi politici. Innocenzo da parte sua, va alla ricerca di una propria credibilità e comincia subito in Francia ad indire concili per trattare i problemi del momento.
Rientra poi in Italia, sempre accompagnato da San Bernardo (qualche cronista però avanza in merito dei dubbi) e il 10 aprile del 1132 giunge a Piacenza dove si ferma alcuni mesi.
Nella nostra città convoca il terzo concilio del suo pontificato. Vi convengono «moltissimi prelati e laici di varie chiese tanto della Lombardia quanto della provincia di Ravenna e della Marca Inferiore». Di questo convegno mancano i documenti che ci possano assicurare sulle questioni dibattute: si ritiene che abbia condannato l’antipapa Anacleto e che abbia trattato il problema della moralità del clero al fine di «consolidare la titubante chiesa cisalpina».
Nella nostra città si fermò fino al 5 novembre (ovviamente non tutti concordano sulle date) e nello stesso tempo ebbe uno scambio di vedute con il re Lotario: l’incontro si inserisce nella tradizione delle diete imperiali di Roncaglia e in discussione vi è questa volta l’accordo per riportare Roma sotto il legittimo pontefice. Con l’appoggio delle armi germaniche il Papa raggiungerà la sua città, incontrerà Lotario imperatore, ma per lui i problemi resteranno in quanto, nonostante la scomparsa dell’antipapa, continueranno ad essere operanti le forze che si esprimevano in Anacleto. Gli stessi romani, con le loro intemperanze, gli amareggiarono gli ultimi anni di vita che si conclude il 24 settembre 1143.
Durante il suo lungo soggiorno piacentino, concede diversi privilegi e conferisce la nomina a cardinale al prevosto di Sant’Antonino, Azzone, ma il suo atto più importante per la comunità locale – se si vuole accettare la tesi di alcuni cronisti – è certamente la consacrazione della cattedrale alla costruzione della quale si stava lavorando da una decina d’anni. La fondazione del massimo tempio risale all’estate del 1122 per iniziativa del vescovo Aldo che già abbiamo ricordato parlando della prima crociata. Gli studi più recenti individuano tre fasi costruttive: dal 1122 alla metà del secolo XII, una ripresa negli ultimi decenni del secolo ed infine l’ultima fase all’inizio del Duecento.
È la terza cattedrale dopo quella di Sant’Antonino e di Santa Giustina. Quando Innocenzo II ha consacrato la nuova costruzione probabilmente i lavori erano ancora all’inizio e Luigi Tagliaferri nel suo libro ritiene che il pontefice abbia visto solo la cripta.
Fausto Fiorentini – Libertà, Martedì 22 marzo 1988