Un nuovo anno si apre, un tempo donato da vivere nella grazia per gustare l’eternità
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
A cura di Redazione Sito parrocchiale – 04 Gennaio 2025
Ci ricorda il salmista: “L’uomo: come l’erba sono i suoi giorni! Come un fiore di campo, così egli fiorisce. Se un vento lo investe, non è più, né più lo riconosce la sua dimora. Ma l’amore del Signore è da sempre” (Salmo 103,15-16). E così in effetti deve apparire, a Colui che è eterno e che era prima del tempo e prima di ogni cosa, la vita dell’uomo, sua creatura. È Lui, il Sommo Creatore, ad aver creato il tempo separando al principio dei giorni la luce dalle tenebre e accendendo nel cielo il sole e la luna, i due astri maggiori che scandiscono il passare delle stagioni.
La visione cristiana del tempo è in effetti una delle più grandi novità della storia. Il tempo prima di Cristo altro non è che un ripetersi all’infinito di cicli o di età, come ci insegna anche la mitologia, in cui la singola persona è annullata, imprigionata dallo schematico susseguirsi delle ere. Il passare degli anni era misurato dapprima con le Olimpiadi, poi con il nome dei consoli di Roma, ma non cambiava l’impostazione. Nelle dottrine orientali, invece, il tempo è un riproporsi di reincarnazioni, in cui non vi è alcuno spazio per l’unicità della persona, e quindi del suo specifico e irripetibile vissuto.
La concezione cristiana del tempo non è ciclica ma lineare. Il cristiano sa assai bene che il tempo è un dono di Dio ed è unico, irripetibile: un solo tempo, ci è dato, una sola vita, non ve ne saranno altre. Il tempo cristiano, soprattutto, è stato invaso, sconvolto, redento dall’eternità, tramite l’Incarnazione del Verbo che ha abitato la nostra natura e il nostro tempo, che è nato nella storia portandola al sommo e perfetto compimento. «Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste», ci ha ricordato di recente, il giorno di Natale, il Prologo del Vangelo di Giovanni. Per questo il cristiano sa bene che ogni tempo, ogni istante, ogni attimo presente di tempo, è preziosa preparazione dell’eternità futura.
Un famoso scrittore francese, convertitosi dal socialismo al cattolicesimo, Charles Peguy, vedeva nella “riabilitazione del temporale” il cuore del cristianesimo; vedeva nell’Incarnazione null’altro che la volontà dell’Eterno di salvare il mondo, il tempo, la storia, entrandoci dentro, assumendolo sino in fondo. Scriveva Peguy che il cuore della fede, della fiducia dei credenti, sta nel “coinvolgimento del temporale nell’eterno e dell’eterno nel temporale”. Perché “tolto il coinvolgimento non c’è più nulla. Non c’è più un mondo da salvare. Non c’è più alcun cristianesimo. Non c’è più redenzione, né incarnazione e neanche creazione. Ci sono solo cocci senza nome, materiali senza forma, calcinacci e rovine; rovine informi, cumuli e macerie, mucchi e affastellamenti; scompigli, disastri…”.
Ci ricorda invece Romano Guardini, grande teologo del secolo scorso che fu uno dei maestri di Benedetto XVI: “Il tempo è il grembo in cui Dio genera la nostra santità“. In questa profonda intuizione di Guardini si svela il mistero del tempo come luogo teologico. Come Maria offrì il suo grembo verginale per l’Incarnazione del Verbo, così il tempo diventa lo spazio sacro in cui Dio plasma la nostra conformazione a Cristo. Anche San Massimo il Confessore insegna: “Il tempo non è una semplice successione di istanti, ma il sacramento della nostra divinizzazione“. Ogni momento porta in sé una possibilità di grazia, ogni istante è gravido di eternità.
Sant’Agostino, nelle “Confessioni”, contempla: “Il tempo è la pazienza di Dio che ci attende, è la sua pedagogia che ci trasforma“. Come un artista, Dio usa il tempo per scolpire in noi l’immagine del suo Figlio. Un altro grande teologo, Von Balthasar, approfondisce: “Il tempo cristiano non è circolare né lineare, ma sponsale: è l’incontro tra l’eterno che si dona e il finito che si lascia fecondare“. Ogni istante diventa così un’epifania dell’amore trasformante di Dio.
Come Maria ha vissuto il tempo dell’attesa nella fede, così anche noi siamo chiamati a vivere il tempo come gestazione della grazia, come spazio sacro dove l’eterno penetra il finito e lo trasfigura. Il tempo diviene così non più un nemico mortale che divora insaziabile gli esseri e le cose, come l’acqua che scava implacabile la roccia, ma piuttosto un amico capace di generare, non più una successione sterile di istanti, ma infiniti momenti di eternità.