2 Novembre, la Commemorazione dei Defunti
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
2 Novembre, la Commemorazione dei Defunti
Ogni anno a novembre non manca il pensiero ai nostri cari defunti: fiori e lumini sulle tombe, soste più o meno frettolose accanto alle lapidi che testimoniano le virtù dei morti e l'affetto e la riconoscenza dei vivi. Ai nostri giorni, purtroppo, queste manifestazioni assumono sempre più spesso un aspetto esteriore e finiscono col divenire omaggi abitudinari e quasi scontati, che non invitano a penetrare nel profondo il mistero della morte e a ricordarci che la morte appartiene al mistero pasquale, ed è seguita dall’ineffabile gioia della Risurrezione.
Per questo la visita ai cimiteri (non soltanto il 2 novembre, per soddisfare la tradizione) è un momento sempre commovente e ispirato da profonda devozione, capace di suscitare, nell'animo di coloro che compiono questo pio gesto sentimenti di profonda elevazione: amore per i cari ci hanno preceduto, comunione con il loro spirito immortale, partecipazione al dolore di chi resta, bisogno di chiedere a Dio pace e riposo per le loro anime.
La Memoria Cristiana dei defunti
Il 2 novembre, è da secoli il giorno dei morti, la festività che la Chiesa cattolica dedica alla commemorazione dei defunti. La pietà popolare nei confronti dei morti risale agli albori dell’umanità. In epoca cristiana, fin dall’epoca delle catacombe, l’arte funeraria nutriva la speranza dei fedeli nella resurrezione. A Roma, con toccante semplicità, i cristiani erano soliti rappresentare sulla parete del loculo in cui era deposto un loro congiunto la figura di Lazzaro. L'usanza della Chiesa latina di commemorare i defunti ebbe però origine in Francia, al principio del secolo XI. Nel monastero di Cluny viveva un santo abate di nome Odilone, assai devoto alla liberazione delle anime del Purgatorio. Avvenne che un frate del suo monastero, tornando dalla Terra Santa, fece naufragio a causa di una tempesta sulle coste della Sicilia, dove s'imbatté in un pio eremita. Questi gli raccontò di aver veduto uscire da alcune caverne fiamme e fumo, e di aver sentito dei lamenti da parte delle anime del Purgatorio, e tra i lamenti alcune grida di demoni che dicevano che l'abate Odilone di Cluny, con le sue fervorose preghiere e con le sue dure penitenze, mandava al cielo molte anime. Il pio frate, una volta tornato in Francia, si affrettò a far sapere la cosa all'abate Odilone. Il santo abate, a tale notizia, s'infiammò ancora di più e raddoppiò il suo zelo nella penitenza e nella preghiera in suffragio alle anime del Purgatorio. Giunse anzi al punto di emanare un decreto a tutti i conventi posti alle sue dipendenze, col quale consacrava il 2 novembre alla memoria dei defunti. Correva l'anno 998. All’inizio del secolo XI tale decreto fu poi esteso da Papa Giovanni XVI, a tutta la cristianità.
La vita dopo la morte
Sono molti i popoli antichi e le civiltà del passato che ammettevano l'esistenza di una vita dopo la morte. Gli antichi Egizi, già tremila anni prima di Cristo, ritenevano che gli dei, dopo la morte, giudicavano le anime dei defunti, mandando quelle buone nell’eterna dimora del cielo, e abbandonando quelle cattive in balia dei demoni e dei mostri infernali. I Caldei credevano che le anime, separandosi dai corpi, passassero in altri corpi per purificarsi. Anche i Greci e i Romani credevano in una vita dopo la morte, e lo dimostrano il loro culto alle tombe e i loro poeti, che nelle loro opere spesso ci parlano di campi Elisi e del Tartaro, in cui andavano rispettivamente le anime dei buoni e dei malvagi dopo essersi separate dal corpo. Anche i Celti credevano nell'immortalità e nella trasmigrazione delle anime, e ciò contribuiva a rendere coraggiosi i loro guerrieri in battaglia. La celebrazione più importante del calendario celtico era infatti la "notte di Samhain", la notte in cui tutti i morti e tutte le anime facevano ritorno sulla terra, che si festeggiava tra il 31 ottobre e il 1° novembre. Le più alte e dotte intelligenze hanno creduto in una vita futura. Socrate, prima di morire discorreva dell'immortalità dell'anima. Platone, Aristotele e Cicerone come pure Sant'Agostino, San Tommaso d’Aquino e molti altri grandi santi e dottori della chiesa hanno trattato e scritto dello stesso argomento.
Esiste davvero una vita dopo la morte e la sepoltura in una tomba? Ce l'ha detto Gesù e ce lo ricorda molto semplicemente San Paolo Apostolo nella Prima Lettera ai Corinzi:
«Difatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che on morti in Cristo, sono dunque periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la resurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, alla sua venuta;» (1 Corinzi 15:16-23)
Tutte le sottigliezze della scienza e della logica non ci faranno dubitare neppure un istante di questa verità. La morte è per il cristiano il passaggio alla vera vita, l'ingresso nel regno di Dio.