La Chiesa vive dell’Eucarestia, una meditazione di San Giovanni Paolo II per il Giovedì Santo
di Redazione Sito ·
a cura di Luca T. – 28 Marzo 2024
Il Giovedì Santo segna un momento culminante nella Settimana Santa, poiché ci addentriamo nel cuore della Passione di Cristo attraverso l’istituzione dell’Eucaristia e il tradimento di Giuda.
Questa giornata straordinaria ci invita a contemplare il mistero profondo dell’amore divino espresso nell’atto sacrificale di Gesù.
L’Istituzione dell’Eucaristia durante l’Ultima Cena sottolinea la centralità del sacramento nella vita cristiana. Gesù prende il pane, lo benedice e dice ai suoi discepoli: “Questo è il mio corpo”. Successivamente, prende il calice e afferma: “Questo è il mio sangue”.
Questi gesti diventano il cuore della celebrazione eucaristica, un atto di comunione che ci unisce a Cristo in modo intimo e profondo.
Meditiamo assieme con alcuni brani tratti dall’enciclica Ecclesia de Eucharestia, la sedicisima e l’ultima delle encicliche scritte dal Santo pontefice Giovanni Paolo II che tratta proprio di questo sacramento e della centralità di questo mistero da cui nasce e si edifica la Chiesa.
Dalla Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II (cfr. nn. 1-6).
La Chiesa vive dell’Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un’intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza.
«Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini». Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell’Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore.
Il Cenacolo è il luogo dell’istituzione di questo santissimo Sacramento. È lì che Cristo prese nelle sue mani il pane, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi » (cfr. Mt 26,26; Lc 22,19; 1 Cor 11,24). Poi prese nelle sue mani il calice del vino e disse loro: «Prendete, e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati» (cfr. Mc 14,24; Lc 22,20; 1 Cor 11,25).
Dal mistero pasquale nasce la Chiesa. Proprio per questo l’Eucaristia, che del mistero pasquale è il sacramento per eccellenza, si pone al centro della vita ecclesiale. Lo si vede fin dalle prime immagini della Chiesa, che ci offrono gli Atti degli Apostoli: «Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere» (2,42). Nella «frazione del pane» è evocata l’Eucaristia. Dopo duemila anni continuiamo a realizzare quell’immagine primigenia della Chiesa. E mentre lo facciamo nella Celebrazione eucaristica, gli occhi dell’anima sono ricondotti al Triduo pasquale: a ciò che si svolse la sera del Giovedì Santo, durante l’Ultima Cena, e dopo di essa. L’istituzione dell’Eucaristia infatti anticipava sacramentalmente gli eventi che di lì a poco si sarebbero realizzati, a partire dall’agonia del Getsemani. Rivediamo Gesù che esce dal Cenacolo, scende con i discepoli per attraversare il torrente Cedron e giungere all’Orto degli Ulivi. In quell’Orto vi sono ancor oggi alcuni alberi di ulivo molto antichi. Forse furono testimoni di quanto avvenne alla loro ombra quella sera, quando Cristo in preghiera provò un’angoscia mortale «e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra» (Lc 22,44). Il sangue, che aveva poco prima consegnato alla Chiesa come bevanda di salvezza nel Sacramento eucaristico, cominciava ad essere versato; la sua effusione si sarebbe poi compiuta sul Golgota, divenendo lo strumento della nostra redenzione: «Cristo […] venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, […], entrò una volta per sempre nel santuario non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue, dopo averci ottenuto una redenzione eterna» (Eb 9,11- 12).
L’ora della nostra redenzione. Pur immensamente provato, Gesù non fugge davanti alla sua «ora»: «E che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!» (Gv 12,27). Egli desidera che i discepoli gli facciano compagnia, e deve invece sperimentare la solitudine e l’abbandono: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione» (Mt 26,40-41). Solo Giovanni rimarrà sotto la Croce, accanto a Maria e alle pie donne. L’agonia nel Getsemani è stata l’introduzione all’agonia della Croce del Venerdì Santo. L’ora santa, l’ora della redenzione del mondo.
«Mysterium fidei! – Mistero della fede!». Quando il sacerdote pronuncia o canta queste parole, i presenti acclamano: « Annunziamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta».
In queste o simili parole la Chiesa, mentre addita il Cristo nel mistero della sua Passione, rivela anche il suo proprio mistero: Ecclesia de Eucharistia. Se con il dono dello Spirito Santo a Pentecoste la Chiesa viene alla luce e si incammina per le strade del mondo, un momento decisivo della sua formazione è certamente l’istituzione dell’Eucaristia nel Cenacolo. Il suo fondamento e la sua scaturigine è l’intero Triduum paschale, ma questo è come raccolto, anticipato, e «concentrato» per sempre nel dono eucaristico. In questo dono Gesù Cristo consegnava alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso istituiva una misteriosa «contemporaneità» tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli.
Questo pensiero ci porta a sentimenti di grande e grato stupore. C’è, nell’evento pasquale e nell’Eucaristia che lo attualizza nei secoli, una «capienza» davvero enorme, nella quale l’intera storia è contenuta, come destinataria della grazia della redenzione. Questo stupore deve invadere sempre la Chiesa raccolta nella Celebrazione eucaristica.
La Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L’Eucaristia è mistero di fede, e insieme «mistero di luce». Ogni volta che la Chiesa la celebra, i fedeli possono rivivere in qualche modo l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: «Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero» (Lc 24,31).