A Muradello e Pontenure si celebra Sant’Antonio Abate
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luca T. – 17 Gennaio 2024
Grazie a un vecchio trattato che ha come argomento l’agricoltura apprendiamo che l’annata agricola di una volta, quando il lavoro dei campi era ancora il mestiere più diffuso e la campagna era assai più popolata di quanto non sia oggi, aveva due capisaldi. Essa iniziava il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, e terminava l’11 novembre, festa di San Martino, coinvolgendo in qualche modo due grandi Santi dei primi secoli, un ricco possidente divenuto eremita e un soldato divenuto vescovo. E così, Antonio e Martino, malgrado la diversità delle loro vicende terrene, sono legati in modo singolare dal comune amore per Cristo e per i poveri.
Non è un caso che proprio all’inizio del mese di gennaio, quasi nel cuore dell’inverno, quando segretamente la terra inizia a rinascere, a ridestarsi dopo il gelo e la nebbia, a far maturare nelle sue viscere la primavera, la Chiesa nella sua materna sollecitudine abbia posto alla venerazione dei fedeli la figura di questo santo egiziano vissuto tra il terzo e il quarto secolo dell’era cristiana, Antonio il Grande. Ricco di famiglia, dopo essere rimasto orfano di entrambi i genitori, ascoltando il Vangelo nella sua comunità il giovane Antonio maturò la decisione di vendere tutti i suoi beni ai poveri, affidò la sorella minore a una comunità femminile e iniziò a seguire lo stile di vita radicale che già altri anacoreti praticavano nei deserti vicino alla sua città, vivendo in solitudine, preghiera, povertà e castità. Celebre taumaturgo e intrepido avversario del demonio, Antonio è considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Anche se la vita eremitica era già conosciuta, ad Antonio si deve la nascita di comunità monastiche che sotto la guida di un padre spirituale, abbà, si consacrano totalmente al servizio di Dio, alla preghiera incessante, alla carità fraterna e alla vita comune.
La fama di Antonio però si diffuse in Europa soprattutto nel Medioevo, quando in Francia si costruì un ospedale per i malati di herpes zoster, meglio conosciuto come “fuoco sacro”, un morbo della pelle assai diffuso anche oggi. I malati accorrevano dove erano conservate le reliquie di Antonio per essere guariti e per assisterli si costituì l’ordine ospitaliero degli Antoniani. Essi ebbero dal pontefice la concessione di allevare i maiali, fino ad allora considerati immondi, per ottenere cibo per loro e per i pellegrini e grasso per curare i malati. Così, oltre che per quella malattia della pelle, anche il maiale si associò a Sant’Antonio (difficile vedere il nostro Santo senza il fedele maialino in qualsiasi dipinto o scultura!) e, per estensione, lo stesso avvenne con gli animali domestici e della stalla. Progressivamente tutto il mondo contadino, compresi carri e strumenti di lavoro, si mise sotto la protezione e intercessione di questo così grande Santo.
Ancora oggi, pur in presenza di una agricoltura sempre più tecnologica e specializzata, il culto tributato da contadini e allevatori a Sant’Antonio sembra non conoscere crisi e in campagna poche cascine e stalle sono prive della sua immagine, posta a protezione del bestiame e degli animali domestici. Anche quest’anno la festa del Santo eremita è stata celebrata con la dovuta solennità in alcune delle Parrocchie della nostra Comunità pastorale, seguendo tradizioni forse antiche ma per fortuna ancora ben radicate nel sentire comune della gente.
A Muradello la festa di Sant’Antonio è stata celebrata durante la Santa Messa festiva di domenica 14 gennaio. Come vuole una tradizione che si perde nella notte dei tempi, nel corso della liturgia il celebrante, don Luigi Mosconi, ha benedetto il sale da cucina, precedentemente preparato suddiviso in sacchettini. Fino a qualche decennio fa, il sale era assai prezioso e ricercato: esso serviva, oltre che per insaporire le pietanze, a conservare le carni e i salumi, a purificare e disinfettare le ferite di uomini e animali, ad allontanare gli spiriti maligni. La benedizione del sale ci ricorda che anche noi siamo preziosi, chiamati come siamo dal Vangelo a essere il «sale della terra», e invitati pertanto a invocare il dono della sapienza per testimoniare il Signore con le nostre vite.
Mercoledì 17 gennaio, giorno proprio della memoria del Santo, anche a Pontenure si sono svolte due diverse celebrazioni eucaristiche alle quali hanno partecipato un gran numero di fedeli. Al termine della Sante Messe, a essere benedetto non è stato soltanto il sale, ma anche i tanti piccoli amici che, al guinzaglio o nelle loro gabbiette, affollavano le navate della chiesa. Non erano poi molti in realtà, soprattutto cani, ma anche qualche coniglio. La benedizione impartita dalla Chiesa a queste creature che condividono la nostra vita di ogni giorno ci ricorda che nel disegno del Creatore anche gli animali partecipano alla vicenda umana e con tutto il creato rientrano nel piano dell’universale redenzione. La provvidenza, che abbraccia tutti gli esseri viventi, si avvale anche di questi preziosi e fedeli amici dell’uomo e della loro immagine per simboleggiare i doni della salvezza.
La benedizione del sale a Muradello (domenica 14 gennaio)
La benedizione del sale e degli animali da compagnia a Pontenure (mercoledì 17 gennaio)