«Scambiatevi il dono della pace», il “gradito ritorno” di un gesto antico
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
«Scambiatevi il dono della pace», il "gradito ritorno" di un gesto antico
Non è ancora il momento di tornare ad "abbracciarsi" e neppure di stringersi le mani, neanche durante le celebrazioni eucaristiche. Però nei giorni scorsi i vescovi italiani si sono confrontati sullo scambio della pace durante la messa e hanno deciso di ripristinarlo, a partire da domenica 14 febbraio. I gesti possibili saranno lo sguardo o l’inchino del capo, quando il celebrante pronuncerà l'invito: «Scambiatevi il dono della pace», la formula che con la nuova edizione del Messale romano ha sostituito la precedente. La Conferenza episcopale italiana, con una nota, ha ribadito la temporaneità del provvedimento, legata all’emergenza sanitaria, e ha ricordato come non appare opportuno «nel contesto liturgico sostituire la stretta di mano o l’abbraccio con il toccarsi con i gomiti», gesto divenuto usuale in questi ultimi tempi, mentre il prendere un contatto visivo con il proprio fratello «può essere un modo sobrio ed efficace per recuperare un gesto rituale». In fondo, questa possibilità è già prevista dalla Chiesa perché nel Messale c’è scritto che si deve fare il gesto di pace «secondo il costume locale». La stretta di mano, in uso in Italia, non è l’unico segno: in molti Paesi, di diverse culture, ce ne sono altri, differenti. In quasi tutta l’Asia, ad esempio, c’è l’usanza di fare un inchino, inclinando in avanti la testa, e poi guardarsi negli occhi. Una ritualità comune anche ad alcune nazioni dell’est Europa.
«Quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere sia per noi stessi… sia per gli altri… Finite le preghiere, ci salutiamo l’un l’altro con un bacio». Queste parole di San Giustino di Nablus, scritte attorno al 155 d.C., presentano per la prima volta il segno di pace durante la santa messa. Un primo aspetto che richiama l’attenzione, nel leggere quest’antichissima testimonianza risalente ai primordi della Chiesa, è il momento in cui avviene lo scambio della pace: non durante la preghiera eucaristica, dopo il Padre Nostro e prima della Comunione, come avviene oggi, ma a conclusione della liturgia della Parola e prima della presentazione dei doni. Anche il modo con cui si realizza questo gesto non è meno significativo: esso avveniva infatti attraverso un bacio, che ci riporta alla memoria diversi brani del Nuovo Testamento, in cui si parla del salutarsi a vicenda con il bacio santo, il bacio d’amore. In effetti, per vari secoli il modo di scambiare la pace è stato l’oscolo, il bacio. Esso veniva scambiato tra fedeli dello stesso sesso, esclusi, i catecumeni, ossia coloro che ancora dovevano ricevere il battesimo, come testimoniato dalla Tradizione Apostolica.
Non è chiaro neppure per gli studiosi in che momento il bacio fu sostituito dall’abbraccio, ma sembra certo che in tutte le liturgie, occidentali e orientali, si nota lungo i secoli un processo di semplificazione del gesto. Per quanto riguarda la liturgia latina, il bacio sulla bocca si alterna verso la fine del Medioevo con il bacio sulla spalla. Nell’ultimo decennio del secolo XV, si introduce anche il bacio sulla guancia. Un ultimo anello di questo processo di stilizzazione del gesto di pace si incontra nel secolo XIV, nel quale alcuni messali menzionano la prescrizione di dare la pace mediante uno strumento apposito, l’«osculatorio». Questo strumento di trasmissione della pace era a volte una patena, altre un evangeliario, ma più di frequente una «tabula pacis». Questa pratica venne resa ufficiale dal Messale di San Pio V, emanato nel 1570.
Non molti anni or sono papa Benedetto XVI ha ricordato come «non tolga nulla all’alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino» (Sacramentum Caritatis, n. 49), perché non occorre mai dimenticare che la pace cristiana non è una semplice pace umana già conquistata, o che può essere facilmente raggiunta mediante l’amicizia o la solidarietà, ma ha la sua fonte in Cristo risorto. Il termine pace va infatti inteso come compendio di ogni bene, dono messianico per eccellenza e frutto prezioso dello Spirito Santo.
Infine consentitici due piccole provocazioni. Piuttosto che ripetere un gesto meccanico con aria sbadata, faremmo forse meglio a cercare di riconciliarci spiritualmente con le persone con le quali abbiamo litigato o discusso, perdonando come ci viene perdonato dal Padre e cercando, per quanto possibile, di accantonare il rancore o il risentimento che magari nutriamo nei loro confronti. Quante volte ci accade(va) poi di scambiare la pace con una persona seduta magari al nostro stesso banco oppure una sedia più in là e magari incontrando in seguito per le vie del paese questa persona neppure la riconoscevamo! Se un gesto non è accompagnato da una partecipazione sincera e sentita allora è quasi inutile, anche se liturgicamente è ineccepibile. Cerchiamo di ricordarlo quando torneremo a scambiarci questo gesto antico, fondamento di ogni fraternità!