Papi a Piacenza – Urbano II e il grande concilio (1095)
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Papi a Piacenza – Beato Urbano II e il grande concilio (1095)
Nel 1988, il 4 e il 5 giugno, Piacenza e i Piacentini, per la prima volta da più di un secolo e mezzo, accolsero papa San Giovanni Paolo II, una visita storica per la nostra città e il nostro territorio. Prima di lui, a partire dall’anno Mille, la nostra città aveva ospitato o anche solo accolto durante il loro passaggio altri nove pontefici: Urbano II (1095), Pasquale II (1106), Callisto II (1120), Innocenzo II (1132), Gregorio X (1273 e 1275), fino ad oggi l’unico papa piacentino, Paolo III (1543), Pio VI (1799) e Pio VII (1804, 1805, 1814, 1815). Anche se non ci si sofferma spesso su questo particolare aspetto, ma probabilmente molti, anzi forse quasi tutti, questi pontefici si trovarono a transitare anche per Pontenure, considerata la scarsità delle strade e delle vie di comunicazione di allora…
Ripercorreremo in questa rubrica i vari incontri che i Piacentini hanno avuto con “il vicario del Dolce Cristo in Terra”, attraverso un’interessante serie di articoli del prof. Fausto Fiorentini, docente e giornalista, pubblicati a partire dal 4 marzo 1988 sul quotidiano Libertà. Gli articoli sono tratti dall’Archivio storico del quotidiano liberamente consultabile a questo indirizzo Teche digitali Passerini Landi.
Il primo Papa che venne a Piacenza, almeno per quanto ci può assicurare la storia, è Urbano II, un pontefice che ha legato il proprio nome soprattutto alla prima Crociata, la maggiore. Le imprese dei soldati con la croce, com’è noto, costituiscono un capitolo complesso dell’era cristiana che va ben oltre la dimensione religiosa. È l’Occidente che torna ad aprirsi verso l’Oriente con tutte le conseguenze che a questa scelta seguiranno.
Non è questa la sede per addentrarci in questo problema, ci limitiamo invece a ricordare la parte che in questa fetta di storia ha avuto Piacenza. Eletto al soglio pontificio nel 1088, Urbano II convoca prima nella nostra città e poi a Clermont in Francia il suo primo grande concilio.
Va ricordato che questo Papa, originariamente monaco benedettino, si forma a stretto contatto col movimento riformatore iniziato da Gregorio VII e sostenuto dai religiosi di Cluny. La Chiesa, in questo momento, si dibatte in grosse difficoltà: esiste un antipapa ed inoltre l’imperatore Enrico IV è intenzionato ad affermare la propria egemonia e per fare questo non esita ad usare l’arma della corruzione (investiture, privilegi, ecc.). Non tutto il clero è in grado, d’altra parte, di resistere a tali richiami e nel confronto tra lo spirituale e il terreno, dove spesso il secondo prevale, si inserisce il movimento riformatore che trova in Urbano II un valido sostenitore. Piacenza in un tale processo rappresenta un momento importante anche se gli storici tendono a privilegiare il successivo concilio francese di Clermont dove il discorso si conclude. La base viene però posta nella nostra città.
Il papa, dopo aver trascorso il Natale del 1094 in Toscana, giunge nei mesi successivi sulle sponde del Po dopo aver comunicato ai principi e ai vescovi dell’Europa occidentale che l’appuntamento era nella città padana, «nel mezzo della Lombardia», come dice il Campi, in primavera, per «un general concilio». La preparazione deve essere stata molta attenta, visti i risultati: a Piacenza si danno convegno trentamila laici, quattromila chierici, duecento padri conciliari e dieci cardinali. Nessuna chiesa è in grado di ospitare una tale folla e così si ripiega su una piazza ai bordi dell’abitato, uno spiazzo che verso ponente aveva il primitivo e piccolo tempio di Santa Maria di Campagna (grosso modo l’attuale piazzale delle Crociate ma sui riferimenti alla realtà del tempo è opportuno essere cauti).
Il concilio apre le sue sezioni il 1° marzo e le chiude il 7 successivo; il Papa però resta nella nostra città dal 20 febbraio al 10 aprile e in questo periodo Piacenza è quindi al centro del mondo cattolico. Si tratta di una grande festa di popolo con momenti dedicati alla liturgia, ma anche al governo della Chiesa. Vengono esaminate le questioni della simonia del clero, si parla del matrimonio dei preti e, con l’intervento degli ambasciatori dell’imperatore d’Oriente, si imposta il problema della liberazione del sepolcro di Cristo. Parte da qui la prima vera scintilla che, organizzando precedenti movimenti, a volte confusi, dà unità alla spinta che porterà alla spedizione vera e propria.
In un’assise tanto importante vengono affrontati anche i problemi del momento, tra cui la posizione dello scomunicato Enrico IV; a Piacenza giunge anche la sua prima moglie, Prassede di Russia, appartenente ad un casato di Kiev, che viene a raccontare le umiliazioni a cui l’ha sottoposta il marito. La figura dell’imperatore ne esce ulteriormente indebolita. Tra i personaggi presenti un posto di rilievo è attribuito a Matilde di Canossa.
Piacenza ricorderà a lungo questo avvenimento: importanti, ad esempio, furono le celebrazioni indette nel 1895 dal vescovo Scalabrini per ricordare l’ottavo centenario del grande concilio che, in quei tempi, ebbe un sostenitore anche nel vescovo locale Aldo da Rivergaro.
Fausto Fiorentini – Libertà, Venerdì 4 marzo 1988