Il Vangelo della IV Domenica di Quaresima – Spezzò il pane: cena che scalda e trasforma il cuore
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Il Vangelo della IV Domenica di Quaresima -
Spezzò il pane: cena che scalda e trasforma il cuore*
* Testo tratto dal sito della Diocesi di Piacenza-Bobbio
Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: "Costui accoglie i peccatori e mangia con loro". Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"». (Luca 5,1-3.11-32)
All'inizio del Capito 15, Luca racconta che i pubblicani (peccatori perduti) venivano ad ascoltare Gesù. Sentivano che Gesù li guardava con uno sguardo diverso dai sacerdoti e dai fedeli più zelanti, uno sguardo che andava al di là del peccato, per vedere l’uomo, senza giudizi né pregiudizi. La sua disponibilità verso i peccatori scandalizzava gli scribi e i farisei, e proprio a loro Gesù presenta, attraverso tre parabole, il vero volto del Padre. La parabola che la liturgia propone nella IV domenica di Quaresima dell’Anno C, è una di queste.
Racconta la storia del padre di due figli, incompreso da entrambi, pur così diversi tra loro. Il più giovane chiede la parte di eredità che gli spetta, come se il padre fosse già morto, e se ne va di casa. Sperpera tutto il denaro e solo quando ha fame incomincia a pensare ad un ritorno, non perché pentito, ma solo perché i servi di suo padre sono trattati meglio di lui.
Il padre però non ha mai perso la speranza di veder tornare il figlio, sembra sia sempre stato a scrutare l’orizzonte in attesa di lui. Lo riconosce ancora lontano, gli corre incontro, non lo lascia parlare, lo abbraccia, chiama i suoi servi e gli ridà la dignità di figlio, rappresentata dal vestito bello, l’anello al dito e i sandali ai piedi. Fa anche una grande festa per lui, così che l’altro figlio, sentendo la musica, si scandalizza e non vuole rientrare in casa, recriminando con il padre per il suo comportamento di accoglienza e perdono.
La parabola è molto semplice, di facile lettura, ma non meno sorprendente. Nel confronto tra i due figli, nessuno è esente da errori e comportamenti sbagliati. Ma non è tanto sui figli che Gesù pone l’attenzione, quanto sul comportamento del padre. La sua accoglienza è esagerata, ma molto ben motivata: «mio figlio era morto, ora è vivo; era perduto, ora è ritrovato». È questo lo sguardo di Dio sull’uomo, e sul peccatore: non il giudizio, ma l’attesa del ritorno per offrire il perdono, e fare festa. Paradossalmente, tra i due figli, è alla fine quello spendaccione e fannullone a risultare più gradito a Dio, con il suo gesto umile di tornare chiedendo perdono. L’atteggiamento del figlio maggiore, così umano, non desta però la nostra simpatia e non può essere approvato dal padre, che vuole che tutti partecipino lieti alla sua festa.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. (Luca 24,30-31).
Vi sono molte somiglianze tra la festa che il padre dà in occasione del ritorno del figlio e la cena con cui si conclude l’episodio di Emmaus. Non solo l’accostamento, sempre possibile, tra colui che «era morto, ed è tornato in vita» (Gesù, come il figlio minore), ma perché anche la cena di Emmaus sa di banchetto, di festa, di gioia sorprendente e inattesa. Come il figlio maggiore, chiamato a riconoscere che quel suo fratello è tornato in vita, e non ci riesce, così i due di Emmaus stentano a riconoscere Gesù come il risorto, il vivente. Non sappiamo se il fratello maggiore andrà alla festa, ma sappiamo invece che i due, allo spezzare del pane, riconoscono Gesù.
Ci consola sapere che in cielo si fa festa per ogni peccatore tornato a casa, così come ci consola sapere che c’è e ci sarà sempre un luogo dove possiamo essere rinnovati e accolti, quella mensa inaugurata da Gesù, così meravigliosamente rivissuta in quella sera alla tavola di Emmaus e ancora oggi celebrata dalla chiesa in tutto il mondo.
Il vangelo di Emmaus ci invita a non sottrarci a quel banchetto, preparato per noi. Banchetto di festa e di riconciliazione, capace di scaldare il cuore e di trasformare la vita. Come è stato per quel giovane figlio, abbracciato da una misericordia più grande.
Per la riflessione:
- Mi è capitato di allontanarmi dal “Padre” pensando di poter fare da solo, di non aver bisogno di Lui?
- Come mi sento quando torno sui miei passi, mi sento amato e accolto dalla Misericordia di Dio?
- Mi capita di sentirmi profondamente amato in qualsiasi situazione mi trovi (gioia, dolore, malattia)?
- La Parabola mi presenta un padre che è “Amore esagerato, incondizionato” percepisco Dio come questo Padre?
- Vivo la Messa come una festa che il Padre ha preparato anche per me donandomi Gesù Eucaristia?