Dante, il Sommo Poeta della misericordia di Dio
di Redazione Sito ·
Dante, il Sommo Poeta della misericordia di Dio
L’abbiamo tutti studiato sui banchi di scuola e accostato sempre inevitabilmente a quella Beatrice... che noi studenti credevamo essere la sua bella. Quest’anno ricorre il settimo centenario della sua morte e ci piace farne memoria. Dubitiamo che esista italiano che non conosca Dante e l'opera che l'ha reso immortale, la Commedia, uno dei pilastri fondamentali del canone letterario occidentale (insieme alla Bibbia, ai poemi omerici, all'Eneide di Virgilio, al teatro di Shakespeare, al Don Chisciotte di Cerevantes, al Faust di Goethe e a non molti altri testi). Anzi, quasi certamente ognuno di noi è rimasto sfolgorato da un suo verso, e porta dentro di sé una delle sue incredibili invenzioni prodotte da una visione originale e ispirata, da quella speciale capacità di immaginare mondi, di vedere e far vedere ai lettori nuove creature, di riportare in vita personaggi storici, di farci gustare il Paradiso con il semplice strumento della parola, talento proprio dei grandi.
Dante Alighieri nasce a Firenze, a fine maggio del 1265, sotto il segno dei Gemelli. Il padre Alighiero II, amministratore di un modesto patrimonio, pare arrotondasse le modeste rendite come usuraio. I suoi figli, Dante e Francesco, restano prematuramente ospiti di madre, ma nonostante tutto il Nostro da giovane conduce una vita da gentiluomo ed è in grado di procurarsi gli strumenti per una raffinata educazione intellettuale e cavalleresca. Abbastanza presto, a soli venti anni, si unisce in matrimonio con Gemma di Manetto Donati ed ha tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia (poi diventata monaca). La prima volta che incontra Beatrice, Dante ha solamente nove anni, ma ne rimane talmente colpito e ammirato da farne la sua donna ideale, ispiratrice di tante liriche.
Tra i venti e i trent’anni Dante si accosta a diverse esperienze artistiche e letterarie, filosofiche e dottrinali nonché politiche. Nelle file dei Bianchi, partecipa per un decennio alla vita politica attiva, che fu per lui una passione più che la reale capacità di destreggiarsi fra intrighi e malgoverno e là diventa cosciente della crisi degli ordini comunali, della segreta debolezza delle istituzioni, delle loro inefficienze e del conseguente malgoverno. A soli ventiquattro anni Dante prende parte alla Lega guelfa contro i ghibellini toscani, combattendo nella battaglia di Campaldino, come feditore a cavallo e quattro anni dopo è uno dei cavalieri prescelti dal Comune per onorare la venuta a Firenze di Carlo Martello d’Angiò. A causa di una missione di ambasceria presso il papa Bonifacio VIII, non portata a termine nel tempo previsto, Dante al suo ritorno venne tacciato di baratteria (ossia truffa, inganno) e pesantemente multato. Né si presentò a Firenze per giustificarsi, né pagò la multa comminatagli, e come conseguenza venne condannato a morte in contumacia.
Iniziarono così le sue peregrinazioni, in esilio, che si protrarranno fino alla morte, presso varie corti del nord Italia, presso gli Scaligeri a Verona, poi a Treviso e in Lunigiana. Nel 1319 Dante viene invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, signore della città; due anni più tardi questi lo invia a Venezia come ambasciatore. Rientrando da Venezia Dante viene colpito da un attacco di malaria: morì a 56 anni nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321 a Ravenna, dove ancora oggi si trova la sua tomba.
"Nel mezzo del cammino di nostra vita…", Dante si trovò solo a pensare, meditare… e si dedicò alla scrittura. Il suo capolavoro La commedia, soltanto più tardi definita divina, sulla scorta di un passo della vita di Dante del Boccaccio, descrive il viaggio intrapreso dal poeta attraverso i tre regni dell’Aldilà. «L’opera di Dante», ha scritto di recente papa Francesco nella Lettera apostolica Candor lucis aeternae tutta dedicata al Sommo Poeta, «è parte integrante della nostra cultura, ci rimanda alle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, rappresenta il patrimonio di ideali e di valori che anche oggi la Chiesa e la società civile propongono come base della convivenza umana, in cui possiamo e dobbiamo riconoscerci tutti fratelli». E ancora il Papa, nei paragrafi successivi, passa in rassegna la missione dell'Alighieri come «profeta di speranza», «cantore del desiderio umano», «poeta della misericordia di Dio», che sempre perdona e accoglie i peccatori e i giusti, come dimostra anche il collocamento dell’imperatore pagano Traiano nel Paradiso.
Dante fu infatti uomo di comprovata religiosità e di fede profonda e sincera. «Nell’opera di Dante - spiega il Pontefice - troviamo un bel trattato di mariologia: con accenti lirici altissimi, particolarmente nella preghiera pronunciata da San Bernardo, egli sintetizza tutta la riflessione teologica su Maria e sulla sua partecipazione al mistero di Dio». Il Papa non dimentica di sottolineare l’importanza della presenza femminile. Non ci si può salvare da soli e Dante, nel suo percorso, è accompagnato da Virgilio che lo incita a proseguire affidandosi a «Maria, la Madre di Dio, figura della carità; Beatrice, simbolo di speranza; Santa Lucia, immagine della fede».
Fra le tante considerazioni che si potrebbero desumere dalla sua produzione letteraria e che comunque valgono anche per i giorni nostri e per ogni tempo ne vogliamo scegliere due in particolare: la sua considerazione della donna e lo sdegno per le brutture e il malandare sociale che anche a quei tempi imperava: dunque grande considerazione per la Donna, con la D maiuscola, che per Dante era il simbolo più eccelso della grazia e della gentilezza, creatura forte e soave, insieme umile e dignitosa, capace con i suoi comportamenti di suscitare un sentimento alto, aristocratico, senza riferimenti propriamente carnali. Sul malcostume poi, di quei giorni e non solo, si potrebbero scrivere volumi di riflessioni e trovare innumerevoli analogie con i nostri tempi… Chissà mai dove ci metterebbe Dante, se dovesse capitargli di collocarci nella sua Divina Commedia!
Redazione sito parrocchiale