Una riflessione quaresimale: Ceneri, un connubio fra vita e tempo
di Redazione Sito ·
di Elletì – 14 Febbraio 2024
Per noi cattolici quello di oggi è un mercoledì assai particolare, il giorno delle Ceneri, che segna l’inizio della Quaresima. Tutti gli anni questo mercoledì così speciale cade più o meno in questo periodo a seconda della domenica di Pasqua, tra l’inizio di febbraio e la metà di marzo. «Lasciatevi riconciliare con Dio! (…) Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza» (2 Corinzi 5,20). «Convertitevi e credete al Vangelo!» (Marco 1,15). Questi gli appelli che attraverso la liturgia risuonano con viva forza in questo giorno così particolare, quasi ad estendere a tutti noi – con la mitezza della verità – l’invito ad accogliere l’azione misericordiosa di Dio, a pentirci dei nostri peccati per ritornare a Lui. Perché solo rinnovando il nostro cuore potremo fare nuova anche la nostra vita.
Si celebra di mercoledì il giorno delle Ceneri, ma poteva anche non essere di mercoledì. È così, cioè di mercoledì, perché molti secoli fa la Chiesa stabilì che non era una buona cosa imporre ai fedeli il digiuno durante il giorno del Signore – ossia la domenica – e che pertanto le domeniche andavano escluse dal computo della Quaresima. Ed ecco così i quaranta giorni, che si concluderanno il mattino del Giovedì Santo, con la celebrazione della Messa crismale che ci introdurrà nei misteri del Triduo e della Pasqua di resurrezione.
Un tempo, oltre alle ceneri, un altro elemento era caratteristico di questo giorno: l’abito di sacco che indossavano i penitenti (che segno portentoso sarebbe al giorno d’oggi, in questa società malata di successo e apparenza!). Oggi questa usanza è scomparsa da tempo, ma sono rimaste le ceneri, perché quelle proprio non possono mancare. Ci vuole un giorno apposta per le Ceneri, come per il Santo Natale e la Pasqua. Perché in effetti ci vuole davvero un giorno, è necessario cioè a noi tutti, per essere posti davanti, senza troppe cerimonie e fronzoli, all’avvertimento che Dio lanciò ad Adamo dopo il peccato originale, quel “polvere sei e in polvere ritornerai”, come ci ricorda il libro della Genesi (3,19).
È un segno antico quella cenere che è stata posta sul nostro capo, un invito pressante alla penitenza e alla conversione da parte di un Dio che mai si stanca di preoccuparsi della salvezza dei suoi figli. La cenere, questa polverina grigia che ci rimanda alle verità ultime, è prodotta dalla combustione, è frutto dell’azione combinata del fuoco e del tempo. Perché è così che la si ottiene: il fuoco, che è vita, calore e luce, quando brucia produce la cenere, e così fa il tempo nel suo scorrere incessante, indifferente alle vite e al perpetuo dimenarsi degli uomini. Vita e tempo, che simbiosi! Il tempo che ci è stato dato altro non è che la vita, e la vita a sua volta è il tempo “particolare” che il Creatore di ogni cosa ci ha concesso di abitare, prima di poter vivere in Lui per sempre.
A ben pensarci, la vita e il tempo non sono forse grigi come la cenere che è scivolata leggera sul nostro capo? Forse sì, entrambi sono grigi, ma di sicuro non tristi. Sono grigi perché ci ricordano l’intima essenza da cui siamo stati tratti dalla mano del Signore ai primordi del tempo, quando il mondo non aveva ancora conosciuto la ribellione a Dio provocata dal serpente antico, e l’uomo la superbia che ne ha provocato la caduta. È dalla polvere che siamo stati tratti, è dal fango che siamo stati impastati… ecco perché è alla polvere e al fango che torneremo, perché è da essi che “siamo stati tratti”. Non sono però tristi vita e tempo, perché ci ricordano che potevamo essere solo fango e invece l’invisibile mano del Creatore ci ha formati a immagine del suo volto e ci ha posti al vertice della Creazione, preparando la nostra redenzione. Come potrebbe essere triste qualcosa che ci ricorda come l’immensità dell’amore di Dio ci ha tratto dal niente per farci suoi figli?
Sono tre i pilastri su cui poggia questo mercoledì, come del resto anche i quaranta giorni che seguiranno: carità fraterna, preghiera e digiuno. Ci ricorda un grande santo e teologo dei primi secoli dell’era cristiana, San Pietro Crisologo: «Tre sono le cose, tre, o fratelli, per cui sta salda la fede, perdura la devozione, resta la virtù: la preghiera, il digiuno, la misericordia. Ciò per cui la preghiera bussa, lo ottiene il digiuno, lo riceve la misericordia. Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia, sono una cosa sola e ricevono vita l’una dall’altra». La ricetta è presto data: non ci resta che tentare di applicarla.