Alla scoperta dei Miracoli eucaristici: Bolsena (1263)
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luciano Casolini – 04 Luglio 2024
All’autore di questa rubrica è stato proposto di percorrere, durante il periodo estivo, il cammino bello e affascinante dei Miracoli Eucaristici che, da tredici secoli, è abbellito dalle manifestazioni sovrannaturali con le quali Dio conferma la presenza reale del Corpo e del Sangue di Cristo nelle Sacre Specie, per confermare la fede dei credenti.
Lungi da volersi addentrare in discorsi di carattere scientifico, di razionalismo oltre le righe, di aver la pretesa di gridare al sensazionale, si vuole illustrare ai pazienti lettori, la sequenza di fatti realmente accaduti nella nostra nazione difronte ai quali ci si deve inchinare e contemplare il Mistero e il Trascendente.
Ma, soprattutto, si vuol evidenziare e presentare la premura di accostarsi all’infinito Amore misericordioso di Dio che, nel suo divino disegno di salvezza per i Suoi figli, dopo l’Incarnazione, passione, morte e resurrezione della seconda Persona della Santissima Trinità, lasciò a tutti, ma proprio a tutti, il dono incorruttibile e inestimabile del Corpo e Sangue dello stesso Cristo.
E poiché, spesso, l’accostarsi al primo dei Sacramenti è stato accompagnato da dubbi, abitudinarietà, leggerezza, incomprensione, irrispettosità, l’amore infinito di Dio ha permesso che il profondo mistero della transustanziazione si aprisse ai nostri fragili sensi, con segni comprensibili e alla nostra portata.
Con devozione e umiltà, in questo e nei giovedì che seguiranno ci accingiamo a ripercorrere la storia della infinita e paziente misericordia di Dio che, pur di condurci alla Verità, ci prende in braccio e ci mostra i Suoi infiniti prodigi che solo Egli puó compiere per condurci dentro il Suo ineffabile Mistero.
1. Il Miracolo eucaristico di Bolsena (1263)
Siamo nell’anno del Signore 1263, in un periodo nel quale la Chiesa cattolica sta vivendo una rinascita spirituale con l’affermazione degli ordini mendicanti, la costruzione delle imponenti cattedrali dopo che, già da un paio di secoli, è stata impegnata nella lotta per le investiture con l’Impero. Ma oltre il conflitto con e per il potere temporale, deve contrastare al suo interno i movimenti eretici che minano alle basi la fede e la tradizione trasmessi dagli Apostoli.
Particolarmente pericolose appaiano le eresie degli Albigesi e dei Catari, le quali vogliono scardinare le fondamenta della fede cattolica, abolendo il potere temporale della gerarchia, profetizzando il ritorno integralista alla povertà evangelica, e soprattutto negando la prerogativa sacerdotale della Consacrazione dell’Eucaristia. Un secolo prima, anche Berengario da Tours aveva negato la transustanziazione, e quindi la presenza reale e vera del Cristo, ravvisando nel sacramento un puro simbolo (similitudo).
Tra queste difficoltà, nelle quali la barca di Pietro sembra in balia di tempeste che possono da un momento all’altro farla sprofondare negli abissi e travolgere tutto, accade, in un piccolo borgo dell’alto Lazio, un prodigio che a dire del miracoloso è poco.
Un sacerdote, del quale si conosce il nome, Pietro, e la città di provenienza, Praga, è di ritorno da Roma, pellegrino presso le tombe degli apostoli Pietro e Paolo, dove ha pregato per essere confermato nella fede del suo ministero, per placare i dubbi della sua vocazione sacerdotale ma, soprattutto, per sconfiggere quel tarlo che, giorno dopo giorno, lo stava consumando, sulla presenza reale di Cristo nel pane consacrato.
Non ci è dato di sapere se Pietro da Praga avesse avuto modo di conoscere quelle eresie di cui abbiamo scritto sopra, sta di fatto che il presbitero aveva avuto la forza di intraprendere quel pellegrinaggio lungo e pericoloso fino a Roma, dove, in San Pietro aveva pregato, fatto penitenza, meditato trovando giovamento nell’ animo e nello Spirito.
Così si rimise in cammino e, giunto a Bolsena, pernottando, ricadde nel dubbio e si convinse a celebrare la messa nella chiesa di Santa Cristina, la martire la cui fede non ebbe modo di vacillare fino all’estrema effusione del proprio sangue. Fu così che, mentre stava pronunciando le parole della divina Consacrazione, Pietro dubitò di ciò che stava facendo e nelle sue mani si concretizzò il prodigio: l’Ostia che teneva tra le mani diventò Carne e sanguinò copiosamente bagnando il corporale e le pietre dell’ altare.
Non ci è dato di sapere cosa passò per la mente di quel sacerdote, che la misericordia di Dio aveva illuminato in un modo così magnificente, sta di fatto che il Corporale fu portato a Orvieto, dove era presente Papa Urbano IV, il quale davanti a un simile prodigio, il giorno 11 agosto 1264, rese pubblica la bolla Transiturus de hoc mundo con la quale istituì la solennità del Corpus et Sanguis Domini da celebrarsi il giovedì dopo l’ottava di Pentecoste.
Bisognerà attendere il 13 novembre 1290, giorno nel quale papa Niccolò IV avrà modo di posare la prima pietra del duomo di santa Maria Assunta a Orvieto per dare degna dimora al Sacro Corporale intriso del Sangue del divino Redentore. Le lastre di marmo macchiate dal santo Sangue e l’altare del sacro miracolo sono conservati nella basilica di Santa Cristina a Bolsena. Segno indelebile e indefettibile dello sconfinato amore di Dio.