I profeti dell’Avvento – Geremia
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
I profeti dell'Avvento - Geremia
Testo tratto dal sussidio diocesano per animatori dell'Avvento 2018
Geremia 33,14-16. - Ecco, verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d'Israele e alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.
«Geremia parla anche con la propria vita. La sua stessa esistenza è un messaggio (Geremia 16,1-5), in lui la Parola di Dio prende quasi vita e si identifica con gli eventi lieti o tristi che il profeta vive con il suo popolo» (G. Boggio, Geremia, Brescia 1997, p.8).
Geremia è un uomo mite e pacifico, che desidererebbe vivere in pace e in armonia con tutti. Eppure è contraddetto e avversato da tutti, fino alla decisione di farlo tacere per sempre, togliendolo di mezzo. Geremia è uomo tenero; eppure deve sentire parole dure, deve pronunciare parole dure, deve fare il duro: "Su! In piedi! Cingiti i fianchi! Come un prode! Dì loro tutto quello che ti ordinerò! Ti faccio oggi una città fortificata, una colonna di ferro, un muro di bronzo! Contro tutto il paese! Ti combatteranno! Ma non prevarranno!" (cf. 1, 17-19) Geremia è un uomo sensibile, a tratti debole. Eppure Dio sceglie proprio lui, che è più un poeta che un guerriero, per combattere le sue battaglie. Per essere sicuro che non combatterà per il gusto della battaglia ma per… amore del suo popolo. Infatti Geremia non combatte contro il popolo, ma per il popolo; se egli diviene duro e supera le sue paure, non è per sconfiggerlo ma per preservarlo dalla sconfitta vera: quella della storia, quella della fine.
Geremia è un uomo che sa apprezzare e godere della bellezza della vita e della natura: basta ascoltare le sue descrizioni delle danze festose dei giovani e della bellezza della compagnia e della natura. Eppure è "costretto" a rimanere solo, senza sposarsi, senza figli. "Non so parlare" (cf. 1, 6), obbietta alla chiamata di Dio, eppure egli possiede e utilizza la lingua come un grande profeta. Dunque, questa espressione "non so parlare" non manifesta tanto l’incapacità a parlare, quanto la paura davanti alla missione, davanti alle difficoltà e più ancora davanti alle persone, al loro giudizio. Queste parole che troviamo all'inizio del libro di Geremia hanno la forza di riassumere tutta l’attività del profeta, traspare qui una realtà molto più profonda: la chiara consapevolezza che solo Dio può pronunciare parole di Dio! Quale uomo oserebbe arrogarsi la capacità di annunciare le parole di Dio?
Geremia non ci racconta nessuna visione da lui avuta: egli sa scoprire Dio e sente la Sua parola negli eventi comuni della propria esistenza. Non sono necessarie rappresentazioni particolari perché il profeta possa scoprire il senso dell’avvenimento che sta vivendo, interpretarlo alla luce di Dio e trasformarlo in messaggio per i suoi contemporanei. Questa saggezza della fede, insieme a una acuta intelligenza, gli permette di cogliere i segni dei tempi e di vivere da protagonista la sua storia e la storia del suo popolo. Ed è proprio questa sua "lucidità" nel comprendere i segni dei tempi che gli causerà una grande sofferenza. Il suo dramma interiore, a tratti tinto di paura, è quello di cogliere l’andare in rovina di tutto ciò che ha di più caro, mentre gli altri rimangono ciechi. Il compito che Dio gli affida gli fa tremare i polsi proprio perché sa che esiste la possibilità di evitare il disastro, ma di sentirsi concretamente incapace di fare qualcosa per evitarlo. Egli deve sperimentare «la paradossale inutilità della sua testimonianza» (G. Ravasi, Il Profeta Geremia, Bologna 1992, p. 55). Ed è proprio quest’ uomo impaurito e sconfitto che diventa motivo e sorgente di speranza: perseguitato, angosciato, scoraggiato e sfiduciato, non compie mai l’ultimo passo che lo avrebbe fatto precipitare nell'abisso.
È straordinario che sia proprio un uomo come Geremia ad aprire il cammino d’Avvento, il cammino della speranza. Proprio quest’uomo trova nella sua fede, sebbene attraverso un cammino tortuoso e faticoso, il coraggio e la ragione per sperare e non lasciarsi intrappolare nella rete insidiosa della depressione rinunciataria o del risentimento violento. Il percorso di speranza tracciato da Geremia fiorisce e si conserva non in una serra, ma nel campo aperto delle lotte e delle sofferenze quotidiane. È precisamente la "profonda tenerezza" di Dio a sostenere la nostra.