Alla scoperta dei Miracoli eucaristici: Bagno di Romagna (1412)
di Redazione Sito ·
di Luciano Casolini – 08 Agosto 2024
Continua il viaggio alla scoperta di alcuni dei numerosi miracoli eucaristici avvenuti nel nostro Paese. Questo sesto episodio della nostra rubrica è dedicato al miracolo avvenuto nel 1412 a Bagno di Romagna (Forlì-Cesena). Clicca qui per recuperare le puntate precedenti.
6. Il Miracolo eucaristico di Bagno di Romagna (1412)
Con un balzo nel tempo di 178 anni ci spostiamo a Bagno di Romagna nel forlivese, dove, nel 1412, ha luogo il miracolo Eucaristico di cui andremo a scrivere.
Siamo ormai quasi al termine del basso medioevo, e i poteri papale e imperiale iniziano, in modo lento ma inesorabile, a decadere. Questo è determinato dalla progressiva affermazione degli stati nazionali, da nuovi ceti sociali, dalla consapevolezza che l’individuo ha una importanza maggiore gettando le basi per la nuova epoca umanistica-rinascimentale.
In particolare la Chiesa, da circa 30 anni, ha chiuso la dolorosa parentesi della “cattività avignonese” con il rientro di papa Gregorio XI a Roma, ma è alle prese con lo scisma di occidente.
Una fase dolente per la Chiesa di occidente, nella quale due e, addirittura, anche tre pontefici rivendicarono contemporaneamente la propria legittimità. Un periodo triste, nel quale, la preghiera di Gesù al Padre “affinché tutti siano una cosa sola”, di cui scrive Giovanni al capitolo 17 del suo Vangelo, è completamente disattesa e ignorata.
Ebbene, a Bagno di Romagna, un monaco camaldolese di nome Lazzaro, come altre volte, sta celebrando la messa e, al momento della Consacrazione, viene assalito dal dubbio che quanto sta officiando possa veramente e indissolubilmente trasformare il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo.
Il dubbio, questo compagno indesiderato che tante volte accompagna il nostro cammino, le nostre scelte, che può attaccarsi, come un tarlo, anche alla nostra fede e che in modo subdolo, piano piano, penetra, condiziona e mette in crisi la Parola e l’annuncio che il Cristo Redentore ci ha lasciato in eredità.
Come Pietro da Praga a Bolsena, anche Lazzaro, forse consapevole della sua debolezza, della sua povertà, della sua indegnità, era stato preda di quel dubbio, di quell’ombra, di quel momento di titubanza e, cosí, pronunciate le parole della Consacrazione, la Divina Potestà squarciò la foschia del suo cuore. Pertanto, accadde che il vino consacrato cominciò a ribollire dentro il calice, a salirvi fino all’ orlo, poi a tracimare, a traboccare e a scorrere sul candido corporale fino a macchiarlo e a impregnarlo in modo indelebile.
L’abate Benedetto Tenacci, sul finire del XV secolo, trascrisse la descrizione del fatto nel suo cosiddetto Diario e annotò che il priore Lazzaro vide il calice vuoto e il Corporale imperlato di rosso sangue.
Il Sangue aveva preso vita, il Sangue era vivo perché è la Sua stessa natura intrinseca, e non poteva essere altrimenti, perché apparteneva al Creatore e al Signore della vita.
Va detto, a onor di cronaca, che il vescovo diocesano monsignor Domenico Bornigia, nel 1958, autorizzò le analisi chimiche sulle otto macchie di sangue, che confermarono la loro natura ematica. Il Sacro Corporale fu ed è esposto nella Cappella del Sacro Cuore della chiesa di Santa Maria Assunta a Bagno di Romagna ed è vero e santo Segno indelebile e indefettibile dello sconfinato amore di Dio.