Ignorati o dimenticati: i Novissimi, questi (quasi) sconosciuti
di Redazione Sito ·
di Elletì – 09 Novembre 2024
«Chi ha più sentito parlare dei Novissimi? Esatto i Novissimi, questi sconosciuti, ossia quello di cui non si parla più. Cose da relegare nelle soffitte della Chiesa insieme al catechismo e ai dogmi, e magari da rinchiudere in qualche baule penserà qualcuno… in effetti non sono poi molto conosciuti tra i Cattolici (anche praticanti) questi Novissimi e – se possibile – sono anche meno popolari. Eppure, i Novissimi (letteralmente “le cose ultime”) riguardano ogni uomo, nessuno escluso, e altro non fanno che ricordarci le cose che accadranno, “in modo naturale”, ad ogni essere umano alla fine della vita terrena: la morte, il giudizio finale e il destino eterno dell’anima.
Da sempre la Chiesa medita e riflette su queste verità (Morte, Giudizio, Inferno, Paradiso), soprattutto nel mese di novembre, tradizionalmente dedicato al suffragio dei fedeli defunti. La morte è ormai quasi un argomento tabù nel mondo di oggi. Quella che San Francesco definiva Sorella Morte, è rifiutata dai più quasi con fastidio, ignorata dagli altri, mentre ci si culla nella falsa illusione di vivere in eterno in una spensieratezza che induce a non pensare. In pochi credono nel Giudizio perché – in fondo – Dio è infinitamente buono e tanto perdona tutti, poco importa se si siano convertiti o meno, per tacere poi dell’inferno, ridotto da alcuni quasi a una triste favoletta degna del Medioevo, mentre al Paradiso si crede ancora tutto sommato, perché in effetti fa comodo crederci, perchè dona un po’ di serenità…
Non stupisce perciò che “le cose ultime” siano state progressivamente dimenticate anche da molti cristiani, sebbene essi siano chiamati ad essere “nel mondo ma non del mondo” per viverlo e (soprattutto) vincerlo come lo hanno vissuto e vinto i Santi. Resta al credente la certezza che a chi muore la vita non è tolta ma trasformata, la promessa della resurrezione e della visione beata di Dio nella Gerusalemme del Cielo, quando il Signore tornerà nella gloria per giudicare ogni creatura. La morte non è la fine, non è soprattutto il fine ultimo della vita. La morte è il compimento del nostro cammino, il ricongiungimento con il Padre, il coronamento dell’esistenza, come ci ricorda l’apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi: «Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno» (Filippesi 1,21).
L’avere accantonato i Novissimi nel dimenticatoio, per cedere il posto ad una illusione di vita, ha fatto cadere nell’inganno l’uomo moderno confondendogli le idee, i sentimenti, il senso della vita e la certezza della vita eterna. In una società come la nostra, sempre più atea, consumistica e materialista, ci si interessa ormai solo a ciò che riguarda l’immanente (proprio all’uomo) e si dimenticano invece con facilità le realtà trascendenti (proprie di Dio), che sono eterne. Eppure la morte fa parte della vita, e non sappiamo – come ci ricorda la parabola delle Vergine prudenti – quando avverrà per ciascuno di noi l’incontro con il Signore che viene. Certamente però Egli certamente verrà, «come in un batter di ciglio, come il lampo che guizza da un estremo dell’altro del cielo», ci ricorda il Preconio ambrosiano. Scriveva, con intuizione profetica, il grande poeta inglese T.S. Elliot qualche anno or sono:
«Perché gli uomini dovrebbero amare la Chiesa? Perché dovrebbero amare le sue leggi? / Essa ricorda loro la Vita e la Morte, e tutto ciò che vorrebbero scordare. / È gentile dove sarebbero duri, e dura dove essi vorrebbero essere teneri. / Ricorda loro il Male e il Peccato, e altri fatti spiacevoli. / Essi cercano sempre d’evadere / Dal buio esterno e interiore / Sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono».