Una nuova luce e un nuovo canto per una vita rinnovata
di Redazione Sito ·
Una nuova luce e un nuovo canto per una vita rinnovata
Brillava davanti ai nostri occhi una luce nuova, quella del Cero pasquale, l’antica colonna di fuoco dell’Esodo che oggi rappresenta la vittoria non sul Faraone ma sull’avversario antico, il nemico dell’uomo, il demonio. È risuonato cristallino nei nostri cuori un inno di gioia e di gloria, un cantico di esultanza. Lo hanno proclamato il suono delle campane e le voci dei cantori, lo hanno accompagnato le armonie dell’organo, lo hanno diffuso nell’aria le trombe, ed esso si è sparso veloce per le vie e le strade del nostro paese, ricordando a tutti il motivo della nostra comune esultanza, le ragioni della nostra insopprimibile letizia: "Questo è il giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso esultiamo. Alleluia!"
Attraverso i suoi riti, i suoi sacramenti e la sua liturgia, la Santa Chiesa madre provvida e maestra amorevole non smette mai di ricordare all’uomo d’oggi, che sembra quasi aver dimenticato perché vive e ancor più perché muore, che siamo simili ad uccelli rinchiusi in una gabbia posta davanti a una finestra spalancata, proprio il mattino di Pasqua come era l’entrata del sepolcro in cui deposero il corpo del Signore a motivo della Parasceve. E come tali siamo bisognosi di grandi spazi, bisognosi di spiccare il volo, di librarci liberi nel cielo. La Chiesa non teme di ripeterci che l’uomo è fatto per Dio tanto quanto l’uccello è fatto per il volo.
Separati dal nostro Creatore, da Colui che ci ha tratti dalla polvere e dal fango all’inizio dei tempi, perdiamo la nostra origine, la nostra natura, il nostro centro, la nostra dimensione, il nostro fine ultimo. Siamo come viandanti perduti nelle vastità del deserto, marinai in mezzo alla tempesta, nelle tenebre grevi della notte che sembrano inghiottire ogni cosa, ma anche nell’angoscia e nella disperazione abbiamo sempre una stella ad indicarci la direzione da intraprendere, per giungere alla meta del cammino, all’incontro promesso. Quella stella ha un volto e uno nome, non è una stella fra tante ma è la stella del mattino che si leva nei nostri cuori, come ci ricorda il Preconio: Cristo.
Una pietra è stata rotolata via, come in ogni Pasqua un sepolcro è stato spalancato. La notte è finita: e con essa l’angoscia è scomparsa, le tenebre sono state illuminate, sono fuggiti i dubbi, il pianto è cessato; rinasce la speranza, si riafferma la certezza, esplode la gioia, trionfa la pace. Splende di nuovo il sole, la natura rinasce e risorge a vita nuova, la Creazione si desta e si unisce al canto festoso dei cuori, e tutto freme di gaudio alle parole degli Angeli alle donne: “Non è qui, non cercatelo, è veramente risorto, Alleluja”!
E una volta che la pietra è rotolata, quella pietra che noi stessi abbiamo fabbricato coi nostri peccati, il nostro egoismo, la nostra superbia, quel sepolcro non dovrà essere mai più richiuso e anche la nostra vita sorgerà purificata e rinnovata dalla nostra Pasqua in Cristo, che fa nuove tutte le cose. Mai più dovremmo rinchiudere nelle tenebre del sepolcro la verità e il bene, la pace e la fratellanza, solamente quel giorno saremo in grado di far risorgere Gesù di una risurrezione definitiva, che non ammette il dominio del peccato e della morte. Allora le nostre notti saranno davvero chiare come il giorno e si illumineranno di una luce che non si spegne. Allora sarà davvero la Pasqua eterna.
Luca T.