Don Tonino Bello: i 90 anni della nascita del vescovo messaggero di pace
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luciano Casolini – 18 Marzo 2025
Ricorre oggi 18 marzo il novantesimo anniversario della nascita di mons. Antonio Bello, da tutti conosciuto come don Tonino. Ordinato presbitero nel 1957, svolse il suo ministero sacerdotale nella diocesi salentina di Ugento, finché nel 1982 fu nominato e ordinato vescovo di Molfetta, Giovinazzo,Terlizzi e Ruvo.
Già dall’inizio, il suo ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che egli considerava segni di potere (per questa ragione continuò a farsi chiamare semplicemente don Tonino) e da una costante attenzione agli ultimi: volle fortemente che ogni parrocchia della sua diocesi ospitasse una Caritas, promosse la costituzione di comunità di sostegno per tossicodipendenti, ospitandoli anche in episcopio, che fu lasciato aperto anche durante le ore notturne per accogliere chiunque avesse bisogno.
Il motto episcopale che scelse, dal salmo 34, Audiant et laetentur, ossia, Ascoltino i poveri e si rallegrino, lasciava intendere chiaramente la scelta di campo che don Tonino aveva operato in favore dei poveri, dei bisognosi e degli ultimi.
Profeta ispirato dallo Spirito Santo, pose le fondamenta per quella Chiesa in uscita, che sarà tanto cara a un suo quasi coetaneo gesuita, che in quel periodo svolgeva il suo ministero sacerdotale a Buenos Aires. Un impegno profondo e concreto che gli fece coniare la definizione di “Chiesa del grembiule“ per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell’emarginazione.
Don Tonino testimoniò non la teoria della vicinanza ai poveri, ma lo stare loro vicino, come aveva fatto Gesù. Ma l’ulteriore salto di qualità di don Tonino si ebbe nel 1985, allorquando fu nominato responsabile, succedendo a mons. Bettazzi, di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace. Fu l’ artefice di un pacifismo vero e profondamente cristiano, intervenendo concretamente contro le basi militari del sud Italia, contro la guerra del Golfo, tanto da attirarsi l’accusa di istigazione alla diserzione.
Un pacifismo, oserei dire, militante, con alle spalle una profonda conoscenza del valore universale della fratellanza, della tolleranza e della accoglienza inclusiva. Una ricerca instancabile della pace come vera armonia tra esseri creati a somiglianza di Dio, scevra di discorsi da salotto, di frasi fatte, di comportamenti incoerenti.
Non stava con le mani in mano: si dava da fare in ogni luogo per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, affermò che “la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra”. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si costruisce la comunione.
Il culmine di questo impegno, don Tonino lo raggiunse il giorno 11 dicembre 1992 a Sarajevo, dove, già gravemente ammalato, giunse insieme a 500 volontari, pellegrino di pace in quella città martoriata da una guerra fratricida determinata dal disfacimento della ex repubblica federale di Jugoslavia.
Quel gesuita di Buenos Aires, nel frattempo eletto al soglio di Pietro, il 20 aprile 2018 rese omaggio a don Tonino, pregando sulla sua tomba ad Alessano, e il 25 novembre 2021 lo dichiarò Venerabile spalancandogli le porte della santità.
