San Giuseppe, il padre nell’ombra che coltivò l’umiltà
di Redazione Sito ·
di Luciano Casolini- 19 Marzo 2025
Così scrisse, nella sua Autobiografia, Santa Teresa d’Avila, grande mistica e riformatrice del Carmelo. È difficile dubitarne, considerando che San Giuseppe fu la persona più vicina a Gesù, in quanto Suo padre putativo, e a Maria, in quanto Suo sposo.
Eppure… eppure quella di san Giuseppe, «patrono della Chiesa», la cui festa si celebra il 19 marzo, è una figura che la Chiesa stessa ha «scoperto» con una certa lentezza. Non si trova traccia del suo culto nei calendari liturgici o nei martirologi prima del IX secolo. In Occidente il culto appare ufficialmente nell’XI secolo: un oratorio gli viene dedicato nella cattedrale di Parma (anno 1074) e una chiesa viene costruita in suo onore a Bologna (1129).
Verso la fine del XIV secolo si diffonde la festa del 19 marzo dedicata al santo, che diventa di precetto nel 1621 per decisione di Gregorio XV. È nel 1870 che Pio IX proclama san Giuseppe patrono della Chiesa universale e l’anno successivo gli riconosce il diritto a un culto superiore a quello di tutti gli altri santi.
È stato infine Papa Francesco, con un decreto della Congregazione del Culto Sivino datato 1° maggio 2013, a inserire la menzione di San Giuseppe nel canone della messa, nella preghiera eucaristica, subito dopo il nome di Maria e prima di quello degli apostoli.
A onor del vero, già Origene, uno dei maggiori teologi cristiani dei primi tre secoli, ebbe a esaltare la figura di san Giuseppe, definendolo come «l’ordinamento della nascita del Signore». E per San Bernardo la lode più esplicita di Giuseppe la si trova in tutti e quattro i vangeli, nei quali, Gesù è chiamato “figlio di Giuseppe”.
E, ancora, lo stesso San Bernardo afferma che Dio, a motivo dell’umiltà di san Giuseppe, ebbe a elevarlo alla dignità di sposo di Lei e quindi di padre putativo del medesimo figliolo di Dio. San Giuseppe abbondò di un torrente di grazia, in proporzione alla pienezza, di cui fu ricolma Maria.
Un singolare privilegio, ma anche una grande responsabilità, alla quale San Giuseppe non si sottrasse, neppure di fronte ai momenti più indecifrabili e duri da comprendere, quali la scoperta della gravidanza di Maria, la fuga in Egitto, la profezia di Simeone, lo smarrimento di Gesù nel tempio.
Viene da chiedersi, come l’uomo Giuseppe metabolizzò nel suo io quegli avvenimenti così straordinari, che avrebbero potuto schiacciare e mettere in fuga chiunque. Con quanti e quali dubbi, interrogativi, momenti di perplessità, di sorpresa dovette affrontare e combattere il santo falegname di Nazareth.
E allora è bene osservare un momento, a mio parere significativo, della vita di Giuseppe, ovvero l’apparizione dell’ angelo nel sogno, come è scritto nel vangelo di Matteo 1, 20. “Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati»“.
È lo stesso evangelista che conferisce a San Giuseppe l’appellativo di giusto, ossia colui che esegue e mette in atto, senza tentennamenti, interpretando il linguaggio onirico come messaggio di Dio. Maria ha il dono di vivere il momento dell’Annunciazione, colloquiando con l’angelo nello stupore e nel timore, Giuseppe sogna e dà il suo sì definitivamente, senza tentennamenti, nel suo stile di un uomo taciturno, del quale gli Evangelisti non menzionano nemmeno la pronuncia di una parola.
Avrebbe potuto, da uomo giusto, secondo la Legge allora vigente, ripudiare Maria, e infatti in un primo momento pensò di farlo segretamente, invece, la accoglie, la prende in sposa, avendo il coraggio di assumere la paternità legale di Gesù. Infatti il suo matrimonio onora e dà dignità alla maternità di Maria, in un’epoca nella quale sarebbe stato inconcepibile una gravidanza al di fuori del legame nuziale, ma, contestualmente, garantisce l’inserimento nella genealogia di Davide a Gesù, il quale, pertanto, indicato come figlio adottivo di Giuseppe, è perciò erede legale del trono di Giudea.
Ma nei sogni, Giuseppe, pur dibattuto tra pensieri così contrastanti, prega, riflette con calma, e frattanto rimane in silenzio nella fiduciosa attesa degli eventi, ossia non rimane passivo ma assurge a una nuova dignità, e, pertanto “ascolta”, si fida e si affida, poi “decide”, “si mette all’opera”; decisioni difficili, che implicano anche rischi enormi, ma che egli affronta e svolge obbedendo, perché appunto “uomo giusto”. E non sarebbe potuto essere altrimenti in quanto fu chiamato a custodire Gesù, il giusto dei giusti e a custodire Maria specchio di giustizia.
Ma anche nelle occasioni della sua vita quotidiana, San Giuseppe visse come rapito, in ammirazione delle virtù di Maria sua sposa, e la Vergine conobbe i tesori di grazia che Iddio aveva versato nell’anima di Giuseppe, vivendo la sua vicinanza come corrispondenza alla Sua grazia, e, ogni giorno, concependo per lui stima ed affetto maggiore.
Ma, umanamente, al santo, probabilmente, non mancarono momenti di titubanza, di interrogativi, nei quali i dubbi sembrano riaffiorare, e, tuttavia, egli continuò a svolgere responsabilmente il suo lavoro per mantenere la sua famiglia, educando e accudendo con affetto quel Figlio docile ma misterioso, dall’aspetto comune a tanti altri coetanei, ma dalle qualità incomprensibili, venuto al mondo in quel modo sovrannaturale e divino.
Qui sta, l’essenza della perfezione: nell’affidarsi senza indugio alla divina chiamata e nel corrispondervi fedelmente; nel vivere ogni passo in conformità con il divino volere, nel rinnegare la volontà propria e lasciarsi condurre dall’adorabile e amabilissima volontà di Dio, anche nelle cose più difficili, seguendo la volontà di un Padre buono e onnipotente.
È colui che che ha avuto il singolare privilegio di servire direttamente Gesù e di preparare la sua missione, ossia la sua opera salvifica, esercitando in modo encomiabile la sua paternità, crescendo, proteggendo, accudendo il suo figlio. Il servizio al Dio fatto uomo, che Giuseppe ha operato con la sua sposa Maria, pur nella difficoltà di aderire fino in fondo al Mistero dell’ Incarnazione, è la prova tangibile di come egli cooperi, nella pienezza dei tempi, al grande mistero della redenzione.
Ecco perché la figura di San Giuseppe è ben sintetizzata dalle parole che papa Francesco ha scritto nella lettera apostolica “Patris corde” in occasione del centocinquantesimo anniversario della proclamazione del santo, da parte di papa Pio IX, quale patrono della Chiesa universale:
Padre nella tenerezza
Padre nell’obbedienza
Padre nell’accoglienza
Padre dal coraggio creativo
Padre lavoratore
Padre nell’ombra
Appellativi che danno il senso della grandezza di un uomo che coltivò l’umiltà, quel bene sommo che unisce Dio all’uomo e l’uomo a Dio, e che, per questa sua virtù, ebbe il singolare dono da Dio di essere padre del Redentore e sposo della Sua Madre.
