San Pio da Pietrelcina: l’apostolato della croce
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
San Pio da Pietrelcina: l'apostolato della croce
«Per me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Galati 6, 14)
San Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina, nella diocesi di Benevento, il 25 maggio 1887. Entrato come chierico nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini il 6 gennaio 1903, fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1910, nella cattedrale di Benevento. Quattro giorni dopo Padre Pio celebrò la sua prima Messa solenne nella chiesa parrocchiale di Pietrelcina. Nell’immaginetta ricordo scrisse a Gesù: «per Te sacerdote santo vittima perfetta».
Il 28 luglio 1916 salì per la prima volta al convento di San Giovanni Rotondo, sul Gargano, a titolo provvisorio, dove, salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino alla morte, avvenuta il 23 settembre 1968. Tra il 5 e il 7 agosto 1918 visse il fenomeno mistico della trasverberazione: un «personaggio celeste» gli scagliò «con tutta violenza, nell’anima», «una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata» e infuocata.
La mattina del venerdì 20 settembre successivo, mentre stava pregando davanti al Crocifisso nel coro dell’antica chiesetta conventuale, gli apparve «un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto», ma con «le mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue». Al termine della visione anche le sue mani, i suoi piedi e il suo «costato erano traforati e grondavano sangue», stimmate, che rimasero aperte e sanguinanti per mezzo secolo.
Durante la vita, attese allo svolgimento del suo ministero sacerdotale, soprattutto attraverso la celebrazione dell'Eucarestia, la preghiera incessante e il confessionale, in cui fu strumento della misericordia divina, fondò i «Gruppi di preghiera» e un moderno ospedale, a cui pose il nome di «Casa sollievo della sofferenza».
Alle cinque del mattino del 22 settembre 1968 Padre Pio celebrò la sua ultima messa, durante la quale stava per svenire a causa di un collasso. Portato in sagrestia ripetè con affanno: «Figli miei, figli miei!». Alle 18 Padre Pio impartì la benedizione alla folla radunata in chiesa. Fu questa la sua ultima apparizione in pubblico. Alle 2,30 del mattino del 23 settembre Padre Pio moriva pronunciando ripetutamente i nomi di Gesù e Maria. Durante il controllo ispettivo sul corpo del frate cappuccino, appena spirato, si scoprì che le stimmate erano scomparse senza lasciare traccia. Non servivano più. La sua missione di sacerdote e vittima era finita. Fu beatificato il 2 maggio 1999 e canonizzato il 16 giugno 2002 da Giovanni Paolo II. La Chiesa celebra la sua memoria il 23 settembre, giorno natale della sua nascita al Cielo.
Dalle Lettere del Beato Pio da Pietrelcina (Lett. 500; 510; Epist. I, 1065; 1093-1095, Ediz. 1992).
In forza di questa obbedienza mi induco a manifestarvi ciò che avvenne in me dal giorno cinque a sera, a tutto il sei del corrente mese di agosto 1918.
Io non valgo a dirvi ciò che avvenne in questo periodo di superlativo martirio. Me ne stavo confessando i nostri ragazzi la sera del cinque, quando tutto di un tratto fui riempito di un estremo terrore alla vista di un personaggio celeste che mi si presenta dinanzi all’occhio della intelligenza.Teneva in mano una specie di arnese, simile ad una lunghissima lamina di ferro con una punta bene affilata, e sembrava che da essa punta uscisse fuoco. Vedere tutto questo ed osservare detto personaggio scagliare con tutta violenza il suddetto arnese nell’anima, fu tutto una cosa sola. A stento emisi un lamento, mi sentivo morire. Dissi al ragazzo che si fosse ritirato, perché mi sentivo male e non sentivo più la forza di continuare.
Questo martirio durò, senza interruzione, fino al mattino del giorno sette. Cosa io soffrii in questo periodo sì luttuoso io non so dirlo. Persino le viscere vedevo che venivano strappate e stiracchiate dietro di quell’arnese, ed il tutto era messo a ferro e fuoco. Da quel giorno in qua io sono stato ferito a morte. Sento nel più intimo dell’anima una ferita che è sempre aperta, che mi fa spasimare assiduamente.Cosa dirvi a riguardo di ciò che mi domandate del come sia avvenuta la mia crocifissione? Mio Dio, che confusione e che umiliazione io provo nel dover manifestare ciò che tu hai operato in questa tua meschina creatura!
Era la mattina del 20 dello scorso mese di settembre, in coro, dopo la celebrazione della santa messa, allorché venni sorpreso dal riposo, simile ad un dolce sonno. Tutti i sensi interni ed esterni, non che le stesse facoltà dell’anima si trovarono in una quiete indescrivibile. In tutto questo vi fu totale silenzio intorno a me e dentro di me; vi subentrò subito una gran pace ed abbandono alla completa privazione dei tutto e una posa nella stessa rovina. Tutto questo avvenne in un baleno.
E mentre tutto questo si andava operando mi vidi dinanzi un misterioso personaggio, simile a quello visto la sera del 5 agosto, che differenziava in questo solamente che aveva le mani ed i piedi ed il costato che grondavano sangue. La sua vista mi atterrisce; ciò che sentivo in quell’istante in me non saprei dirvelo. Mi sentivo morire e sarei morto se il Signore non fosse intervenuto a sostenere il cuore, il quale me lo sentivo sbalzare dal petto.
La vista del personaggio si ritira ed io mi avvidi che mani, piedi e costato erano traforati e grondavano sangue. Immaginate lo strazio che esperimentai allora e che vado esperimentando continuamente quasi tutti i giorni. La ferita del cuore getta assiduamente del sangue, specie dal Giovedì a sera sino al Sabato. Padre mio, io muoio di dolore per lo strazio e per la confusione susseguente che io provo nell’intimo dell’anima. Temo di morire dissanguato, se il Signore non ascolta i gemiti del mio povero cuore e col ritirare da me questa operazione. Mi farà questa grazia Gesù che è tanto buono?
Toglierà almeno da me questa confusione che io esperimento per questi segni esterni? Innalzerò forte la mia voce a lui e non desisterò dallo scongiurarlo, affinché per sua misericordia ritiri da me non lo strazio, non il dolore, perché lo veggo impossibile ed io sento di volermi inebriare di dolore, ma questi segni esterni, che mi sono di una confusione e di una umiliazione indescrivibile ed insostenibile.
Il personaggio di cui intendevo parlare nell’altra mia precedente non è altro che quello stesso di cui vi parlai in un’altra mia, visto il 5 agosto. Egli segue la sua operazione senza posa, con superlativo strazio dell’anima. Io sento nell’interno un continuo rumoreggiare, simile ad una cascata, che gitta sempre sangue. Mio Dio! È giusto il castigo e retto il tuo giudizio, ma usami al fine misericordia. Domine, ti dirò sempre col tuo profeta: Domine, ne in furore tuo arguas me, neque in ira tua corripias me! (Ps 6, 2; 37, 1). Padre mio, ora che tutto il mio interno vi è noto, non isdegnate di fare giungere sino a me la parola del conforto, in mezzo a sì fiera e dura amarezza.
a cura di Redazione Sito parrocchiale