Solennità del Corpus Domini: l’Eucaristia, mistero d’Amore
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luciano Casolini – 30 Maggio 2024
“Sebbene l’Eucaristia ogni giorno venga solennemente celebrata, riteniamo giusto che, almeno una volta l’anno, se ne faccia più onorata e solenne memoria. Le altre cose infatti di cui facciamo memoria, noi le afferriamo con lo spirito e con la mente, ma non otteniamo per questo la loro reale presenza.Invece, in questa sacramentale commemorazione del Cristo, anche se sotto altra forma, Gesù Cristo è presente con noi nella propria sostanza.”
Quanto sopra enunciato, è tratto dalla Bolla “Transiturus de hoc mundo” di Papa Urbano IV resa pubblica il 11 agosto 1264, a Orvieto, con la quale viene istituita la solennità del Corpus et Sanguis Domini.
Già arcidiacono a Liegi, ebbe certamente modo di conoscere le visioni mistiche della beata Giuliana di Mont Cornillon, in una delle quali ella ricevette dal Cristo l’ incarico di sanare il vulnus esistente nella Chiesa universale, nella quale non trovava luogo e tempo la solennità che celebrasse degnamente il mistero del Corpo e del Sangue del divino Redentore.
Inoltre, papa Urbano IV, trovandosi a Orvieto, ebbe modo di adorare il corporale macchiato dal sangue sgorgato dall’Ostia consacrata del miracolo di Bolsena. Questi due accadimenti lo convinsero alla istituzione della solennità del Corpus et Sanguis Domini nel 1264 che il suo successore Giovanni XXII estese a tutta la Chiesa nel 1317.
Se nella Solennità del Giovedì Santo la Chiesa guarda all’Istituzione dell’Eucaristia, scrutando il mistero di Cristo che ci amò sino alla fine donando se stesso in cibo e sigillando il nuovo Patto nel suo Sangue, nel giorno del Corpus Domini l’attenzione si sposta sulla relazione esistente fra Eucaristia e Chiesa, fra il Corpo del Signore e il suo Corpo Mistico. Si potrebbe affermare che il Giovedì Santo si prolunga, attraverso la Pasqua e la Pentecoste fino al giovedì della solennità del Corpo e del Sangue del Signore.
È vero che la solennità sopra citata, ci mette davanti al Mistero più profondo e imperscrutabile, a qualcosa di così assoluto e perfetto che il nostro intelletto non puó esserci di supporto.
Già l’evangelista Giovanni, nel capitolo sesto del suo vangelo, ci racconta dello stupore degli ebrei che, dopo essere stati sfamati con i pani moltiplicati da Gesù, Gli chiesero di avere per sempre con loro il dono di quel pane. Di fronte alla risposta di Gesù “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà mai più sete“ essi rimangono stupiti, poiché esiste un pane di Dio, e questo è una persona!
Certo è che non fu comprensibile e facile per quelle persone accostarsi a quella Verità, assimilare con convinzione che Gesù non era in mezzo a loro per sedurli e risolvere i loro problemi primari temporali, per soddisfare la loro sete di prodigi miracolosi ma Gesù,attraverso il Suo Corpo, offrì a loro e offre a noi il cibo che sazia la fame eterna.
Gesù, amandoci d’amore infinito, dopo la sua morte volle restare vivo e vero in mezzo a noi nello stato eucaristico. È l’Emmanuele, cioè Iddio con noi. Lo possiamo visitare, incontrare e contemplare sotto le Specie Eucaristiche, anzi possiamo nutrirci di Lui stesso per mezzo della Santa Comunione.
Come alla vita del corpo con la nascita e la crescita occorre anche l’alimento per conservarsi in vita, così per la vita spirituale è necessario il nutrimento con quello che il primo dei Sacramenti, il dono più alto della Santa Trinità, quel pezzo di pane in cui Dio si fa presente nella storia è vivo e vero un messaggio universale, che unisce i “grandi” e gli ultimi della Terra: siamo tutti amati allo stesso modo.
Ma spesso per noi l’idea che il nostro Dio, per eccesso di amore, si è fatto pane che mangiamo e vino che beviamo è diventata una cosa normale e quasi ovvia. Ridotta, alcune volte, a un rito cui si assiste, quindi puó capitare, anche a noi, di accostarci al Mistero eucaristico, con superficialità, in modo abitudinario, oppure con la pretesa di capire e spiegare razionalmente ciò che trascende i sensi, che non vediamo e non comprendiamo e che può essere accettato solo con e per fede, come ben ci ricorda San Tommaso d’ Aquino.
Il Mistero incomprensibile, frutto dell’Amore gratuito di Dio incarnato nella nostra fragile natura, che dovrebbe suscitare in ognuno meraviglia, stupore, gioia, come un qualcosa che trascende e va oltre ma che nell’umiltà e semplicità si fa accessibile a tutti.
San Giovanni Maria Vianney, vedendo che tutti i giorni un uomo, seduto all’ultima panca della chiesa, fissava il tabernacolo senza recitare preghiere, gli chiese che senso avesse quel comportamento; l’uomo rispose: “Signor parroco io guardo Lui e Lui guarda me“. Il santo Curato d’Ars descrisse quella affermazione come uno tra i più alti segni di fede e di preghiera.