Unzione degli infermi e la Giornata del Malato: un segno di grazia e speranza
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luca T. – 13 Febbraio 2024
Nella giornata di domenica 11 febbraio, oltre alla sesta domenica del Tempo ordinario, la nostra Comunità ha celebrato con particolare solennità la lieta memoria dell’apparizione della Vergine Maria a Lourdes e con essa anche la Giornata mondiale del malato, l’appuntamento annuale con cui la Chiesa, per volere dell’indimenticato e santo pontefice Giovanni Paolo II, offre un segno di vicinanza e particolare attenzione nei confronti di coloro che sono debilitati dai mali del corpo e dello spirito.
I numerosissimi bambini del Catechismo e giovani scout che erano presenti nella nostra chiesa in occasione della Santa Messa hanno così assistito a un rito forse un poco strano per loro, di cui magari ignoravano persino l’esistenza: l’amministrazione comunitaria del sacramento dell’Unzione degli infermi, la stessa che viene impartita agli ammalati con il viatico. Fin dai primordi della Chiesa, ai tempi degli Apostoli, tra i sette sacramenti ve ne è infatti uno – istituito da Cristo stesso – che è destinato in modo speciale a confortare coloro che sono provati dalla malattia e dalla sofferenza.
Una lunga ma ordinata processione di adulti, dopo la proclamazione del Vangelo e l’omelia, si è mossa lentamente per ricevere dal celebrante, il nostro parroco don Mauro Tramelli, l’unzione con l’olio benedetto sulla fronte e sulle mani. Questo sacramento conferisce a chi lo riceve, anche se non gravemente malato o in pericolo di vita (come avveniva un tempo), la grazia di essere particolarmente unito alla Passione di Cristo, e dona il conforto, la pace e il coraggio per sopportare cristianamente le sofferenze della malattia o della vecchiaia.
Già nelle pagine dell’Antico Testamento, possiamo notare come l’uomo sperimenti in occasione della malattia e della morte i propri limiti e allo stesso modo percepisca che esse sono legate, in modo misterioso ma tangibile, al peccato, parola quasi sconosciuta per i cristiani di oggi. Per gli antichi profeti la malattia poteva avere anche un valore redentivo per i peccati propri e altrui.
È però Gesù a dimostrare una particolare vicinanza nei confronti degli ammalati: le numerose guarigioni da lui compiute, e attestate dai Vangeli, sono un segno evidente che con la sua venuta è finalmente giunto il Messia a portare a compimento il Regno di Dio, e con esso ad annunciare la vittoria sul peccato, il dolore, la morte e la sofferenza. Non farà forse notare Gesù ai discepoli del Battista venuti ad interrogarlo che «i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella» (Matteo 11,5)?
È proprio con la sua passione e la sua morte di croce che Cristo conferisce un nuovo senso alla sofferenza dell’uomo, la quale, se unita intimamente alla sua, può persino diventare fonte di purificazione e salvezza per noi e per gli altri. Grandi Santi lo testimoniano, come Padre Pio, che prima ancora di ricevere le stigmate visibili ad occhio nudo scriveva: «Credete (…) che delle sofferenze me ne fo una felicità. Gesù stesso vuole le mie sofferenze; ne ha bisogno per le anime».
Durante la celebrazione eucaristica, come pure nelle altre Sante Messe festive, la nostra Comunità ha pregato poi con particolare partecipazione per tutti coloro che sono malati e per quanti li assistono e alleviano il loro dolore e le loro sofferenze quotidiane (medici, infermieri e operatori sanitari), ma anche per chi, come i ministri straordinari dell’Eucarestia, si interessa di loro in modo particolare, dando così un segno tangibile della vicinanza di tutta la Comunità parrocchiale alla loro infermità.
Come ha ricordato di recente papa Francesco nel suo messaggio annuale dedicato a questa circostanza, «Gli ammalati, i fragili, i poveri sono nel cuore della Chiesa e devono essere anche al centro delle nostre attenzioni umane e premure pastorali. Non dimentichiamolo! E affidiamoci a Maria Santissima, Salute degli infermi, perché interceda per noi e ci aiuti ad essere artigiani di vicinanza e di relazioni fraterne». È questo un impegno che ciascuno di noi può e deve assumere: il Signore gliene renderà certamente merito.