Papi a Piacenza – Paolo III, un uomo chiamato Farnese (1538 – 1543)
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Papi a Piacenza – Paolo III, un uomo chiamato Farnese (1538 – 1543)
Ripercorriamo in questa rubrica i vari incontri che i Piacentini hanno avuto con “il vicario del Dolce Cristo in Terra”, attraverso un’interessante serie di articoli del prof. Fausto Fiorentini, docente e giornalista, pubblicati a partire dal 4 marzo 1988 sul quotidiano Libertà. Gli articoli sono tratti dall’Archivio storico del quotidiano liberamente consultabile a questo indirizzo Teche digitali Passerini Landi.
Se esistono gli uomini del destino, per la nostra città uno di questi è stato certamente il papa Paolo III (Alessandro Farnese) che con la creazione dei ducati di Parma e Piacenza ha avviato l’importante capitolo del principato che equivale, in poche parole, all’avvento dello Stato moderno. Le due città padane erano parte dello Stato della Chiesa e il Papa Farnese, alla ricerca di una sistemazione per il figlio Pier Luigi, riesce nel 1545 ad erigerle in ducati per la propria famiglia. Com’è noto la nobiltà locale, appoggiata dai Gonzaga e dall’imperatore, il 10 settembre 1547 uccide il duca in una sala della Cittadella buttandone poi il cadavere nel fossato sottostante. Piacenza conoscerà per qualche anno gli Imperiali, ma poi torneranno i Farnese che guideranno lo Stato fino al 1731, cioè fino all’estinzione quando passeranno la mano ai Borbone.
I piacentini hanno un incontro diretto con Paolo III ancora prima, però, che inizi la fase ducale. Nel 1543, in primavera, il pontefice è nella nostra regione per incontrarsi con l’imperatore Carlo V. Da Bologna, l’8 aprile, giunge nella nostra città. È una domenica e lo accompagnano cardinali, vescovi e prelati. Dopo una sosta di una settimana, la domenica successiva parte alla volta di Castell’Arquato per fare visita a sua figlia Costanza andata sposa ad uno Sforza di Santafiora e madre del cardinale Guidascanio.
«Leggo in alcune memorie manoscritte – scrive il Poggiali – che trattenutosi colà il Papa alquanti giorni, a richiesta della figliuola, celebrò un di privatamente la messa nella chiesa maggiore del luogo», inoltre concedette a quella popolazione «la facoltà di servirsi del sal marino, detto volgarmente sal grosso: che ricolmato dagli stessi (arquatesi) nel partir suo con benedizioni, e auguri di felicità, e lunga vita, pianse con esso loro di tenerezza, e scioltasi dal collo la mantelletta sua, che tutta bagnata era di lacrime, la gittò in mezzo alla turba, ov’era più folta; e che tuttavia conservasi nella sacrestia di essa chiesa quella preziosa spoglia, e mostrasi per rara cosa ai curiosi».
Quella «mantelletta» appartiene tuttora al patrimonio storico – culturale della collegiata arquartese ed è tra i pezzi che mantengono inalterati il loro fascino. Che questo poi sia del tutto vero è difficile dire, lo stesso Poggiali, ad esempio, aveva dubbi sulla durata della permanenza a Castell’Arquato ma ciò non sminuisce il valore dell’avvenimento.
Paolo III era già stato a Piacenza dal 16 aprile al 3 maggio del 1538 – come ricorderà nel prossimo numero della «Vös del Campanon» Emilio Malchiodi – in occasione del suo viaggio da Roma a Nizza. I cronisti ricordano lo sfarzo del suo ingresso in città e il concorso di popolo e di notabili durante le manifestazioni che si tennero nel periodo della sua permanenza in città. Tra il seguito anche il figlio Pier Luigi.
Le vicende piacentine si ricollegano alla componente meno bello di questo grande pontefice, quella dei suoi legami con la famiglia caratterizzati da un marcato nepotismo. D’altra parte tutto il capitolo rappresenta una zona d’ombra nella sua biografia anche se per formulare qualsiasi giudizio è indispensabile calarsi nel clima di forte mondanità rinascimentale che aveva coinvolto nel Cinquecento anche la Curia romana.
Nato nel 1468, dopo una giovinezza dissipata, entrò nella carriera ecclesiastica e a 25 anni era già cardinale. Nel 1503 gli nasce il figlio Pier Luigi, l’anno seguente Paolo. La madre è ignota, forse una nobildonna romana: sarà poi la volta di Ranunzio e della citata Costanza.
Trascorsi gli anni della giovinezza, Alessandro Farnese cambia indirizzo di vita. Viene ordinato sacerdote, diventa vescovo di diverse città tra cui Parma e, ormai forte di un indiscusso prestigio, nel 1534 diventa Papa rivelandosi grande pontefice in momenti particolarmente difficili: interviene nella lotta tra Carlo V e Francesco I, tratta – per la verità con poca fortuna – col re d’Inghilterra Enrico VIII, affronta la riforma protestante avviando il concilio di Trento, riorganizza l’Inquisizione, contribuisce alla nascita di diversi ordini, tra cui i Cappuccini e i Gesuiti, riorganizza il Collegio cardinalizio inserendovi persone di alto prestigio morale e favorisce le arti appoggiando artisti della statura di Michelangelo. Muore a Roma nel 1549 con un bilancio del tutto positivo se escludiamo le amarezze procurategli dalla famiglia.
Fausto Fiorentini – Libertà, Domenica 17 Aprile 1988