Il nostro San Giuseppe, un piccolo viaggio nell’arte
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
Il nostro San Giuseppe, un piccolo viaggio nell'arte
Nel corso dei secoli la Chiesa ha elevato agli onori degli altari molti santi, ma il Santo che si festeggia domani non ha certo bisogno di molte presentazioni. Di stirpe regale ma decaduta, San Giuseppe, il più grande di tutti i Santi venerati dalla Chiesa dopo la Beata Vergine, era discendente della casa di Davide. La sua vita rimase però nascosta e quasi sconosciuta agli occhi degli uomini: anche se gli evangelisti fecero soltanto pochi cenni su di lui, della sua santità abbiamo le più belle testimonianze proprio nella Sacra Scrittura. La Provvidenza aveva destinato infatti Giuseppe, servo fedele e uomo giusto, ad essere sposo di Maria, custode della Sacra Famiglia e soprattutto padre putativo del Salvatore, che adorò per primo insieme alla Madre quando il figlio di Dio venne ad abitare fra gli uomini. Per il piccolo Gesù egli divenne padre esemplare, fedele ai disegni divini, prendendosene cura, proteggendolo dalla crudeltà di Erode, educandolo e aiutandolo a crescere come ogni padre amorevole. Ed è per questo che il 19 marzo si celebra la sua festa anche come protettore dei padri di famiglia oltre che patrono della Chiesa universale.
Fino al primo Medioevo, le rappresentazioni di Giuseppe nell'arte figurativa sono piuttosto rare e non lo vedono mai da solo, ma sempre accanto a Maria in scene come la Natività e la Fuga in Egitto. Nella Natività di Gesù e nelle scene a essa correlate (Adorazione dei pastori o dei Magi), Giuseppe solitamente dorme, a simboleggiare la sua partecipazione inattiva alla generazione del figlio. Compare inoltre nella Presentazione di Gesù al Tempio e nella Circoncisione, magari mentre porta l'offerta delle tortore bianche. Tra le scene che includono Giuseppe, c'è quella dello sposalizio di Maria, in cui l'anziano viene scelto tra altri pretendenti per il fiorire della sua verga. In queste rappresentazioni era importante rappresentare Giuseppe anziano, sottintendendo che non avrebbe potuto consumare il matrimonio con Maria e preservando quindi il dogma della Verginità.
Tra il XVII e il XVIII secolo la devozione a San Giuseppe inizia a diffondersi come non mai, promossa soprattutto da Teresa d'Avila e dalla Compagnia di Gesù, così che il santo troverà maggiore presenza su altari, cappelle e chiese a lui dedicate e di conseguenza anche nell'arte figurativa. Diventano così frequenti le rappresentazioni indipendenti di Giuseppe col Bambino in braccio, al posto della Vergine Maria, e le scene della morte del santo, nel suo letto domestico, consolato dal figlio ormai giovane adulto e dalla moglie. Il Santo viene spesso presentato come uomo anziano, barbuto, con vestiti di foggia antica e un mantello di solito giallo o arancione. Accanto alla verga fiorita possono apparire, come attributi, il bastone del viandante, gli strumenti del falegname e il giglio, simbolo di purezza. In epoca moderna e contemporanea, accanto al proseguire delle iconografie tradizionali, si assiste con maggiore frequenza alla rappresentazione di Giuseppe come falegname e lavoratore: in queste scene si può cogliere l'eco delle tensioni sociali di Otto e Novecento, a cui la Chiesa rispondeva con l'immagine conciliante del santo "lavoratore divino" che insegna al piccolo Gesù il mestiere come padre esemplare.
Anche la nostra chiesa parrocchiale, che fino al secondo dopoguerra aveva una cappella e un altare interamente dedicati al Santo, conserva una bella statua di San Giuseppe, risalente all'Ottocento, in cartone romano. Questa scultura, opera di autore ignoto, venne probabilmente acquistata intorno al 1850 dall'allora arciprete don Giuseppe Groppi che per primo eresse un altare dedicato a San Giuseppe (che si trovava allora accanto alla cappella della Madonna del Rosario), che venne poi tolto dal nuovo arciprete Gioacchino Cella, che provvide all'erezione della cappella dedicata al Santo (attuale cantoria laterale di sinistra). San Giuseppe indossa una veste azzurra e un mantello giallo, sorreggendo con entrambe le mani un Gesù Bambino addormentato, dalle gote arrossate, rivestito con una tunica bianca. Con l’incavo del braccio sinistro San Giuseppe trattiene un bastone da viandante.
Se si osserva con un po' di attenzione la scultura, da qualche settimana esposta a destra dell'altare, si potrà facilmente notare che con la mano sinistra San Giuseppe sembra porgere al piccolo Gesù una mela. Questo piccolo particolare fa tornare alla memoria un celebre dipinto seicentesco di Guido Reni, San Giuseppe con il Bambino, al quale l'anonimo scultore che realizzò la nostra statua potrebbe essersi ispirato. In quest'opera del celebre artista bolognese a San Giuseppe, figura in genere non centrale, è affidata una devozione che non gli appartiene: sostituisce la Madonna tenendo sulle ginocchia il piccolo Gesù, che ha in mano lo stesso frutto, una mela. Ma perché proprio una mela? Il frutto, che allude al peccato portato nel mondo dai primi uomini, ricorda che Gesù è fatto di carne e che quindi ha bisogno di essere nutrito e protetto, ma soprattutto è simbolo di salvezza e di redenzione perché fra poco Cristo, nuovo Adamo, lo prenderà in mano e accetterà di farsi carico, portandone il peso, dei nostri peccati, per la salvezza dell'umanità.