La Comunità pastorale 2 Valnure al Convegno pastorale diocesano
di Redazione Sito ·
di Cinzia Bianchi Rancati – 02 Ottobre 2024
“E quindi, pellegrini di Speranza, uscimmo insieme a riveder le stelle”.
In questo personalissimo intreccio tra il titolo Dantesco e il sottotitolo Evangelico che hanno accompagnato il Convegno Pastorale Diocesano, c’è tutta la Gioia del saperci e sentirci popolo di Dio che abita la diocesanità per edificare Comunità consapevoli, coraggiose e creative.
La tre giorni del Convegno inizia giovedì 26 con la Messa solenne in Cattedrale che celebra la memoria di Santa Giustina e, bella ‘coincidenza’, anche l’anniversario di ordinazione del nostro Vescovo Adriano.
Venerdì 27 in mattinata, nello splendido Salone degli Arazzi del Collegio Alberoni, Luciano Manicardi della comunità monastica di Bose, consegna a sacerdoti e diaconi semi di approfondimento dal titolo ‘Missionari di Speranza nella Comunità’, mentre nel pomeriggio l’invito si estende ai laici impegnati con la meditazione ‘Leggere il presente con gli occhi del domani’ una frase pronunciata dal presidente Mattarella che invita a cambiare lo sguardo con cui si osserva e si interpreta la realtà, e che possiamo come Chiesa fare nostra. Di seguito qualche appunto, spunto di riflessione.
Manicardi ci consegna tre parole: Responsabilità, Speranza, Profezia.
Responsabilità verso chi ci sarà domani e che ci chiederà conto di che Chiesa abbiamo lasciato e che comportamento abbiamo avuto.
Speranza, in questi termini. Essere pronti a rendere ragione della Speranza stessa, che non è ottimismo sterile, ma creare Futuro promettendo e restando fedeli alla promessa.
Chiediamoci… Siamo ancora capaci di offrire una credibilità di Speranza? Siamo capaci di promettere, impegnando noi stessi, per rimanere fedeli alla parola data?
E poi la Profezia, che non vuol dire indovinare il futuro ma vivere nell’oggi la Promessa di Dio.
Pertanto, come le nostre Comunità cercano di tradurre il Vangelo oggi? Come vorremmo che fosse il futuro in concretezza?
La Speranza è quindi una costruzione, un impegno, una responsabilità, un lavoro e ha un nome… il Regno di Dio che è il centro dell’Annuncio di Gesù di Nazaret, dove il Futuro è Fraternità Universale, dove l’Altro è un mio simile, dove l’essere umano ha una sua sacralità. Ma ciò che ci aiuta a vivere, è l’Umanità di Gesù di Nazaret ed è proprio attraverso questa umanità, a volte sovversiva, che abbatte tabù o che supera confini, che possiamo trasmettere una promessa di Vita a chi ci vive accanto.
Allora che Futuro e che Forma dare alla Chiesa?
Vengono individuate quattro icone: la Scuola, l’Ospedale, la Strada e il Cortile ovvero una Chiesa che insegna e trasmette, che cura, che accompagna e che non esclude.
Sabato 28 è dedicato alle condivisioni nei gruppi e agli appunti del Vescovo (Narrarono ciò che era accaduto lungo la via, Lc 24,35) che, alla luce delle concluse Visite Pastorali, individua alcuni Indizi di Futuro.
Il primo: visitando le comunità di montagna ci si accorge che il senso di appartenenza è diventato ‘Plurale’. Spesso ci si sposta, soprattutto nei fine settimana, proprio per un desiderio di coltivare delle relazioni diverse. Le parrocchie più distanti sono quindi spesso esperienzialmente le più vicine.
La cura Pastorale capovolge quindi lo sguardo, non più alle Strutture ma alle Persone che le abitano. Questa mobilità accentuata sposta poi l’attenzione da una Pastorale Turistica verso una proposta di Pastorale Itinerante che proprio il nostro Vicariato ha suggerito al Vescovo Adriano in occasione dell’incontro di verifica a Bettola.
Il secondo: un altro indizio di Futuro è la Cura delle Relazioni, anche in modo creativo e originale e sempre coltivando la virtù della pazienza.
Il terzo indizio riguarda la trasmissione della fede alle nuove generazioni con la volontà di modellare le risposte a partire dalle domande, insistendo, insistendo, insistendo sull’umanità.
‘Lasciate ogni speranza voi che entrate’ conclude il Vescovo Adriano citando ora l’inizio del Cantico dell’inferno, perché il vero inferno è il luogo in cui si rinuncia a Sperare. E la Speranza è sì opera e lavoro di mani e di Cuore, ma è più di ogni altra cosa frutto della Promessa del Signore.
‘E quindi uscimmo a riveder le stelle’, ‘Pellegrini di Speranza’, vero titolo del Convegno Pastorale Diocesano, presagio del nuovo cammino di Luce e di Speranza. Perché come anche ci ricorda la saggezza popolare…
‘È meglio accendere una candela che maledire il buio’.