Domenica 31 Dicembre, il solenne canto del Te Deum per ringraziare il Signore dell’anno trascorso nel giorno della festa della Sacra Famiglia
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Domenica 31 Dicembre, il solenne canto del Te Deum per ringraziare il Signore dell'anno trascorso nel giorno della festa della Sacra Famiglia
Nella giornata di ieri, domenica 31 dicembre, ultimo giorno dell'anno, la Chiesa ha commemorato la festa della Sacra Famiglia, che si celebra tradizionalmente la domenica successiva al Natale. Dopo aver ammirato la Sacra Famiglia raccolta nella grotta di Betlemme durante la notte di Natale, la liturgia ci invita a contemplarla nell'abitazione di Nazareth e ad ammirarne l’armoniosa intesa e il perfetto amore. Dopo aver fatto ritorno al loro villaggio originario in Galilea, Maria e Giuseppe sono intenti a far crescere il fanciullo Gesù, che secondo il Vangelo giorno dopo giorno «cresceva in saggezza, età e grazia» (cfr. Luca 2,40), fino a quando fu pronto ad intraprendere la sua vita pubblica e la sua missione salvifica.
La celebrazione fu istituita per dare un esempio e un impulso all'istituzione della famiglia, cardine del vivere sociale e cristiano, prendendo a riferimento i tre personaggi che la componevano, figure eccezionali sì ma con tutte le caratteristiche di ogni essere umano e con le problematiche di ogni famiglia. Nella luce di quel modello noi possiamo meglio comprendere il valore dell’istituzione familiare e l’importanza della sua serena convivenza.
Tra le funzioni celebrate nella giornata di ieri, particolare solennità ha avuto la santa messa vespertina presieduta dal nostro parroco don Mauro, che è stata piacevolmente allietata dai sempre meravigliosi inni e canti propri del tempo di Natale eseguiti con la consueta bravura dai cantori del Coro "La Torre", accompagnati all'harmonium dalla loro direttrice maestra Paola Valla.
Nel corso della sua breve omelia il celebrante si è rivolto ai numerosi fedeli presenti e ha spiegato che per capire veramente la vicenda della Sacra Famiglia bisogna leggerla attraverso la prima lettura, che parla della promessa fatta dal Signore ad Abramo di garantirgli una discendenza numerosa come le stelle del cielo: «"Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle" e soggiunse: "Tale sarà la tua discendenza"» (Genesi 15,5). Abramo, un grosso proprietario terriero dell'antica città di Haran, l'odierna Harran, in Turchia, lascia la sua famiglia, la sua patria e i suoi beni obbedendo all'ordine ricevuto da Dio e si stabilisce nella terra di Canaan, l'odierna Palestina. Il patriarca, ormai in età avanzata, ha continuato il celebrante, era tormentato dal problema della discendenza, dato che non aveva avuto figli legittimi da sua moglie Sara, e aveva avuto un erede solo da Agar, una concubina. Questa preoccupazione rende manifesti ed evidenti i limiti umani, che condizionano anche Abramo: solo quando Abramo riesce ad abbondarsi totalmente e con piena fiducia alla potenza di Dio, il Signore compirà la sua promessa di premiarlo con la nascita di un figlio legittimo, Isacco. Anche la Vergine Maria, in occasione dell'apparizione dell'angelo che le porta il lieto annuncio che era stata scelta come madre del Salvatore, si comporta come si era comportato Abramo, e risponde all'angelo facendogli notare che non può partorire in quanto "non conosce uomo", ma consentendo alla potenza dello Spirito Santo e abbandonandosi completamente a Dio anche lei concepisce e partorisce il Figlio, proprio come le era stata predetto dall'angelo.
Il Vangelo che ci viene proposto dalla liturgia di quest'ultima domenica dell'anno, ha proseguito don Mauro, è un brano dell'evangelista Luca in cui viene narrato il celebre episodio della presentazione di Gesù al tempio per il tradizionale rito che prevedeva il riscatto del figlio primogenito tramite l'offerta di una coppia di tortore o giovani colombi, in ricordo di ciò che Dio aveva fatto per gli israeliti quando li aveva liberati dall'Egitto. Sono trascorsi ormai all'incirca due o tre anni dalla nascita di Gesù nella grotta di Betlemme, e i suoi genitori si recano assieme a lui presso il tempio di Gerusalemme per adempiere gli obblighi rituali previsti dalla Legge mosaica. Una volta giunti al tempio incontrano due anziani timorati di Dio, Samuele e Anna, che non si allontanavano mai dal tempio e servivano il Signore con digiuni e preghiere.
Queste due persone, grazie alla potenza dello Spirito che dimorava in loro, considerano come una cosa straordinaria ciò che noi siamo abituati a considerare ovvio e scontato e riescono così ad avere la visione di Dio nella normalità della vita di tutti i giorni, riconoscendo il Cristo nella fragilità e debolezza di quel bambino che veniva portato al tempio dai suoi genitori. "In quell'ovvio in cui abita lo straordinario" il vecchio Simeone, un uomo giusto e timorato di Dio, ha la grazia di poter riconoscere il Messia che avrebbe liberato e salvato il suo popolo, ha spiegato don Mauro, e intona perciò uno splendido cantico, il Nunc dimittis, adottato in seguito dalla Chiesa come inno che conclude la compieta, la preghiera che viene recitata prima di coricarsi per il riposo notturno. Simeone, che si è fidato della promessa di Dio, ha potuto vedere il compiersi delle profezie dei profeti e può dunque morire contento esclamando: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».
Anna, un'anziana vedova che viveva presso il tempio, alla vista del Messia diventa invece missionaria e proclama la sua gioia a tutti coloro che la circondano, raccontando con meraviglia quanto ha visto e di cui è stata testimone. "La fede non è un fatto privato tra noi e Dio, la fede è luce e perciò va raccontata e annunciata a tutti, non tenuta nascosta come un tesoro", ha spiegato ancora don Mauro. Dopo questo episodio, Gesù continua a crescere come un bambino normale in una famiglia come tante altre, nel nascondimento e nella preghiera, giocando, istruendosi e aiutando il padre Giuseppe nella sua attività di artigiano. Maria riceve questo bambino come un dono e come un dono lo offre sulla croce per la salvezza di tutti gli uomini, ha detto il celebrante, che ha concluso la sua omelia sottolineando che "il Signore abita nella normalità che diventa straordinaria, nella quotidianità della vita di una famiglia come tante".
Al termine dei riti di comunione, mentre il celebrante incensava l'altare e la statua di Gesù bambino, i cantori e l'assemblea hanno intonato il solenne e poetico inno del Te Deum (estesamente Te Deum laudamus, "Dio ti lodiamo"), l'inno cristiano di ringraziamento per eccellenza che viene cantato tradizionalmente la sera di San Silvestro, con cui la nostra comunità ha voluto rendere grazie al Signore per l’anno appena trascorso. Attribuito a San Cipiriano, è stato musicato da diversi autori, da Palestrina a Mozart fino a Verdi. La prima parte dell'inno è una lode trinitaria indirizzata al Padre, la seconda è una lode indirizzata a Cristo Redentore, mentre l'ultima parte è un insieme di citazioni di suppliche e versetti tratti dai salmi. Nel video che riportiamo di seguito potete apprezzare il canto del Te Deum eseguito dai cantori del Coro "La Torre".