Un viaggio nell’arte con San Pietro
Nella sua Storia Ecclesiastica, redatta all’inizio del IV secolo, lo storico cristiano Eusebio di Cesarea citava la testimonianza del presbitero Gaio il quale, nel II secolo, dichiarava a un suo interlocutore: «Io posso mostrarti i trofei degli Apostoli: se vorrai recarti al Vaticano o sulle via Ostiense, troverai i trofei dei fondatori di questa Chiesa». In queste righe si ha la più antica testimonianza della sepoltura a Roma dei due Apostoli che la tradizione ha intimamente unito tra loro, come attesta anche la stessa celebrazione liturgica che li accomuna nella data del 29 giugno.
San Pietro è l’apostolo più conosciuto e il personaggio più citato del Nuovo Testamento, ovviamente dopo Gesù Cristo: il suo nome originario Simone (dall’ebraico Simeone) ricorre infatti 27 volte; il nome attribuitogli da Gesù, Pétros, è presente 154 volte, mentre per 9 volte si evoca l’originale aramaico di questo stesso nome, Kefa, ossia “pietra”. Il mistero affidatogli da Cristo in favore della Chiesa ne fa una figura di primo piano e di forte valenza teologica. Ci viene presentato sotto angolazioni diverse, che cercano di interpretate il personaggio rimanendo fedeli alla storia. Qui ci accontentiamo di tracciare brevemente le tappe del suo itinerario biografico così come emerge da uno sguardo sintetico dei documenti a nostra disposizione. Seguiamo soprattutto il Vangelo di Marco, che secondo la tradizione è stato testimone diretto della predicazione di Pietro.
La chiamata di Simone il pescatore da parte di Cristo
Il suo nome iniziale è Simone; originario di Bestada, villaggio di pescatori sul lago di Genezareth, in Galilea, si è poi trasferito a Cafarnao. Tra i suoi famigliari c’è anche la suocera, guarita grazie a un intervento miracoloso di Gesù agli inizi del suo ministero. Insieme al fratello Andrea, è tra i primi discepoli di Gesù, e la sua vita fu trasformata dall’incontro con quel predicatore itinerante. La sua chiamata definitiva a seguire il Maestro avviene sulle rive del lago di Galilea: mentre Simone è intento nel suo lavoro di pescatore, il Signore gli rivolge la sua autorevole parola e lo invita a seguirlo: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Egli accoglie la proposta, abbandona le reti e gli lo segue, subito imitato da un’altra coppia di fratelli, Giacomo e Giovanni, anch’essi pescatori. A quelle parole di Gesù «essi, lasciate le reti, subito lo seguirono».
A Gesù, che rende invisibile la sua potenza messianica attraverso segni prodigiosi, Simone riconosce il titolo di «Signore» e, nello stesso tempo, dichiara la propria debolezza di uomo peccatore. Rassicurato dal Maestro, viene associato alla sua missione: stare con Lui e predicare il Regno di Dio. I Vangeli presentano la figura di Pietro mettendone in risalto la generosità, l’entusiasmo, la franchezza, ma anche le paure, le fragilità, le fatiche nell’accettare il piano di Dio.
La sequela nel numero dei Dodici
Fin dagli inizi Simone di Giovanni, soprannominato Pietro, occupa la posizione preminente nella comunità dei discepoli: il suo nome figura sempre al primo posto nella lista dei Dodici apostoli. Fa parte del gruppo ristretto che partecipa più da vicino ad alcuni episodi della missione di Gesù: insieme a Giacomo e Giovanni assiste alla risurrezione della figlia di Giairo, è testimone straordinario della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor e lo segue nel dramma della preghiera nel giardino del Getsemani.
Più volte Pietro si fa rappresentante e portavoce dei Dodici, come nel momento delicato della crisi successiva al discorso di Cafarnao tenuto da Gesù sul pane di vita: «Rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»», e in modo particolare nell’episodio noto come la «confessione di Cesarea di Filippo». Si tratta di un momento centrale della vita di Gesù e della comunità apostolica. Alla netta domanda di Gesù circa i pareri della gente nei suoi riguardi, «Ma voi chi dite che io sia?», Pietro dichiara solennemente la sua identità messianica: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Da quel momento ha inizio una fase nuova: Gesù comincia a rivelare ai discepoli il suo destino: il Figlio dell’uomo, umiliato e sofferente, sarà condannato a morte, ma risusciterà dopo tre giorni.
Pietro, di fronte a questo annuncio fallimentare, reagisce fortemente, perché lo ritiene incompatibile con le proprie attese e contrario all’immagine gloriosa e potente del Messia diffusa nel suo ambiente. Altrettanto dura è la reazione di Gesù che apostrofa Pietro come «satana», avversario, in quanto nutre progetti e concezioni che contraddicono la «logica» di Dio. Il Vangelo di Matteo narra l’episodio nel quale Pietro chiede a Gesù di poter camminare sulle acque, dopo che si è scatenata la tempesta sul lago; però, preso dalla paura, rischia di affondare e viene afferrato da Gesù che lo salva.
La crisi durante la Passione
Il ruolo primario di Pietro emerge soprattutto nel contesto della passione di Gesù. Nell’Ultima Cena, presentendo ormai la propria fine, Gesù accenna alla crisi che presto si abbatterà sui discepoli e ribadisce al discepolo la sua missione di confermare i fratelli, ma già si intuisce dalle parole di Cristo l’imminente svolta che rivelerà la debolezza dell’Apostolo. Pietro in un primo tempo rifiuta di farsi lavare i piedi dal Maestro. Poi dichiara solennemente davanti a tutti la sua volontà di rimanere con Gesù fino alla fine, costi quello che costi. Di fronte a questo slancio, tra la sorpresa generale, il Signore gli preannuncia il suo triplice tradimento. Pietro esperimenta la propria debolezza già nell’Orto degli Ulivi, dove, appesantito dal sonno e dall’angoscia, si dimostra incapace di vegliare con Gesù. Al sopraggiungere delle truppe, inviate dai capi del popolo per arrestare Gesù, nell’estremo tentativo di difendere il Maestro con la spada, colpisce il servo del sommo sacerdote. Tutti scappano. Pietro, che segue Gesù «da lontano», entrando nel cortile del palazzo del sommo sacerdote-. Di fronte alle domande insistenti e incalzanti di una serva e di altre persone, per tre volte nega di conoscerlo: «Cominciò a imprecare e a giurare: «Io non conosco quell’uomo»». Poi, ripensando alle parole di Gesù e incrociando il suo sguardo, riconosce di aver tradito e piange amaramente il suo peccato.
La riabilitazione e il primato
Dopo la risurrezione di Gesù, l’angelo apparso alle donne presso la tomba vuota le invia a Pietro. Anche Maria di Magdala corre a dargli l’annuncio. Pietro, insieme a Giovanni, si precipita al sepolcro e constata l’accaduto. Grazie alla preghiera del Signore egli supera la crisi e viene ristabilito nel suo compito di guida della nascente comunità cristiana, incarico già annunciato in occasione della confessione di Cesarea « io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Con le immagini della roccia e delle chiavi viene descritta la missione di Pietro e la sua autorità nella Chiesa: con la parola e l’esempio dovrà presiedere, confortare e confermare i fratelli nella fede, diventando per loro un segno di unità. Spetterà a lui il compito di ammonire, esortare, correggere e guidare la comunità che il Signore gli ha affidato.
La fede di Pietro diventa il fondamento della Chiesa. Quello stesso Pietro che Gesù definisce «uomo di poca fede» e «occasione di scandalo», è costituito dal Signore come «roccia», principio che garantisce l’esistenza, la stabilità e l’unità della Chiesa. La debolezza di Pietro testimonia che Dio è fedele nonostante l’infedeltà degli uomini: è Lui il cardine che rende salda la Chiesa.
La dignità del servizio affidato a Pietro emerge anche in occasione della pesca miracolosa, dopo la Pasqua. Appena riconosce Gesù in riva di quel lago ove il discepolo aveva incontrato Gesù per la prima volta, Pietro si butta in acqua per raggiungerlo. Il Signore, verificata la sua volontà di amarlo fino in fondo, gli conferisce in modo solenne l’incarico di «pascere gli agnelli» del suo gregge, del gregge della Chiesa, indicando che tale ufficio dovrà essere esercitato non come potere, ma come servizio di amore. In quell’occasione Cristo fa balenare a Pietro anche il suo destino ultimo terreno, quello del martirio, «la morte con la quale egli avrebbe glorificato Dio». È ciò che si consumerà a Roma, come attesta la tradizione cristiana antica, in quella “Babilonia” dalla quale aveva scritto la sua prima Lettera.
La missione e l’annuncio del Vangelo
Il libro degli Atti degli Apostoli ci offre importanti notizie sul ruolo di Pietro nella Chiesa primitiva. Egli appare come il vero responsabile delle comunità cristiane che si vanno formando a Gerusalemme e in Palestina. È lui a proporre di integrare il posto lasciato vuoto da Giuda con la scelta di Mattia. Dopo l’evento di Pentecoste, prende la parola davanti al popolo e rende la sua bella testimonianza a Gesù, esortando tutti alla conversione.
Pietro ebbe il dono di operare miracoli, alla porta del tempio guarì un povero storpio, suscitando entusiasmo tra il popolo e preoccupazione nel Sinedrio. Anania e Zaffira caddero ai suoi piedi stecchiti, per aver mentito e Simon Mago che voleva con i suoi soldi comprare da lui il potere di fare miracoli, subì parole durissime e cadendo rovinosamente, in un tentativo di operarli da solo. Risuscitò Tabita a Giaffa per la gioia di quella comunità fuori Gerusalemme.
Pietro è protagonista anche dell’espansione e diffusione della Chiesa in territorio pagano. Conferma l’opera evangelizzatrice di Filippo tra i Samaritani e, scegliendo di battezzare Cornelioe la sua famiglia, ammette a pieno titolo i pagani nella comunità cristiana, stabilendo così che cristiani potevano essere anche i pagani e chi non era circonciso, come fino allora prescriveva la legge ebraica di Mosè. Nascono alcune difficoltà con i cristiani convertiti dall’ebraismo. Nel concilio riunito a Gerusalemme per dibattere la questione, Pietro riafferma la destinazione universale della salvezza di Cristo e la totale apertura ai pagani che non sono obbligati alle pratiche della legge mosaica. A causa del rifiuto opposto dall’autorità giudaica, più volte viene trascinato davanti al Sinedrio. Interrogato, deriso, percosso e imprigionato, sopporta tutto con gioia. Viene miracolosamente liberato e continua ad annunciare coraggiosamente il Vangelo di Gesù.
A questo punto la figura di Pietro scompare dall’orizzonte del libro degli Atti: la scena viene totalmente occupata dalla conversione e dalla missione di Paolo, il quale riconoscerà sempre a Pietro il ruolo di «colonna della Chiesa». Nel Nuovo Testamento ci sono due lettere che vengono espressamente attribuite a Pietro e poste sotto la sua autorità. In esse l’Apostolo è descritto come figura autorevole, martire e testimone, pastore supremo, garante della tradizione autentica e della fede ortodossa.
Il martirio sotto l’impero di Nerone
Lascia Gerusalemme, dove la vita era diventata molto rischiosa a causa della persecuzione di Erode Antipa, intraprese vari viaggi, poi nell’anno 42 dell’era cristiana dopo essere stato ad Antiochia, giunge in Italia proseguendo fino a Roma, centro dell’immenso Impero Romano, ne è stato primo vescovo e primo papa per 25 anni, anche se interrotti da qualche viaggio apostolico. Benché i testi biblici non dicano nulla sulla morte di Pietro, è certo il suo arrivo a Roma, dove, secondo una tradizione ben attestata, ha subito il martirio tra il 64 e il 67 d.C., durante la persecuzione ordinata dall’imperatore Nerone. Diversi racconti apocrifi e autori antichi offrono elementi interessanti inerenti il martirio di Pietro e parlano delle lotte da lui sostenute sia in Palestina che a Roma.
Una leggenda molto conosciuta narra dell’incontro tra Gesù e Pietro, mentre questi si appresta a lasciare Roma per sfuggire alla persecuzione neroniana. Alla domanda di Pietro: Quo vadis? (Dove vai?), il Signore avrebbe risposto di essere diretto a Roma per morirvi di nuovo. Compresa la lezione, Pietro sarebbe tornato sui propri passi; rientrato nell’Urbe e imprigionato, in carcere avrebbe battezzato i propri carcerieri. Condannato alla morte di croce, avrebbe chiesto di essere crocifisso con il capo all’ingiù, ritenendosi indegno di morire allo stesso modo di Gesù. Negli stessi anni sulla via Ostiense, a pochi chilometri da Roma, fu martirizzato anche San Paolo. Fin dai primi secoli il popolo cristiano li ha venerati insieme fissando la loro festa il 29 giugno.
Il culto a Roma e la memoria liturgica
Come ricordavamo in apertura, già il presbitero Gaio, nel II secolo, indica il colle Vaticano come il luogo che ospita le reliquie del Principe degli Apostoli. Accurate esplorazioni archeologiche, condotte negli anni Quaranta del XX secolo per iniziativa di papa Pio XII, hanno pienamente confermato la tradizione plurisecolare che individuava la presenza del sepolcro di Pietro proprio sotto l’altare della Confessione, nella Basilica Vaticana fatta costruire all’inizio del IV secolo dall’imperatore Costantino intorno alla tomba per accogliere i pellegrini sempre più numerosi. Già allora venivano da tutta Europa per pregare e venerare le reliquie dell’Apostolo. Nel tardo medioevo, tornati a Roma dopo l’esilio avignonese, i Pontefici trasferirono la loro sede dalla Basilica Lateranense a quella Vaticana che fu interamente ricostruita nel XVI secolo.
Sono numerose le basiliche, le chiese e le cappelle edificate in onore di San Pietro o a lui dedicate in tutto il mondo. Tra le più importanti ricordiamo San Pietro in ciel d’oro, a Pavia, la Cappella Palatina a Palermo, San Pietro a Cluny, le splendide cattedrali di Nantes e di Poitiers, di Monaco e di Lovanio, di Maastricht e di Westminster. La frequenza con la quale molte chiese si sono poste sotto il patronato di San Pietro indica la volontà da parte di molte comunità cristiane di legare le proprie origini al Principe degli Apostoli. Nella devozione popolare Pietro è considerato il patrono dei navigatori e dei costruttori di ponti. Oltre alle reliquie corporali, i fedeli hanno rivolto la loro devozione anche alla «cattedra» di San Pietro, custodita nella stessa Basilica Vaticana e risalente in alcune sue parti al V e VI secolo.
Il 29 di giugno la Chiesa commemora la solennità liturgica degli Apostoli: non c’è certezza se i due apostoli Pietro e Paolo siano morti contemporaneamente o in anni diversi, è certo comunque che il 29 giugno 258, sotto l’imperatore Valeriano (253-260) le salme dei due Apostoli furono trasportate nelle Catacombe di San Sebastiano, per metterle al riparo da profanatori. La Chiesa Latina celebra la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma il 29 giugno, perché anche se essi furono i primi a portare la fede nella capitale dell’impero, sono realmente i ‘fondatori’ della Roma cristiana.
La festa liturgica dei Santi Pietro e Paolo venne inserita nel santoriale, ben prima della festa del Natale e dopo la Beata Vergine. Sono insieme a San Giovanni Battista, i santi ricordati più di una volta e con maggiore solennità; infatti il 25 gennaio si ricorda la Conversione di San Paolo, il 22 febbraio la Cattedra di San Pietro, il 18 novembre la Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, oltre la solennità del 29 giugno. Per quanto riguarda la festa liturgica in onore di San Pietro, è difficile stabilire se sia più antica quella del 29 giugno o quella del 22 febbraio, entrambe già recensite dalla Deposito mertyrum, un antico documento del secolo IV
La festa, o più esattamente la solennità, dei Santi Pietro e Paolo al 29 giugno, è una delle più antiche e più solenni dell’anno liturgico. Essa vi era già nel secolo IV l’usanza di celebrare in questo giorno tre Sante Messe: la prima nella basilica di San Pietro in Vaticano, la seconda a San Paolo fuori le mura e la terza nelle catacombe di San Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste per qualche tempo, per sottrarle alle profanazioni barbariche.
L’iconografia: San Pietro nell’arte
Lungo i secoli Pietro è stato raffigurato più di qualunque altro apostolo. Gli episodi essenziali della sua vita hanno generato una serie di elementi iconografici che consentono di riconoscerlo facilmente: le chiavi che egli regge testimoniano il potere spirituale conferitogli dal Maestro; la barca si riferisce al suo primo mestiere di pescatore ma è anche il simbolo della Chiesa che egli ha avuto l’incarico di guidare; il gallo rievoca il suo triplice rinnegamento di Cristo durante la passione e l’amaro pentimento seguitone; le catene ricordano il carcere da lui sofferto, soprattutto a Gerusalemme, quando fu liberato da un angelo; infine, la croce è il simbolo del suo umile e coraggioso martirio.
Per distinguerlo da San Paolo, con il quale viene spesso rappresentato, già verso la metà del VI scolo nasce uno stereotipo del volto di San Pietro: testa tonda, tratti da popolano con labbra e guance pronunciate, capelli ricciuti e grigi, barba corta. A partire dal Medioevo, san Pietro è raffigurato spesso come papa, vestito con abiti liturgici, pontificali, con il pastorale e la mitra o la tiara, simbolo del suo potere spirituale. Frequente è la sua presenza anche nelle scene del Giudizio universale, come custode celeste che accoglie il corteo dei beati alla destra di Gesù.
In una sintesi felice san Pietro Crisologo, vescovo e celebre omileta del V secolo, definisce così il Principe degli Apostoli: «È il custode della fede, la roccia della Chiesa, il portinaio del Regno dei cieli. È il pescatore che, chiamato all’apostolato, attira a sé con l’amo della sanità le turbe sommerse dai flutti degli errori, e nella rete del suo insegnamento raccoglie e serba alla fede una moltitudine immensa di uomini».