“O dei miracoli inclito Santo…”: dieci curiosità sul Santo di Padova
di Redazione Sito ·
a cura di Luca T. – 13 Giugno 2024
Sant’Antonio da Padova, uno dei santi più venerati nel mondo cattolico, è celebrato dalla Chiesa il 13 giugno di ogni anno. Conosciuto come il “Santo dei Miracoli”, la sua vita e le sue opere continuano a ispirare milioni di fedeli. Scopriamo assieme dieci curiosità poco note su questo Santo ancora oggi così amato e invocato.
#1 Antonio non era il suo nome di battesimo. E non era di Padova.
È infatti a Lisbona, in Portogallo, che Antonio nacque nel 1195, in una famiglia assai benestante. Il suo nome di battesimo era Fernando. Scelse il nome di Antonio all’età di 25 anni, quando decise di entrare nell’Ordine francescano, in onore del grande santo eremita, padre del monachesimo. Tuttavia, è significativo ricordare che anche il nuovo nome, “Antonio”, conserva in qualche modo il medesimo significato etimologico del suo nome di battesimo. Infatti, Fernando significa “audace, coraggioso nella pace”, mentre Antonio “coraggioso, inestimabile che combatte per la pace”.
#2 Non cambiò solo il nome, ma anche il saio: prima era un monaco agostiniano.
All’età di quindici anni, Antonio entrò a far parte dei Canonici Regolari di Sant’Agostino, indossando le candide vesti lanose degli agostiniani. Rimase in quest’ordine circa dieci anni, venendo tra l’altro anche ordinato sacerdote, fino al provvidenziale incontro con un gruppetto di frati francescani di passaggio in Portogallo per una spedizione missionaria diretta in Marocco…
#3 Avrebbe potuto (e forse voluto) diventare un Martire per il Vangelo.
Colpito dal coraggio di quei frati francescani, che non avevano esitato a predicare il Vangelo e per questo ben presto erano stati messi a morte, anche Antonio maturò il proposito di seguire il loro esempio. La sua decisione di unirsi ai Frati Minori era infatti originata dalla volontà di predicare la buona novella ai Saraceni ed era disposto a morire per amore di Cristo. Tuttavia, una volta giunto in Marocco, la sua salute cagionevole, messa ancora più duramente alla prova da una grave febbre tropicale, lo costrinse ben presto a lasciare le coste africane.
#4 Era un grande e innato predicatore.
Antonio era un predicatore innato e di grandi capacità. Aveva una voce chiara e forte, un portamento solenne, una memoria prodigiosa, una profonda conoscenza della Scrittura, colmo di spirito di profezia. Predicando, Sant’Antonio non comunicava soltanto delle «cose», ma era capace di trasmettere il sapore di un rapporto vitale con il Signore, di un’amicizia seria con lui.
#5 Tre attributi per Sant’Antonio, un numero magico.
Nelle rappresentazioni del Santo di Padova vi sono tre attributi iconografici che non mancano mai: il Bambino Gesù, un libro e un giglio. Nell’iconografia cristiana il giglio allude alla purezza dell’anima e alla costante lotta contro il male e le tentazioni. La presenza di Gesù Bambino fra le braccia di Antonio è invece un riferimento alla celebre apparizione che, poco prima di morire, egli ebbe alle porte di Padova, mentre era assorto in preghiera. Il libro, oltre a rimandare – come vedremo – ad un episodio famoso della vita di Antonio, quello del salterio rubato, rappresenta anche un riferimento alla sua opera come predicatore instancabile del Vangelo.
#6 San Francesco d’Assisi lo definì addirittura «mio vescovo».
San Francesco e Antonio si incontrarono la prima volta il 30 maggio 1221, in occasione della grande assemblea del Capitolo delle Stuoie: ogni anno infatti Francesco radunava i suoi frati presso la Porziuncola, nei pressi di Assisi, per discutere la Regola di vita e ritrovare nuovo fervore. San Francesco, vincendo la sua diffidenza verso gli studi teologici, trovò in Antonio il teologo adatto a parlare della povertà degli uomini davanti a Dio. Grande era la sua stima di Francesco per quel monaco portoghese, tanto che in una lettera scrisse: “Al fratello Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Ho piacere che tu insegni sacra teologia ai nostri fratelli, purché mentre ti dedichi a questo studio non venga meno in te lo spirito della preghiera e dell’orazione, come è scritto nella Regola”. Quasi un’investitura per Antonio, cui Francesco riconosceva la missione di maestro di teologia che spettava per natura ai successori degli apostoli, i vescovi per l’appunto.
#7 È il Santo dei miracoli per eccellenza.
Già quando era ancora in vita Antonio veniva considerato il santo dei miracoli. La sua fama di compiere atti prodigiosi non è mai diminuita nel corso dei secoli, lo testimonia l’infinita devozione del popolo cristiano nei suoi confronti, ed è ancora oggi riconosciuto come il più grande taumaturgo di tutti i tempi. I miracoli di Sant’Antonio, prodigi di guarigione, conversione e perfino di resurrezione, compiuti in vita e dopo la morte sono così numerosi da far dire a papa Pio XI: «Il mondo è pieno dei miracoli che si ottengono per intercessione di Sant’Antonio». Un bel complimento.
#8 Una lingua incorrotta: degna di un grande predicatore,
Grande predicatore e annunziatore del Vangelo, come abbiamo visto, di Sant’Antonio si conserva una reliquia assai particolare: la lingua. La storia ci porta indietro nel tempo a quasi 800 anni fa, quando, l’8 aprile del 1263 si svolse la prima traslazione dei resti del Santo, da parte di San Bonaventura da Bagnoregio, a quei tempi Ministro generale dell’Ordine francescano. La scena che apparve ai suoi occhi fu incredibile: all’interno dell’urna il corpo di Sant’Antonio era totalmente consumato, mentre la lingua era rimasta intatta, “rubiconda et pulchra”, vermiglia e bella. Vinto dalla commozione, San Bonaventura la mostrò ai fedeli intonando il celebre inno di lode: «O lingua benedetta che sempre hai benedetto il Signore e da altri lo hai fatto benedire, ora è evidente quanti meriti hai acquisito davanti a Dio».
#9 Un “superpotere”: ritrovare le cose perdute.
Antonio è ovviamente il patrono del Portogallo, la sua terra natia, del Brasile, per secoli la più importante colonia portoghese, ma anche di Padova, la città dove visse, predicò e trascorse gli ultimi anni della sua vita. Molti sono i patronati riconosciuti ad Antonio. In particolare, infiniti sono stati nel corso dei secoli coloro che lo hanno invocato per ritrovare le cose perdute. Chi infatti non lo ha invocato almeno una volta? Il motivo di questo particolare patronato si nasconde in una vicenda che accadde quando il santo insegnava in un convento francescano. Accadde un giorno che uno dei novizi abbandonò all’improvviso il monastero, portando con sé anche il salterio che Antonio usava di solito per impartire i suoi insegnamenti. Allora il santo pregò che il libro tornasse da lui… no, niente prodigi eclatanti, ma in effetti, qualche tempo dopo, il fuggitivo non solo tornò al convento, ma restituì il libro ad Antonio, il suo legittimo proprietario. In questo modo, le preghiere di Antonio lo aiutarono sia a ritrovare l’oggetto smarrito, sia a riportare il professo sulla retta via.
#10 La sua canonizzazione è stata una delle più veloci della storia.
Quanto Antonio nacque al cielo, la fama della sua santità e i tanti miracoli e prodigi avvenuti affidandosi alla sua intercessione, indussero il vescovo di Padova e le autorità cittadine a rivolgersi a papa Gregorio IX, che peraltro ben conosceva Antonio. Anche il pontefice non esitò a ordinare di bruciare le complesse tappe del processo canonico e a proclamarlo ufficialmente santo meno di un anno dopo la sua morte, proclamazione avvenuta a Spoleto il 30 maggio 1232. Completato dopo soli 352 giorni, questo processo di canonizzazione è considerato come il più veloce della storia. Il 16 gennaio 1946 Pio XII proclamerà Antonio Dottore della Chiesa con il titolo di «Dottore Evangelico».