Nasce fra le campagne e i monti del Vivarais, nel dipartimento dell’Ardèche, da Claudio Michele Couderc e Anna Méry, che al battesimo la chiamano Maria Vittoria. Contadini di poche risorse, riescono a procurarle un’istruzione solo tra i 17 e i 20 anni, dalle Suore di San Giuseppe a Les Vans. Tutta la sua vita si svolgerà tra paesi e cittadine (Aps, Les Vans, Sablières,La Louvesc) nella diocesi di Viviers. Nel 1825 Maria Vittoria ha modo di ascoltare il missionario padre Terme, venuto al suo paese per un ciclo di predicazione. È un prete noto anche come fondatore (1821) delle suore insegnanti, dette “di San Francesco Régis” (dal nome del grande evangelizzatore gesuita del Seicento, morto mentre predicava in queste terre e sepolto a La Louvesc). Questo incontro l’aiuta a trovare una strada.
Padre Terme l’accoglie tra le sue religiose, e nel 1827 lei prende i voti col nome di suor Teresa. L’anno dopo sale con due suore ai mille metri di La Louvesc, per dirigere un ostello che d’estate accoglie donne e ragazze in pellegrinaggio alla tomba di san Francesco Régis. Lì, nel 1829, eccola già riformatrice: l’ostello diventa casa di preghiera. E vi resta anche d’inverno, col gruppetto di consorelle, facendo scuola ai bambini, aiutando i sacerdoti quando ci sono, e sostituendoli nella guida e nella preghiera. «A volte la neve è talmente alta da non poter neppure entrare in chiesa, [...] non c’è che da scavare un tunnel nel ghiaccio e poi introdurvi un bambino che vada a rendersi conto se la lampada del SS. Sacramento è ancora accesa» (Giovanna Cotta).
La diversificazione dei compiti porta a una distinzione tra le suore: le insegnanti restano “Suore di San Francesco Régis”; quelle impegnate nei ritiri spirituali prendono il nome di “Dame del ritiro al Cenacolo”. Nel 1834, morto padre Terme, Teresa si pone sotto la guida di padre Renault, provinciale dei Gesuiti, che nel 1836 separa le suore insegnanti da quelle del ritiro. È lei che guida queste ultime, ma per poco. Nel 1838 viene destituita, e al posto suo si nomina una donna che è entrata da poco nell’istituto, col titolo di contessa (sarà poi allontanata prima che danneggi l’istituto). Teresa risponde a tutto questo invitando le consorelle a obbedire alla nuova venuta. “Licenziata” la contessa, Teresa resta nell’angolo: per molte è ormai “l’anziana”. La chiameranno poi a fronteggiare una crisi nella comunità di Parigi. Sarà superiora locale qua e là, ma esclusa dai vertici; e sempre sicurissima di lavorare per l’Istituto del Cenacolo proprio così, di offesa in offesa. Ripete che bisogna abbandonarsi a Dio (se livrer). Obbedisce, tace, vede crescere la comunità, che prende il nome di “Nostra Signora del Cenacolo”, diffusa nel mondo come «formula religiosa semplice e felice: una sintesi di vita contemplativa e di vita attiva; di vita personale, comunitaria e sociale, di silenzio e di parola» (Paolo VI).
Madre Teresa, dopo aver fatto alla Chiesa questo dono, passa da una piccola comunità all’altra. Ammalata, non chiede di guarire, ma di saper affrontare il male. Mentre l’Istituto si apre alla Francia e al mondo, lei è superiora periferica a Fourvières, e l’annuncio della sua morte è dato dalle consorelle col canto del Magnificat. Paolo VI la proclamerà santa nel 1970. Il suo corpo è custodito in un’urna nel cenacolo di La Louvesc-Ardèche (Francia).