Tra sale ed animali, si ricorda Antonio il Grande, padre dei monaci
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luca T. – 22 Gennaio 2025
Venerdì 17 gennaio, giorno dedicato alla memoria di Sant’Antonio Abate, anche la Comunità parrocchiale di Pontenure ha festeggiato il popolare Santo protettore degli animali domestici. Sarebbe impresa vana ricostruire la devozione della gente di Pontenure nei confronti di questo Santo, che già nel Seicento aveva un altare a lui dedicato nella nostra chiesa.
E a proposito di “antichità” che qualcuno forse vedrebbe volentieri relegate nel baule dei ricordi ma che ci ricordano la bellezza della pietà popolare, si è rinnovato anche quest’anno l’antico rito della benedizione del sale e degli animali da compagnia (pochi in realtà, quasi tutti cani), una tradizione che affonda le sue radici nei secoli e ci riporta in un mondo e in un tempo, quelli della civiltà contadina, ormai completamente scomparsi dal nostro orizzonte, fagocitati dal progresso tumultuoso e dal benessere dilagante che tutto divorano e dimenticano, ma che hanno contribuito in modo determinante a costruire le fondamenta della nostra civiltà.
Eppure, il Vangelo proclamato dalla Chiesa in questo giorno (Matteo 6,24-34) è il medesimo Vangelo che quasi diciotto secoli fa spinse Antonio, giovane orfano di ricca famiglia, a lasciare tutti i suoi beni e le sue proprietà per rispondere alla chiamata che il Signore gli aveva rivolto attraverso la Sua Parola. Non fece come il giovane ricco protagonista del brano evangelico, che aveva molti beni e non vi poteva rinunciare, allontanandosi da Gesù con la morte nel cuore, ma – al contrario – il nostro Antonio accoglse senza indugio la chiamata alla conversione del cuore, si fece piccolo tra i piccoli e partì per il deserto, dove sarebbe divenuto padre (questo vuol dire abate) di molti monaci.
Lascia tutto ma tutto vince Antonio, soprattutto il premio di vivere solo e soltanto di Dio, al contrario di quell’altro giovane, del quale il Vangelo tace il nome e che così ci assomiglia, non perché non rinunciamo ai nostri beni, ma perché troppo spesso dimentichiamo di porre Dio al di sopra di ogni altra cosa della nostra vita, dimentichiamo che Egli è il motore, il motivo, lo scopo e il fine del nostro vivere e soprattutto del nostro morire per nascere alla vita eterna.
“Abbiamo le scritture e la libertà dataci dal Salvatore“, amava ripetere Antonio, detto il Grande come Alessandro e Pompeo, sebbene non abbia nessuna impresa guerresca da annoverare, ma riconosciuto come il fondatore del monachesimo sia dai monaci d’oriente che d’occidente. Egli non fa nulla di straordinario in effetti se non cercare, con tutto sé stesso, di vivere il Vangelo nell’assoluta libertà da qualsiasi compromesso con la mondanità e i suoi piaceri, il potere e le sue lusinghe, la comodità e i suoi agi, nella continenza rispetto alle passioni della carne. Un impegno faticoso, lungo tutta una vita, frutto di una travagliata lotta spirituale ingaggiata anche contro il demonio, l’antico avversario del genere umano.
Se in principio, nei primi tempi del suo ritiro dal mondo, Antonio si fa istruire da un anziano monaco nei pressi del suo villaggio, in seguito egli non esita a inoltrarsi con coraggio sempre più in profondità fra le rocce del deserto, dove la fama della sua virtù e santità si accresce di continuo, portando da lui frotte di nuovi discepoli.
La sapienza spirituale, l’innata bontà, la confidenza smisurata nell’aiuto divino, l’ispirato discernimento di Antonio varcano ben presto i confini dell’Egitto: anche i filosofi pagani desiderano incontrarsi per discutere con lui, l’imperatore gli si rivolge per avere consiglio, la gente della grande città di Alessandria lo chiama per confortare i cristiani perseguitati al tempo delle ultime persecuzioni e confutare gli errori diffusi dagli eretici.
Antonio, ormai anziano, pacificato con Dio e operatore di pace a favore del prossimo, si ritira in solitudine sul monte Colzim, dove tuttora vi è un monastero a lui dedicato. È qui che si spegne alla veneranda età di 106 anni, sazio di anni e di opere buone, cogliendo il premio di chi combatte la buona battaglia. Conceda anche a noi il Signore di rinunciare a noi stessi, come fece Antonio, e di vincere ogni tentazione per amarLo al di sopra di ogni altra cosa.