Santi di casa nostra – San Corrado Confalonieri
di Redazione Sito ·
di Livia – 19 Febbraio 2024
Era un giovane aristocratico, di famiglia assai ricca e guelfa, i Confalonieri (pare che il cognome derivi da un antico privilegio lombardo di portare il gonfalone della chiesa nelle processioni).
La tradizione fa risalire la sua nascita intorno al 1290 a Torre Confalonieri, a Celleri, comune di Carpaneto. Di corporatura piuttosto alta rispetto alla media, il ragazzo trascorre nella spensieratezza i primi 20 anni della sua vita, per niente interessato alle faccende politiche, preferendo maneggiare le armi e dedicarsi alla caccia, il passatempo preferito dei giovani nobili del tempo. Certamente è un credente in Dio, ma non praticante.
Un giorno, ormai quarantenne, Corrado si trova a cacciare ma la battuta non frutta niente, la selvaggina è nascosta tra i cespugli della boscaglia e il nervosismo cresce. Non si sa se per un’infelice idea sua o di qualcun altro, giusto per stanare la selvaggina, ma viene appiccato il fuoco al bosco e anche per colpa di un forte vento esso si propaga con furia tutto intorno. È intenzione ferma di non svelare la vera responsabilità dell’incendio, ma il sospetto che sia doloso è di dominio popolare.
Del disastro viene incolpato un povero contadino del vicinato che trascinato davanti al governatore è costretto a confessare una colpa non sua. Il “povero homo” viene condotto al patibolo. Corrado vede la scena, ne è molto turbato, affronta di brutto le guardie e blocca il corteo. Alla fine le guardie si arrendono: Corrado confessa le sue responsabilità. Gian Galeazzo Visconti, signore di Piacenza del momento, poiché si tratta di un nobile, decide di risparmiargli le punizioni corporali ma di confiscargli «tutti li soi beni, di fora e di intra a Piacenza».
Da questo momento la vita di Corrado cambia registro: seguono anni di riflessioni e di ripensamenti che sfociano in un’unica decisione: dopo aver risarcito tutti i danni dell’incendio «li venni in cori di andare a serviri a Deu».
L’anno 1315 segna l’abbandono del secolo da parte di Corrado che inizialmente si unisce a una comunità francescana in un luogo non ben definito, forse Borgotaro, dove viene accolto volentieri e dove inizia la sua vita comunitaria. Però il
suo vivo desiderio è quello di far parte della schiera degli eremiti itineranti, gente inquieta in cerca della propria strada, usanza frequente del tempo vista come mezzo di santificazione.
Corrado punta così verso Roma per pregare sulle tombe degli Apostoli. La città è una desolazione, ridotta a un cumulo di rovine dove pascolano le pecore; il papa non c’è, si trova in esilio forzato in Francia, ad Avignone.
Il nostro lascia Roma e si dirige verso Sud, approdando in Sicilia, dove il sovrano Federico II d’Aragona tratta con favore gli eremiti itineranti. Nel suo girovagare nella regione tocca diverse città, non sempre ben accolto, a volte addirittura cacciato malamente. Giunge così a Noto, stanco del gran peregrinare, trovando ospitalità per qualche tempo all’Hospitale di San Martino, un ospizio per pellegrini. Su indicazione di un amico trova casa poi alle “Celle” un quartiere rupestre isolato e silenzioso, poco più sotto della chiesa del Crocifisso. Vi rimane un paio d’anni: molta gente va a fargli visita per le più disparate motivazioni, gli vuole bene, lo invita nelle sue povere case ma la cosa gli crea «affannu e grande pena».
Così ancora una volta Corrado riprende il cammino e stavolta trova il luogo che cercava: la Grotta dei Pizzoni, una cava naturale scavata nella roccia, sotto la quale scorre un torrentello. Tutto intorno c’è un terreno brullo e selvaggio che Corrado coltiverà a frutteto con ottimi risultati. Qui realizza il suo ardente desiderio di solitudine contemplativa in unione con Dio, senza dimenticare il prossimo. Le sue preghiere e le suppliche al Signore suscitano innumerevoli prodigi e miracoli, il primo è la guarigione di un bambino sofferente di un enorme ernia, poi il prodigio del pane caldo che egli offre in ogni momento a tutti gli affamati che si recano da lui.
È il momento della carestia e della peste nera del 1348! Corrado possiede anche il dono di leggere nei cuori delle persone e comprendere le loro male intenzioni. Accogliente, benigno con tutti, generoso, rigoroso nelle sue penitenze, giunge all’età di 60 anni smarrito, sofferente, sdentato con una lunga barba bianca.
Avverte che la sua vita sta per concludersi, per questo chiede una visita del suo confessore che prontamente lo raggiunge. Dopo la sua ultima confessione, inginocchiato con lo sguardo rivolto
al cielo, muore: è il 19 febbraio 1351.
Ben 134 anni dopo la sua morte avviene la prima ricognizione canonica: il cadavere di Corrado viene ritrovato intatto perfettamente mummificato. Sarà beatificato da papa Leone X il 28 agosto 1515. Nel secondo dopoguerra Piacenza dedicherà a San Corrado una delle chiese parrocchiali erette nei nuovi quartieri cittadini, quella di San Corrado, edificata nel 1973. Il santo è patrono di Calendasco dal 1617.